Con la forza della tenacia e della qualità della sua proposta, il progetto Vertebra Atlantis procede spavaldo sul suo cammino, incasellando con “A Dialogue With The Eeriest Sublime” un nuovo gioiello di musica estrema inquieta e cangiante, in linea con la produzione mutevole del suo leader Gabriele Gramaglia.
Proprio con lui abbiamo avuto modo di approfondire il discorso in merito ai Vertebra Atlantis, alter ego più etereo rispetto alle sue peripezie nei Cosmic Putrefaction, ma non per questo più indulgente o approssimativo nella creazione e nel confezionamento di una proposta death e black metal tanto debordante quanto viziosa.
La grande conoscenza musicale di Gabriele emerge nell’ultimo lavoro con potenza, così come la volontà, attraverso le sue parole, di descrivere con cura la dedizione che anima questo gruppo sin dai suoi primi vagiti. Ancora suggestionati dalla sua musica, ci addentriamo in questo secondo lavoro insieme al suo demiurgo creatore, lasciando lo spazio per descrivere a parole la gestazione e la filosofia insita in questo album e nei Vertebra Atlantis stessi.
CIAO GABRIELE, BENTORNATO SULLE PAGINE DI METALITALIA.COM! DIREI DI PARTIRE FACENDO UN PO’ DI LUCE SULL’INTERO PROGETTO A NOME VERTEBRA ATLANTIS, CHE TI VEDE IMPEGNATO ORMAI DA QUALCHE ANNO.
TI ANDREBBE DI DESCRIVERCI BREVEMENTE I PASSI FONDAMENTALI DELLA BAND, DALLA SUA GENESI FINO AI RECENTISSIMI SVILUPPI CONTENUTI NEL NUOVO ALBUM?
– Ciao Edoardo, esordisco immediatamente ringraziandoti per avermi concesso nuovamente questo spazio. Ciò detto, dunque… la genesi di Vertebra Atlantis nasce da un’idea mia e del batterista Riccardo intorno al 2018 (all’epoca batterista di Homselvareg, oggigiorno invece staziona dietro le pelli dei brianzoli HusqwarnaH). Inizialmente era nelle nostre intenzioni creare un progetto dark ambient molto oscuro – un po’ alla Lustmord/Robert Rich ai tempi del loro album collaborativo per capirci – ma ci occorrevano competenze coi synth che ci rendemmo conto in fretta non essere sufficientemente solide. Per cui, in seguito, provammo ad andare in sala ad improvvisare qualcosa decidendo di provare a lavorare su qualcosa di più tradizionale, almeno in quanto a mezzi e strumenti.
Poi si unì alla formazione Vrangr (chitarrista degli Spells of Misery) in qualità di bassista, che è restato in formazione il tempo di far uscire “Lustral Purge…”.
Il gruppo nacque infatti inizialmente con l’intento di assomigliare ad una formazione vera e propria, che facesse prove e componesse con interazioni più dirette. Purtroppo però varie vicissitudini, tra cui vari impegni personali ed in seguito il trasferimento di Riccardo a Vicenza, ci hanno fatto prendere presto una piega differente. La band in senso più classico rimane quindi per me una chimera da ormai dieci anni!
IL SUCCESSORE DEL DEBUT ALBUM “LUSTRAL PURGE IN CERULEAN BLISS” NON SI È FATTO ATTENDERE POI MOLTO, SOLAMENTE UN PAIO DI ANNI: COSA È SUCCESSO DI PRECISO DOPO L’USCITA DEL PRIMO DISCO E COME SI È SVOLTO IL PROCESSO DI COMPOSIZIONE PER IL NUOVO?
– Di base alterno sempre i miei dischi di anno in anno: questo mi aiuta a differire in senso stilistico tra un progetto e l’altro. Dopo l’uscita di “Crepuscular Dirge For The Blessed Ones”(lavoro del progetto parallelo Cosmic Putrefaction, ndr) ero parecchio stanco e provato, tantissime cose sono andate storte in quel disco, ed ero davvero bruciato. Ebbene, poco dopo la sua uscita, Riccardo mi scrisse dicendomi che avrebbe voluto fare un nuovo album dei Vertebra Atlantis! Ero letteralmente spiazzato, vista la mia poca energia al momento e considerato inoltre un cambio di formazione importante, con l’uscita di Vrangr dal ruolo di bassista, ruolo che ho poi svolto io in prima persona, e l’entrata di GS in veste di altro chitarrista ritmico.
