Il nuovo ‘Nocturnes Of Hellfire & Damnation’ ha riavvicinato diversi fan alla musica dei Virgin Steele. Pur rimanendo comunque ancorato a uno stile compositivo simile ai lavori più recenti della band, l’album ci presenta però un sound fortemente debitore dei vecchi dischi, cosa che ha sicuramente mandato in brodo di giuggiole tutti gli estimatori del vecchio suono di chitarra di Pursino. Abbiamo parlato di questi e altri aspetti con il leader della band, l’inossidabile David DeFeis.
OK, PRIMA DI GETTARCI SUBITO SULL’ALBUM NUOVO PARLIAMO UN PO’ DI TE E DELLA BAND: COME STATE TUTTI? È UN BEL PERIODO? SIETE PRESISSIMI DALLA FASE DI PROMOZIONE?
“Sicuramente sono felice quanto lo si può essere per l’uscita del nuovo disco anche se, come ogni volta, quando si deve dire che un disco è terminato, in realtà mi sembra sempre che mi serva una settimana in più… o forse anche un mese, oppure un anno! Scherzi a parte, questa volta te lo dico con tutta la tranquillità possibile, il disco è veramente pronto! Ora ci troviamo nel bel mezzo dell’attività promozionale come dicevi tu, il che vuol dire che sono praticamente tutto il giorno al telefono con qualcuno, a raccontargli quanto questo lavoro sia bello e valido, ed anche questa è una cosa che mi piace molto! Finora è stato un piacere parlare con ciascuno di voi, davvero”.
BEH, SPERIAMO CHE CONTINUI AD ESSERLO! ANDANDO PIÙ NELLO SPECIFICO, QUALI SONO I SENTIMENTI CHE NUTRI NEI CONFRONTI DI QUESTO NUOVO LAVORO? SOTTO QUALE ASPETTO TI SODDISFA DI PIÙ?
“Come ti ho detto non potrei essere più felice. Dal punto di vista delle performance è un bellissimo lavoro. Siamo riusciti a catturare molte sfumature della mia voce, e a farle risaltare tutte nel risultato finale, cosa che ovviamente mi rende molto felice anche a livello personale. Anche tutti gli altri sono rimasti molto soddisfatti delle proprie prestazioni sul disco, e si tratta di una soddisfazione tangibile per tutti noi, che riguarda anche l’aspetto compositivo. Devo dir anche che stavolta pure dal punto di vista della produzione sonora sono pienamente soddisfatto. È quella parte di lavoro che ogni volta mi fa pensare di aver bisogno di più tempo, perché mi sembra sempre che ci sia qualcosa che non va a livello dei suoni. Questa però volta sento che il risultato è esattamente in linea con quanto volevamo, cosa che alle volte non è successo in passato”.
MA DA DOVE TRAI CONTINUAMENTE ISPIRAZIONE PER CREARE NUOVI DISCHI?
“La composizione per me è un processo continuo. Inizia quando mi alzo, e a volte non termina neanche dopo che sono andato a dormire. In pratica vivo per quello. E’ come se scrivessi sempre semplicemente vivendo la mia vita, e appena trovo la conclusione che penso adeguata per una canzone che ho in mente, ne penso subito a un’altra. La musica è la mia più grande passione, e scrivere musica è il modo più vero che io ho di esprimere me tesso, motivo per cui mi immergo in questa attività al 110%. Dato che la mia vita è così intrinsecamente collegata alla musica, alla tua domanda su dove traggo ispirazione per nuove canzoni ti posso quindi rispondere ‘dalla vita stessa’. Qualsiasi cosa può essere una fonte di ispirazione per me, da un albero a un paesaggio, fino a ovviamente una persona che incontro. Finché con le note e con le parole sarò in grado di creare qualcosa di bello da quello che sto vedendo, l’ispirazione penso mi arriverà sempre”.
QUALE DEI VOSTRI VECCHI ALBUM PENSI SIA IL PIÙ SIMILE A “NOCTURNES OF HELLFIRE & DAMNATION”?
“E’ una combinazione di tutti i nostri vecchi album. Ha l’approccio, l’attitudine e l’aggressività di album come “Age Of Consent” o dei due “Marriage Of Heaven & Hell”, però possiede anche qualche elemento più cupo e melanconico derivante per esempio da “Vision of Eden”. Non ho cercato di inventare nulla di nuovo rinnegando il mio passato, anzi, ho cercato di prendere gli elementi degli altri album e di spingerli oltre rispetto a dove si erano fermati. Questo album va in una direzione che mi piace definire ‘gothic blues’, una definizione che ovviamente non ha niente a che vedere con i generi citati ma che mi sembra adeguata. Mi piace infatti pensare entrambi quei generi come stili musicali che nascondono una ricerca e un’attitudine alla composizione di un certo tipo, e sono quindi modelli cui penso sinceramente di trarre una certa ispirazione”.
