VISION DIVINE – Il passo decisivo

Pubblicato il 03/10/2012 da

Con il nuovo album “Destination Set To Nowhere” i Vision Divine sono tornati ai buoni livelli a cui ci avevano abituati. Un disco più fresco, meglio prodotto e non altalenante come il precedente “9 Degrees West To The Moon”. È lo stesso chitarrista e leader Olaf Thorsen a spiegarci perché quell’album non risultò convincente come ci si aspettava e come al contrario il gruppo sia stato in grado di risollevarsi con il nuovo lavoro. Un racconto che mette ancora una volta in evidenza come la mano di un produttore possa influire in maniera determinante sulle sorti di una band. E, come leggerete, non è certo la prima volta che i Vision Divine si trovano ad avere a che fare con influenze esterne che hanno messo in difficoltà la formazione toscana: le regole assurde del music business, un famoso personaggio che ha cercato di mettere il bavaglio al gruppo, i rapporti attuali con l’ex cantante Michele Luppi e molto altro sul nuovo “Destination Set To Nowhere” in questa lunga chiacchierata con Olaf Thorsen.

OLAF, VUOI INTRODURCI IL NUOVO LAVORO E INDICARCI LE DIFFERENZE RISPETTO AL PRECEDENTE “9 DEGREES WEST TO THE MOON”?
“Senza troppi giri di parole, la differenza sta nel produttore. Il problema di ‘9 Degreees’ è stato Timo Tolkki (ex chitarrista e leader degli Stratovarius, ndR). Pensa solo al fatto che Fabio, per registrare le parti vocali di ‘Destination Set To Nowhere’, ha avuto cinque giorni a disposizione, che già sono pochi, mentre per il precedente solo otto ore. Questo perché Tolkki voleva cogliere la ‘grinta live’ della band e infatti anche le parti strumentali sono state registrate praticamente in presa diretta. Lui ci aveva detto di non preoccuparci, perché al limite avrebbe corretto lui in fase di mixaggio quello che non andava. Altro motivo per cui ha rovinato quel disco, è il fatto che ha voluto rimuovere completamente le parti acustiche. Se prendi il nuovo album e gli togli le parti di chitarre acustiche, ottieni un effetto alla ‘9 Degrees’, ossia un disco zoppo”.

MA COME MAI TOLKKI AVEVA DECISO DI FARE QUESTA COSA?
“Perché gli andava di fare così… fino a lì con noi aveva lavorato bene. Quella volta invece è venuto fuori con delle scelte assurde, del tipo dare a Fabio cinque minuti per registrare la voce per la cover di ‘A Touch Of Evil’ dei Judas Priest. Il pezzo durava cinque minuti, quindi secondo lui cinque minuti per registrare erano sufficienti. Sul disco quella cover è praticamente cantata live. Inoltre anche il mixaggio è fatto male. Chi ci vede dal vivo infatti dice che quei pezzi hanno tutta un’altra resa. Prendi che ne so, i Bon Jovi… gli levi tutte le chitarre acustiche, fai registrare il cantante tutto alla prima e mixi tutto come cazzo ti pare. Voglio vedere se ottieni lo stesso risultato. D’altronde che vuoi fare? Quando prendi un produttore e lo paghi, se poi fa cazzate è ancora colpa tua…”.

“DESTINATION SET TO NOWHERE” INVECE È STATO PRODOTTO DA TE...
“Sì, questa volta ho voluto occuparmi io della produzione e credo di aver fatto un buon lavoro. Alla fine ora ho una certa esperienza e credo di sapere quello che va e quello che non va, quindi ho preferito prendermi io la responsabilità. Il disco è stato poi mixato da Simone Mularoni. Anche lui sta facendo delle ottime cose, ultimamente. In questo modo abbiamo ottenuto il nostro miglior lavoro e credo che d’ora in poi faremo così. Per noi ‘Destination Set To Nowhere’ era un album fondamentale, perché dovevamo assolutamente uscire con un album di livello. Se fossimo usciti con un altro ‘9 Degrees’, avremmo anche potuto chiudere”.