All’inizio abbiamo anche faticato a trovare una direzione, perché io volevo che il disco avesse un’aura desertica, mentre Riccardo insisteva nel voler creare una linea di coerenza col vecchio, propendendo verso un’atmosfera fredda, glaciale e/o acquosa. Alla fine, ha avuto la meglio la sua idea, che tutto sommato aveva anche senso. Dopodiché ho iniziato a comporre i pezzi, GS mi ha dato una mano in certe sezioni e ho anche riutilizzato un riff volante iniziato da Vrangr prima che uscisse dalla band, posizionato in un determinato punto di “Desperately Ablaze…”. Grazie a questo materiale e ad alcune ‘folgorazioni epifaniche’ del momento siamo arrivati alla stesura di alcune sezioni chiave dei brani attorno alle quali è stato costruito il disco, non partendo necessariamente dall’inizio dei pezzi.
Nel frattempo il concept si delineava e Riccardo cominciava a mandarmi frammenti di testi, che aiutavano a dare un’ulteriore direzione stilistica ai brani e ai loro arrangiamenti. Dei testi infatti (come della maggior parte delle voci principali) si è quasi del tutto occupato lui, tranne che per il secondo pezzo di cui ho scritto io le lyrics, ma che comunque abbiamo adattato alla musica assieme.
Ciliegina sulla torta, non mi stancherò mai di dirlo, l’intervento vocale di Giorgio Trombino sulla titletrack che è stato monumentale (ha anche suonato gli assoli di flauto che potete sentire in due momenti diversi di “Desperately Ablaze…”). Vi esorto a seguire le sue numerose attività musicali e gli ottimi dischi già fatti (ultimi Bottomless ed Assumption tra gli altri), nonché gli ottimi che ne verranno. Concludo questa risposta pantagruelica anche con i dovuti ringraziamenti a Daniela Ferrari, l’altro guest della title-track, per i suoi vocalizzi angelici che hanno elevato ulteriormente il brano.
CONSIDERATA LA TUA PIENA ATTIVITÀ ANCHE SOTTO IL MONICKER COSMIC PUTREFACTION, VIENE NATURALE CHIEDERSI COME RIESCI A DIFFERENZIARE LA MUSICA PER L’UNA O PER L’ALTRA BAND: QUALI SONO LE DIFFERENZE ARTISTICHE ED ATTITUDINALI DELLE DUE ENTITÀ? QUALI CARATTERISTICHE RAPPRESENTANO MEGLIO L’OPERATO DEI VERTEBRA ATLANTIS?
– Come accennavo prima, alternare i dischi tra i vari progetti un po’ aiuta. Altra cosa, cambio accordatura alle chitarre da disco a disco, fatto che ti porta automaticamente a cambiare un po’ il modo in cui scrivi. Oltre ad esserci delle cose più irrazionali poi, penso sia un po’ diversa anche la palette di influenze, per lo meno quelle più esplicite.
Per quest’ultimo Vertebra mi sono ispirato tantissimo a “Witchcraft” degli Obtained Enslavement e “Nightwork” dei Diabolical Masquerade, due dischi che ho ascoltato un sacco e riscoperto parecchio durante la stesura dell’album. In generale, di sicuro Cosmic e Vertebra hanno differenti quantità di death e black in termini di distribuzione a livello stilistico, però ci sono anche altre influenze, come il progressive, presenti in modo differente.
Questo lavoro di Vertebra ritengo anche che sia spesso molto ‘sinfonico’ (e quindi citiamo anche gli Emperor di “Anthems..” e gli Abigor di “Totschläger”), tuttavia non credo nemmeno che “A Dialogue…” si possa definire un disco symphonic black metal vero e proprio: un caro amico, quando lo sentì per la prima volta, disse che poteva collocarsi idealmente a metà strada tra gli Immolation e appunto gli Emperor, definizione che ha altresì senso. Poi sicuramente Castevet, Castevet e Castevet.
Non so, potrei andare avanti altre dieci ore, ma ovviamente nella tua testa quando lavori ad un disco, tutte le tue influenze di solito sono interiorizzate, a meno che tu non voglia fare un lavoro esplicitamente tributario. Ammetto tuttavia l’esistenza di un piccolo omaggio esplicito ad un certo punto del disco, ed è rivolto alle prime battute del “Tristan Und Isolde” di Wagner.
ARRIVIAMO QUINDI A “A DIALOGUE WITH THE EERIEST SUBLIME” UN LAVORO MAESTOSO E STRATIFICATO: QUALI ERANO LE IDEE A LIVELLO CONCETTUALE CHE TI HANNO ISPIRATO NELLA CREAZIONE DI QUESTE CANZONI? POSSIEDONO UN LEGAME DI QUALCHE TIPO RISPETTO AL PASSATO O SI TRATTA DI UN CONCEPT TOTALMENTE NUOVO ED UNICO PER QUESTO DISCO?
