VALGRIND – Furia mediterranea

Pubblicato il 11/09/2020 da

I Valgrind rientrano ormai a pieno titolo tra le realtà più solide e costanti dello scenario death metal italiano. Puntualissimi sia sul versante delle pubblicazioni che su quello della crescita tecnico-compositiva, i Nostri hanno dato nuovamente prova del loro piglio sferragliante con “Condemnation”, uscito lo scorso luglio per l’attenta Memento Mori e promotore di un sound tanto tradizionale quanto restio alle formule preconfezionate di certo revival old school, fra omaggi alla Florida di Nocturnus e Monstrosity, lampi melodici di chiara ascendenza heavy metal e dissertazioni non poi così distanti da certo metallo nero ellenico. Un ritorno notevole sotto ogni punto di vista, che insieme alle precedenti fatiche “Blackest Horizon”, “Seal of Phobos” e “Speech of the Flame” speriamo venga colto da un numero sempre maggiore di ascoltatori. A voi le parole del cantante/bassista Daniele Lupidi…

BENTORNATI SULLE PAGINE DI METALITALIA.COM. SONO PASSATI QUATTRO ANNI DALLA NOSTRA ULTIMA CHIACCHIERATA: COS’È SUCCESSO NEL FRATTEMPO IN CASA VALGRIND?
– È successo molto in effetti, basti pensare che all’epoca stavamo presentando il nostro secondo lavoro “Speech of the Flame” e ora siamo giunti al quinto capitolo con “Condemnation”! Oltre alla frenetica attività compositiva, ci sono state tante importanti conquiste sul piano dei concerti in giro per l’Europa e delle tante persone in più che hanno avuto modo di conoscerci musicalmente e personalmente.

DOPO UN ALBUM MOLTO TECNICO COME “BLACKEST HORIZON”, CON “CONDEMNATION” MI SEMBRA ABBIATE RIABBRACCIATO IL TAGLIO CALDO E ‘MEDITERRANEO’ DI “SPEECH OF THE FLAME”. SEI D’ACCORDO? COME COLLOCHERESTI QUEST’ULTIMO LAVORO NEL VOSTRO PERCORSO DI CRESCITA?
– Concordo sul fatto che questo disco sia tornato ad avere un’atmosfera più ‘antica’ e meno futuristica. Devo dire però che si tratta probabilmente dell’album con le parti di chitarra più complesse mai composte da Massimiliano. Abbiamo anche beneficiato degli ispiratissimi assoli di Marco Carboni (Logic of Denial, Grumo) e di Fabio Marasco (Maze of Sothoth) che hanno donato al disco ulteriore varietà, bilanciando perfettamente lo stile aggressivo dei soli di Max. Credo che “Condemnation” si collochi momentaneamente al nostro apice compositivo.

PIÙ PASSANO GLI ANNI E PIÙ LA COMPONENTE CLASSIC METAL ACQUISTA IMPORTANZA NELL’ECONOMIA DEI VOSTRI BRANI. È DIFFICILE BILANCIARE QUESTA COMPONENTE CON L’AGGRESSIVITÀ DEL DEATH METAL?
– Credo sia estremamente naturale per tutti noi combinare le due cose. Nella continua ricerca compositiva di musica dinamica ed interessante (seppur profondamente radicata nel death metal tradizionale) la componente heavy metal è determinante per apportare melodie funzionali ad una composizione ricca e movimentata. Forse solo il nostro primo album “Morning Will Come No More” non ne era pienamente intriso, ma da “Speech of the Flame” in poi lo stile si è delineato.

OLTRE A QUESTO, NEL DISCO HO AVVERTITO ALCUNI RIMANDI AL BLACK METAL ELLENICO DI VARATHRON E ROTTING CHRIST (PENSO SOPRATTUTTO ALL’OPENER “THE CURSE OF PEGASUS SPAWN”)…
– Mi fa piacere che qualcuno senta sfumature diverse dalle solite influenze floridiane! L’opener è stata composta interamente da Max e so che difficilmente quelle band possono averlo ispirato. Ma quando la musica diventa un bene comune e viene pubblicata, è bello sentire che ad ognuno può potenzialmente richiamare le atmosfere più svariate.

A GIUDICARE DAI TITOLI, LA MITOLOGIA CONTINUA AD AVERE UN FORTE INFLUSSO SULLA VOSTRA MUSICA: QUAL È IL CONCEPT DI “CONDEMNATION”?
– Dopo aver scritto i primi testi ci siamo accorti che sembravano tutti avere molti riferimenti agli antichi animali e mostri mitologici di diverse culture, per cui abbiamo pensato ad una sorta di concept ‘bestiario’ nel quale ogni canzone tratta una di queste figure. Ci sembrava in linea con l’atmosfera epica ed imponente che volevamo ricercare e spero che gli ascoltatori siano invogliati a seguire le liriche in modo da immergersi completamente in questi mondi perduti.

VISTO IL TAGLIO EPICO DEL MATERIALE, DA COSA PARTITE AL MOMENTO DI COMPORRE? UN RIFF, UNA RITMICA, UN’IMMAGINE MENTALE…
– Max ha il suo particolare metodo, solitamente ci propone canzoni strumentalmente già strutturate, anche se completamente da arrangiare per quanto riguarda batteria, basso e linee vocali. So che il refrain è molto importante nel suo personale iter compositivo, credo che molti dei brani partano da Lì. Per quanto mi riguarda, i miei pezzi sono fra i più diretti del disco e sono partiti da una semplice struttura dalla quale poi ho ricavato i riff definitivi. Per noi è importante evitare assemblaggi di riff e copia/incolla vari, tutto deve scorrere naturalmente. Successivamente Gianmarco si occupa delle linee di batteria dicendo anche la sua sulla struttura ed infine io aggiungo testi e linee vocali.