SOPRATTUTTO A LIVELLO DI PARTI VOCALI, IL DISCO HA IN EFFETTI TUTTO UN ALTRO SOUND RISPETTO AL PRECEDENTE. HO NOTATO PERÒ L’ASSENZA, QUESTA VOLTA, DI VOCE SPORCA, A PARTE QUALCHE LEGGERA PRESENZA SU UN PAIO DI PEZZI. COME MAI?
“Sì, c’è qualcosina su ‘Mermaids From Their Moons’ e ‘Here We Die’ e Fabio all’inizio stava lavorando su qualche altro passaggio con voce sporca. Poi però, sia per il fatto che con il nuovo album stavamo provando dei suoni differenti e più aggressivi, sia per il fatto che il disco è più progheggiante che in passato, abbiamo deciso di evitare. Non ci sembrava una buona idea mettere anche delle parti vocali così aggressive. Fabio ha anche deciso di limitare l’uso del vibrato”.

IN EFFETTI C’È CHI SOSTIENE CHE IL VIBRATO DI FABIO SIA PIÙ ADATTO AI RHAPSODY CHE AI VISION DIVINE…
“Però è una delle principali caratteristiche per cui all’estero Fabio è così apprezzato. Ok, a volte forse usa il vibrato un po’ esageratamente ma lui è così. Lo usa solo lui e quindi, piaccia o meno, lui vuole cantare così. Non vuole assolutamente cantare come una tastiera. Ha un modo molto ‘liquido’ di spostarsi sulle note e lui stesso non vuole che si esageri con l’autotuning. Non è un cantante che puoi mettere al muro e costringere a cantare in un certo modo”.

POTREI QUASI DIRE CHE SI TRATTA DI UNA DELLE MIGLIORI PRESTAZIONI DI FABIO LIONE, CONCORDI?
“Sì, anche se lui considera quelle del primo album ‘Vision Divine’ e il secondo dei Rhapsody, ‘Symphony Of Enchanted Lands’, come le sue migliori prestazioni su disco. Su ‘Vision Divine’ infatti ci sono diversi brani come ad esempio ‘Forever Young’ cantati di petto, in cui ha tirato fuori una potenza vocale incredibile. Credo che comunque abbia toccato il top sul nuovo album, anche per il fatto che qui spazia per tutti i suoi stili vocali e tonalità”.

SEGUO I VISION DIVINE DAL PRIMO ALBUM E DAI PRIMISSIMI VOSTRI LIVE. SE DEVO ESPRIMERE UN’OPINIONE, FABIO AGLI INIZI CANTAVA MOLTO BENE SU DISCO MA DAL VIVO NON CONVINCEVA. ORA INVECE È ECCEZIONALE ANCHE DAL VIVO.
“Vedi, fare il cantante non è facile. Lui è stato il primo cantante in Italia a venire sfruttato al massimo. Sempre impegnato tra registrazioni e tour, un ragazzo di ventiquattro anni, senza manager… ha dovuto farsi la sua esperienza. Ora ha una maturità del tutto diversa e per questo dal vivo non fa più performance sotto le righe. Capita anche a lui di non essere al top ma in quei casi dice ‘ok non sono in forma, lì non ci vado, perché se ci vado mi faccio male'”.

FABIO LIONE, ROBERTO TIRANTI E MICHELE LUPPI… TU HAI SEMPRE AVUTO CANTANTI DI UN CERTO SPESSORE…
“Me li sono cercati… quando ancora erano sconosciuti. Non li ho presi da band famose. Con Fabio ho iniziato a fare musica che eravamo ragazzini. Michele ok, era conosciuto nella sua zona perché è un gran cantante ma discograficamente non era noto. Mi diedero del pazzo quando scelsi lui per ‘Stream Of Consciousness’. Mi dissero: ‘prendi qualcuno di più famoso!’ e in effetti Metal Blade mi propose qualche cantante internazionale di grido. Tutta gente che però assicurava la prestazione su disco ma non dava alcuna garanzia per quanto riguarda la parte live e a me serviva qualcuno disponibile anche per i concerti, oltre che bravo”.

SENTI ANCORA MICHELE?
“Sì, l’ho sentito anche di recente. Non siamo gli amiconi che si sentono tutti i giorni ma siamo tranquilli. Chiaro che qualcosa sia successo, è sempre così quando due musicisti si separano. Pubblicamente non è il caso di rendere noti i propri affari ma sono comunque cose che poi si superano. Abbiamo parlato anche del passato e, rianalizzando certe cose, ci siamo trovati più d’accordo di prima”.