IN EFFETTI CI È PARSO DI SENTIRE UN CERTO RITORNO AL PASSATO SU QUESTE TRACCE. COME MAI SECONDO TE A MOLTE BAND, SUPERATI I VENTI ANNI IN CARRIERA, VIENE SPESSO DA TENTARE DI RIPROPORRE VECCHIE SONORITÀ PER I NUOVI ALBUM?
“Non posso risponderti per le altre band, ma per quanto riguarda me, e soprattutto per quanto riguarda questo album, il ritorno alle origini di cui parli coinvolge prevalentemente le scelta dei suoni e le fasi finali della registrazione. E’ tornato ben presente l’uso del pianoforte classico che usavo un tempo, e anche le chitarre sono decisamente più spesse, un po’ come le tenevamo un tempo. La batteria ha un approccio più diretto, più ‘live’, e sono queste caratteristiche che ci fanno dire che l’album ha l’attitudine heavy dei nostri primi lavori. Dal punto di vista compositivo però gli elementi in comune con i primi pezzi che componevamo non sono in numero maggiore rispetto a quelli in comune con la nostra produzione più recente, quindi non penso che il nostro modo di scrivere sia ‘ritornato alle origini’. Solo il sound. L’aspetto compositivo invece sempre evoluto, certo senza mai dimenticarsi del passato, ma sempre andando avanti. E lo ha fatto anche stavolta”.
VOI VI MUOVETE PERÒ SEMPRE ALL’INTERNO DELLO STRETTO CORRIDOIO DELL’HEAVY METAL CLASSICO. NON TROVI DIFFICILE ‘EVOLVERSI’ RIMANENDO NEI CONFINI DI UN GENERE CHE, COME BEN SAPPIAMO, HA GIÀ DETTO MOLTO DAGLI ANNI ’80 FINO AD ADESSO?
“Difficile? Io penso che qualsiasi cosa sia difficile quando vuoi che questa sia fatta bene, e ciò vale non solo per “Nocturnes Of Hellfire & Damnation”, ma anche per tutti gli altri nostri album. La cosa ha valore anche a livello delle singole canzoni: qualcuna ha una nascita veloce e spontanea, altre richiedono magari molta attenzione e continue scalpellate ai dettagli più piccoli, e così è anche per gli album. “Nocturnes” in particolare penso sia nato con una certa facilità, molte canzoni sono andate a posto con veramente poco sforzo, ma abbiamo comunque dovuto lavorare duro per avere questo risultato. Per quanto riguarda la tua frase sul fatto che si sia già detto troppo nel campo dell’heavy metal, beh, io non la vedo così. Come dicevamo prima, l’ispirazione proviene dalla mia vita, e io la traduco spontaneamente nella musica che più di tutte adoro, l’heavy metal. E’ un processo che non si ferma e quindi non corro mai il rischio di rimanere senza idee solo perché oramai ‘tutto è stato scritto’. Quello che è difficile, secondo me, è poi presentare ciò che l’ispirazione ha portato a comporre nella maniera corretta, realizzando qualcosa che soddisfi e che io reputi fatto bene. Quella è la parte difficile, e come vedi non coinvolge quanto possa essere stato fatto in passato da me o da altri… ne è slegato”.
DAL PUNTO DI VISTA LIRICO NON SIAMO DAVANTI A UN ALTRO CONCEPT ALBUM, MA SICURAMENTE QUI OGNI CANZONE È CONNESSA ALL’ALTRA DA UNA SORTA DI FILO CONDUTTORE. PUOI ILLUSTRARCELO?