– Elaborando il discorso, direi che “A Dialogue…” si collega parzialmente a “Lustral Purge…”. Devo riconoscere (seppure come detto in precedenza il concept di “A Dialogue…” sia stato pensato a quattro mani assieme a Riccardo), che si può riscontrare un filo conduttore a livello di concept che si estende a tanti dei miei dischi. Non saprei dirti esattamente in che misura ciò sia consapevole, ma penso sia evidente quanto più o meno tutti i miei lavori raccontino dei piccoli frammenti di un grosso puzzle che riguarda la condizione più vera ed ineludibile dell’uomo, ovvero la sua impotenza nei confronti del grande tutto che lo circonda.
Se ci fate caso, un elemento ricorrente spesso nelle copertine dei miei diversi monicker sono queste diverse figure umane molto piccole dinnanzi a strutture o paesaggi davvero imponenti, che lo affascinano ma allo stesso tempo lo sovrastano in maniera ineluttabile. E c’è sempre questa solitudine, incredibilmente profonda, che è presente qui come lo era in “Lustral Purge..”.
Le storie sono tutte connesse, ma allo stesso tempo ognuna parla a sé, ognuna con la sua palette emotiva. Poi c’è sicuramente un forte elemento onirico, forte più che mai in questo caso. “We live inside a dream, but who is the dreamer?” faceva dire David Lynch a Monica Bellucci.
Il concept dell’album è anche influenzato dall’anime “Angel’s Egg” di Mamoru Oshii; le riflessioni che mise in campo sicuramente anticiparono quello che abbiamo portato in campo qui ed in “Lustral Purge..” .
Senza andare chiaramente a scomodare tutta la storia della filosofia esistenzialista, mi sento di citare anche il nostro Giacomo Leopardi nazionale, un faro luminosissimo troppo spesso lasciato in disparte quando si citano poeti e scrittori (nella musica metal per lo meno), in quanto il suo concetto di bellezza “vaga” è grandemente ispiratore qui, in quanto stimolatore di escapismo ed immaginazione.
CI PIACEREBBE APPROFONDIRE ANCHE L’ASPETTO LIRICO DI “ADWTES”, CONSIDERATA LA CURA E L’ELEGANZA RISERVATA AI TESTI, UNO DEI QUALI IN ITALIANO: TI PIACEREBBE FORNIRE UNA PARTICOLARE CHIAVE DI LETTURA CON CUI APPROCCIARSI ALLE PAROLE DELL’ALBUM? ESISTE UNA CONNESSIONE LOGICA O NARRATIVA TRA I VARI TESTI?
– Sono sostanzialmente tutti frammenti di riflessioni su questa solitudine ineluttabile, nella maniera di un concept album poiché queste riflessioni si sviluppano tutte in quello che è un preciso, per quanto esteso, luogo (meta)fisico a tutti gli effetti, magistralmente dipinto dal caro Babar Moghal.
Il testo più descrittivo di questi luoghi, per lo meno una porzione, è proprio il mio, ovvero il testo di “Frostpalace Gloaming Respite”, mentre Riccardo – che come dicevo poc’anzi è l’autore di quasi tutte le altre lyrics – si è concentrato sull’espressione di un esistenzialismo più astratto all’interno della vicenda. L’altro mio apporto a livello di lyrics, una piccola postilla verso la fine del testo della titletrack, si manifesta come un assunto volto a scardinare nel protagonista di questa epopea l’unica certezza per così dire cartesiana, ovvero quella di esistere oltre ogni ragionevole dubbio.
Il Nostro, infatti, percepisce come molto plausibile l’idea di non essere che una mera manifestazione onirica di un essere superiore (e così dubitando del suo stesso essere ed esistere), il quale a sua volta ha prodotto questo sogno a causa della sua irrimediabile condizione di solitudine. È proprio questo il dialogo con il più sinistro e misterioso dei sublimi, un mondo sospeso, magnifico e spettrale dove persino il suo demiurgo non può che parlare solo con sé stesso.
QUALI SONO GLI ELEMENTI FONDAMENTALI DA CUI PARTI PER LA CREAZIONE DI OGNI BRANO? QUALI SONO GLI ASPETTI CHE RITIENI INDISPENSABILI PER TUTTE LE CANZONI DEI VERTEBRA ATLANTIS?