LE VOSTRE GRAFICHE SONO SEMPRE MOLTO CURATE E – ALMENO ULTIMAMENTE – LONTANE DAI TIPICI SOGGETTI DEATH METAL. OCCUPANDOTENE TU, COME SI SVOLGE IL PROCESSO CREATIVO?
– In genere attendo sempre di avere musiche e testi completi e di immaginarmi come vorrei vederli rappresentati graficamente. Per “Condemnation” ho voluto utilizzare una tecnica diversa, servendomi di penne Bic e di qualche pennellata ad acquerello per dare il senso di un ‘libro perduto’. Probabilmente abbiamo recuperato un po’ di quell’atmosfera torrida presente in “Speech of the Flame”, dopo l’impatto visivo più freddo e profondo di “Blackest Horizon”.

PER IL MASTERING VI SIETE INVECE AFFIDATI A DAMIAN HERRING, NOTO PER ESSERE IL LEADER DEGLI HORRENDOUS E PER I SUOI LAVORI CON BLOOD INCANTATION, NUCLEUS E SUFFERING HOUR (TRA GLI ALTRI)…
– Sì, il suo tocco finale è stato determinante, ha conferito al disco un suono caldo ed avvolgente, probabilmente il migliore della nostra discografia. Devo dire però che partiva dall’ottima base di mixaggio su cui ha lavorato Cristiano Copat (KK Recording Studio). Speriamo di poter lavorare con loro nuovamente sui prossimi lavori.

LORD OF THE FLIES, EVERLASTING SPEW, MEMENTO MORI… PER LA TERZA VOLTA CONSECUTIVA, SE ESCLUDIAMO L’EP “SEAL OF PHOBOS” DEL 2017, UN VOSTRO DISCO ESCE PER UN’ETICHETTA DIFFERENTE. C’È UNA RAGIONE PRECISA O – PIÙ SEMPLICEMENTE – VI PIACE CAMBIARE?
– Credo che solo quest’ultima transizione da ESR a Memento Mori sia stata motivata da scelte artistiche della band, quelle precedenti hanno fatto parte della crescita naturale del gruppo. Abbiamo pensato che MM fosse più consona alla nostra proposta rispetto alla comunque ottima Everlasting Spew, che ha un roster molto vario, con band stilisticamente molto diverse. Memento Mori si rivolge ad un pubblico più specifico invece, e crediamo che questa sia una sistemazione per noi più consona.

QUAL È LA SODDISFAZIONE PIÙ GRANDE CHE VI SIETE TOLTI CON QUESTA BAND? QUATTRO ANNI FA DICESTE CHE AVRESTE VOLUTO CONDIVIDERE IL PALCO CON I DEAD CONGREGATION, E SE NON SBAGLIO QUEL TRAGUARDO È STATO RAGGIUNTO. ORA CHE OBIETTIVI AVETE?
– Credo ci siano state tante esperienze che ci hanno portato a soddisfazioni sempre crescenti. Ovviamente crescendo le aspettative salgono ulteriormente, quindi al momento non saprei dirti quale sia la soddisfazione più grande. Speriamo semplicemente di raggiungere più persone possibili con la nostra musica. Ovviamente i concerti sono sempre stati prioritari per noi, quindi, quando sarà possibile, sarebbe bello partecipare a qualche altro bel festival europeo, magari in compagnia di gruppi affini e davanti al pubblico giusto. Per il resto vogliamo continuare a produrre musica con una certa continuità, basta attese infinite fra un’uscita e un’altra!

CHE OPINIONI AVETE SUI COMEBACK DI MORBID ANGEL, MONSTROSITY E NOCTURNUS, TRE DELLE VOSTRE PRINCIPALI INFLUENZE?
– Personalmente mi ritengo soddisfatto di tutti e tre i dischi, anche se credo che Nocturnus AD sia un’operazione un po’ scientifica (mancando i compositori originali di “The Key”), seppur pienamente legittima avendo comunque Mike Browning presente in qualità di fondatore. Morbid Angel e Monstrosity non sono sicuramente dischi al top delle rispettive discografie, ma entrambi hanno un buon numero di spunti interessanti. Credo insomma che da maestre del genere quali sono queste band, un ascolto dettagliato abbia sempre e comunque qualcosa da insegnare.

EMERGENZA SANITARIA PERMETTENDO, QUALI SONO I PROGRAMMI DEI VALGRIND PER IL FUTURO? CHE RIPERCUSSIONI PENSI AVRÀ QUESTA SITUAZIONE SULL’ATTIVITÀ CONCERTISTICA ITALIANA E NON?
– Questa è sicuramente la domanda alla quale è più difficile rispondere! Al momento siamo preparando una nuova live tracklist e cercheremo di promuovere al meglio “Condemnation” da casa, visto che tutto il resto è decisamente incerto. Personalmente sono per un approccio cauto all’emergenza, quindi credo resteremo in contatto con tutti quanti per capire in che modo si evolverà la situazione!

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