“E’ vero, è come dici tu. Non c’è una storyboard fissa che ci porta da un punto A al punto B come in un normale concept, però tutte le liriche dell’album orbitano attorno al concetto di ‘connessione’. Le canzoni narrano di cosa succede quando la strada di un essere umano incrocia quella di un altro essere umano e di tutte le vicende, drammatiche e non, che possono nascere da questo incontro. “Nocturnes Of Hellfire & Damnation” è la rappresentazione del caos delle connessioni, e analizza interazioni sia con gli uomini ma anche tra l’uomo e le entità, come accede in “Devilhead”, canzone nella quale si parla delle tragiche conseguenze dell’incontro appunto tra Cassandra e Apollo, un’umana e un Dio. In quest’album mi sono posto l’obbiettivo di andare a fondo con questioni di carattere sociale e psicologico, mi sono proposto di analizzare livelli più profondi di connessione, ad esempio descrivendo l’incontro di un musicisti con una donna, ma usando questo tema per parlare anche della connessione che il musicista ha con il suo strumento, e con la musica stessa”.
IL TITOLO DI PER SÈ HA QUALCOSA A CHE VEDERE CON QUANTO HAI APPENA SPIEGATO?
“In qualche modo direi di sì. Un ‘notturno’ è un tipo di composizione musicale, e tutte queste tredici canzoni mi piace pensarle appunto come dei ‘notturni’, componimenti che parlano di amore, ma anche di fuoco e di dannazione”.
HAI MAI PENSATO PENSATO, SEMPRE RIMANENDO IN TEMA LIRICO, DI DEDICARTI A QUALCHE DIVERSO TIPO DI SCRITTURA CREATIVA, COME AD ESEMPIO QUELLA TEATRALE O QUELLA POETICA?
“Certamente! Mi piace e ho sempre voluto mettermi in discussione su qualsiasi tipo di scrittura creativa, dal teatro come dici tu, fino alla lirica o ai film. Anche i libri. Mi piace pensare di poter toccare qualsiasi tipo e forma di creatività che mi sia possibile, anche se la musica rimane il mio target principale”.
CI SPIEGHI COME MAI TROVIAMO TRE DIVERSE COPERTINE AD ACCOMPAGNARE QUEST’ALBUM?
“Sai, non è stata un’idea fissa fin dall’inizio quella di mettere sul mercato un prodotto con tre copertine diverse. Il tutto è nato diciamo un po’ per caso. Quando scelgo la copertina per un album, mi piace che questa sia perfettamente in linea con il mio stato d’animo attuale, con la mia vita in quel periodo. E stavolta è capitato che nel momento in cui si lavorava a quell’aspetto, più immagini abbiano colpito la mia immaginazione. C’è stato quel gargoyle che ho visto durante una gita che ha attratto la mia attenzione. Così l’ho fotografato e l’ho proposto all’artista che ha realizzato la copertina. Lui però aveva questa immagine dell’angelo di pietra che mi ha mostrato per farmi scegliere lo stile, e anche quella mi è piaciuta tantissimo. Abbiamo poi deciso di usare lo stile grafico dell’angelo per provare a rappresentare il gargoyle, la cosa ha funzionato, ma poi ho voluto tenere pure l’angelo. Poi quando, sempre lavorando a quelle copertine, gli ho spiegato i temi di cui parlavano le canzoni è nata anche l’idea della Morte con il flauto… e pure quella mi è sembrata adeguata. Eccoci quindi con tre copertine valide. Il resto lo vedete da voi”.
MA COME CI SI SENTE AD AVER UN SEGUITO DI FAN PER I QUALI LA VOSTRA MUSICA CONTA COSÌ TANTO, DA COSÌ TANTO TEMPO?
“E’ una sensazione bellissima. Qualche giorno fa leggevo una lettera di un fan che mi diceva ‘non vedo l’ora di integrare il vostro nuovo disco nella mia vita’. Sembra strano, ma ha detto proprio così, o comunque il significato era questo. ‘Integrarci’ nella sua vita. E’ questo quello che mi auguro da sempre, in fondo. Come artista di entrare a far parte della vita di qualcuno. Sai, era quello che pensavo io da ragazzo, con la musica dei Queen, o dei T.Rex, e sapere che qualcuno adesso pensa lo stesso di me mi riempie di orgoglio”.
CON “NOCTURNES OF HELLFIRE AND DAMNATION” SENTITE DI AVERE FATTO IL VOSTRO ALBUM DEFINITIVO?
“(Ride, ndR) Che domanda classica da giornalista. Scherzo, tu lo chiedi, e io rispondo: penso che abbiamo registrato molti album davvero grandi ma che… il meglio debba ancora venire, ovviamente! Ve ne faremo sentire ancora delle belle e non vediamo l’ora di farlo. Sì lo so, sembra una risposta fatta, ma penso altresì che se non la pensassi così, non ci sarebbero più molti motivi per andare avanti come band, ti pare?”.