– Capita di partire dall’inizio del pezzo, ma tante volte l’intuizione di una sezione che mi immagino immediatamente essere posizionata alla fine o alla tre quarti del pezzo, risulta essere il motore creativo. La sfida in quei casi è quindi di essere capaci retroattivamente a raggiungere quel punto creando il giusto climax per raggiungerlo. Un esempio pratico di ciò è la sezione orchestrale di “Drown in Aether…”.
QUALE È STATO IL RUOLO DI R.R. NEL PROCESSO DI SONGWRITING? HA PARTECIPATO ATTIVAMENTE ALLA STESURA DEL NUOVO MATERIALE O SI È LIMITATO AD AGGIUNGERE SUCCESSIVAMENTE LE PARTI DI BATTERIA E VOCE?
– Riccardo si è occupato come detto della maggior parte dei testi e delle voci, anche se io ho cantato qualche backing vocal e qualche growl e scream. Qua e là mi ha dato dei preziosi suggerimenti per alcune sezioni, indubbiamente. Oltre a ciò, ha scritto naturalmente le sue parti di batteria, rivelandosi un elemento fondamentale per l’economia generale del disco.
MENZIONE A PARTE MERITA CERTAMENTE LA TITLETRACK, MOSCA BIANCA DEL DISCO POSTA IN CHIUSURA: RAPPRESENTA CERTAMENTE UN’ASPETTO INEDITO RISPETTO AI TUOI STANDARD, COME CREDI CHE VADA INQUADRATA RISPETTO ALLE ALTRE TRACCE DI “ADWTES”?
– Ad un certo punto mi sono fissato sull’idea di fare una chiusura un po’ in stile Elend e Dead Can Dance: mi sono cavato via dai vari guitar pro e alla prima occasione mi sono organizzato per una breve scampagnata montuosa portandomi la chitarra acustica dietro. Il nucleo della title-track infatti, è stato composto sul Monte Barro, qui vicino a Lecco.
Oltre alla parte musicale, c’era però un altro problema. Nella mia testa, infatti, il brano per avere senso doveva basarsi su una voce baritonale in stile Michael Gira, Brendan Perry, Iskandar Hasnawi, etc. Il punto è che né io né Riccardo, eravamo in grado di proporre un timbro che fosse adatto allo scopo. Ho cominciato allora una disperata ricerca chiedendo aiuto al maggior numero di persone possibile. Ad un certo punto il nome del buon Giorgio Trombino mi cade letteralmente dal cielo, proposto dall’amico Matija dei Siderean, che suona assieme a Giorgio negli Assumption. Mi sono fidato di Matija, e devo dire di aver fatto centro, perché quando tutti noi abbiamo sentito la take di Giorgio per la prima volta ci siamo commossi, e non poco!
A livello canoro poi io ho fatto giusto qualche backing vocals in pulito; completa il quadro la straordinaria Daniela Boschi con i suoi vocalismi sul finale, scritti da me e riprendenti sul finale il tema orchestrato di “Drown In Aether..”. Ritengo che per quanto possa suonare strano finire un disco del genere così, la title-track si colleghi bene con “Desperately Ablaze…” ed il suo linguaggio armonico è coerente col resto del lavoro. Ne sono davvero orgoglioso, anche per l’aneddoto che ti ho raccontato.
LO SPLENDIDO LAVORO PER L’ARTWORK DELLA COVER DEL DISCO SEMBRA RACCHIUDERE VISIVAMENTE MOLTE DELLE SUGGESTIONI EVOCATE DALLA VOSTRA MUSICA: COME SI È ARRIVATI ALLA COLLABORAZIONE CON BABAR MOGHAL? HAI PARTECIPATO ATTIVAMENTE ALLO SCHIZZO O HAI LASCIATO SPAZIO ALLA FANTASIA DEL PITTORE?
– Avevo indirettamente lavorato con Babar già con i Turris Eburnea, nel senso che ci aveva concesso l’utilizzo dell’artwork per l’omonimo EP di debutto gratuitamente. In questa circostanza, tuttavia, ho proposto Babar agli altri per la creazione di un artwork fatto ad hoc.
Così dopo aver raccolto tutte le idee, gli abbiamo inviato uno sketch rudimentale, con al seguito tante suggestioni in quanto a colori e atmosfere, assieme ad una descrizione del concept piuttosto dettagliata, al quale abbiamo allegato un brano. Tuttavia, rispetto al mio solito, lo sketch che ha ricevuto – diversamente dalla descrizione del concept, dettagliata ma comunque anch’essa un po’ astratta – non era poi così eloquente.
Quindi ha cominciato a mandarci diverse bozze a matita che sono state utilissime per capire che direzione intraprendere e come sviluppare al meglio l’artwork. È stato molto meticoloso nel condividere con noi il più alto numero di passaggi possibile, quindi il lavoro ha potuto essere davvero graduale ed infine rispecchiare alla perfezione le suggestioni musicali presenti nel disco.
QUALI SONO GLI ARTISTI, APPARTENENTI AL GENERE DEL METAL MA NON SOLO, CHE TI ISPIRIANO ATTIVAMENTE QUANDO TI TROVI A COMPORRE NUOVA MUSICA? TROVI INVECE DELLE AFFINITÀ PARTICOLARI CON ALTRI ARTISTI O ALTRE BAND ODIERNE, CON CUI CREDI DI CONDIVIDERE QUALCOSA A LIVELLO STILISTICO, ATTITUDINALE O ESTETICO?
– Purtroppo anche a questo giro dovrai davvero perdonarmi per aver accennato parte della risposta sopra. Aggiungo a quanto già detto il pensiero seguente: credo che gli ascoltatori più attenti si siano accorti di quanto l’eredità di un disco in fondo poi molto sottovalutato come “Obsian”, dei Castevet, sia stato e continui ad essere fondamentale nei miei lavori sia in termini attitudinali che stilistici; probabilmente anche a causa del momento in cui uscì, cioè durante i miei diciotto/diciannove anni, quindi non si tratta di un classico ma di un album della mia generazione che ha accompagnato la mia crescita (come anche lo sono stati “Paracletus” e “Colored Sands” ad esempio, poi diventati a tutti gli effetti due classici moderni). Sicuramente anche band come Thantifaxath ed Artificial Brain sono state band della mia era molto importanti per me.
Per i classici dei ’90 invece credo non occorra fare altre menzioni per non essere ridondanti. Invece, per parlare di influenze che probabilmente non ti aspetti, è innegabile l’impatto che una band come i Magma ed il loro Zeuhl ha avuto sulla mia crescita musicale. Oppure che ne so, alcuni dischi di Allan Holdsworth… nel solo di “In Starlike…” ad esempio, ho, per così dire, tentato di replicare parzialmente il suo approccio (che però resta alieno e soprattutto io non sono un solista).
CREDI CI SIA LA POSSIBILITÀ DI PORTARE SU PALCO I VERTEBRA ATLANTIS? COME TI RAPPORTI RISPETTO ALLA DIMENSIONE LIVE?
– Come mi rapporto rispetto alla dimensione live? “Male, per dio!”, come diceva il Direttore Conte Corrado Maria Lobbiam a Fantozzi (ride, ndr)! No, purtroppo non credo, onestamente.
RINGRAZIANDOTI, LASCIAMO LE ULTIME RIGHE DISPONIBILI PER UN TUO PENSIERO GENERALE SULLO STATO DELLA MUSICA METAL IN ITALIA: COME TI SEMBRA LA SITUAZIONE AD OGGI?
– Parlando di metal estremo, ci sono delle nuove realtà interessanti con dei baldi giovini come i Miscreance; band ‘nuove’ che nuove in realtà non sono come gli Ad Nauseam, che di recente si sono imposte con vigore e merito nel panorama internazionale, Devoid of Thought, Fuoco Fatuo ed Aphotic in Lombardia, Assumption, la scena trentina di Lorn e Gorrch e sicuramente tanto altro che al momento non mi viene in mente.
La situazione è in miglioramento, come dicevo, anche se probabilmente azzardo a dire che l’Italia soffre ancora un pochino di un provincialismo quasi campanilistico duro a morire in alcuni circoli underground e contemporaneamente, mentre più si va verso il mainstream, vediamo manifestarsi un certo grado di esterofilia, in una sorta di paradossale teoria da ferro di cavallo. Credo che una strada possa essere quella di collaborare il più possibile tra sodali accomunati da visioni estetiche ed attitudinali simili, gioire quando qualcuno del giro riesce ad ottenere i successi che si merita, di modo da creare dei circoli virtuosi che trascinino.
Essere dei catalizzatori, quando si può. Anche perché tante scene musicali in giro per il mondo sono proliferate grazie a quel senso di fertilità che, ad un certo punto, comincia ad aleggiare nell’aria e questa sensazione è certamente trascinante al di fuori della razionalità.
Questi i miei due centesimi, certamente non più che un piccolo tassello, anche perché nella musica le eccezioni hanno luogo continuamente. Concludo così, ringraziandovi nuovamente a dovere per lo spazio che mi avete concesso. Un caro saluto e spero di non avervi tediati troppo. A presto!