POTRESTE SEMPRE FARE UN’ALTRA BAND O PROGETTO…
“No guarda, ho già due band! Basta, non ce la farei, sono a posto così (ride, ndR)!”.

DELLA COMPOSIZIONE DI “DESTINATION SET TO NOWHERE” COME AL SOLITO TI SEI OCCUPATO PRINCIPALMENTE TU?
“Io, Fabio e Alessio, il tastierista che ora ha una buona esperienza alle spalle. A me non piace molto sottolineare chi ha composto cosa e chi ha fatto cosa e perché. Ok, io porto il riff, l’idea e il concept ma poi serve sempre una buona band alle spalle, altrimenti non ci fai nulla. Non credo nelle cosiddette ‘one man band’. Spesso quelli più in ombra come il Bix (Alessandro “Bix” Bissa – batteria, ndR) o il Tower (Andrea “Tower” Torricini – basso, ndR) sono i musicisti che poi fanno il lavoro importante… insomma, l’architetto può anche progettare la casa ma se i muratori fan cagare, la casa viene giù (ride, ndR)!”.

CHIARISSIMO!
“Io ormai credo di essere abbastanza riconoscibile per quello che faccio, quindi voglio dare il merito di questo album alla band, che ha lavorato duramente”.

VUOI INVECE PARLARCI DEL CONCEPT SU CUI SI BASA “DESTINATION SET TO NOWHERE”?
“Abbiamo sempre scritto concept a sfondo filosofico su temi quali il significato della vita. Questa volta non volevamo ripeterci e io in particolare mi sono sentito più toccato da tutte le porcate che ci stanno combinando i politici. Tra tasse, benzina, affitti e altro, credo che la gente comune sia proprio nella merda in questo periodo. Tutte le volte che accendo la televisione mi sento preso per il culo da certe facce di merda… io sono totalmente apolitico e credo che la politica sia una cosa di tipo massonico, che è loro e si passano tra di loro, punto e basta. Viviamo in un mondo rovinato da questa gente e inquinato. Se fosse possibile e avessi i soldi per farlo, me ne andrei. ‘Tenetevi il vostro pianeta che avete distrutto’. Ecco cosa farei. Sono partito dunque dall’idea di queste persone che decidono di costruire una astronave chiamata Elpis (nome della Dea greca della speranza), una specie di arca, e se ne vanno dalla Terra. In cerca di cosa? Fondamentalmente nulla, se non la speranza di trovare un posto migliore. La nave vaga senza meta e i viaggiatori dopo un po’ perdono la speranza, al punto che il protagonista ha delle visioni e si sente un po’come Ulisse in cerca di Itaca. Sogna quindi un angelo (ecco quindi nei testi l’angelo che questa volta non abbiamo messo in copertina) che gli mostra dove andare  ma lo avverte che quello che troverà non sarà così bello come crede. Il giorno dopo trovano un pianeta bellissimo, enorme e pronto per essere abitato. Dopo un anno, però, nonostante i viaggiatori fossero persone moralmente integerrime, a causa della natura avara, ingorda e aggressiva dell’uomo questa piccola società si spacca di nuovo in piccole comunità che entrano in conflitto tra loro per il territorio e quant’altro. Il protagonista dunque realizza che l’avidità è nella natura stessa dell’uomo e decide di lasciare anche quel pianeta, impostando come rotta ‘destinazione ignota’. Il concept rappresenta il fatto che non è lasciando tutto e andandosene che si può avere una vita migliore. Sarebbe possibile vivere meglio solo se tutti fossimo realmente migliori. Le leggi e la polizia servono perché quando siamo una massa siamo pericolosi e dunque abbiamo bisogno di qualcosa che ci imponga delle limitazioni. A livello utopistico basterebbe essere onesti e più generosi e le leggi non servirebbero”.

HAI ACCENNATO AL FATTO CHE IN COPERTINA QUESTA VOLTA NON C’È L’ANGELO. NOTO CHE NON C’È NEMMENO IL VOSTRO LOGO CLASSICO. COME MAI?
“È stata un’idea di Edel, la nostra nuova casa discografica. Prima di firmare per loro, avevamo registrato una demo con quattro brani e l’avevamo spedita a varie etichette. Ovviamente poi abbiamo scelto quella che ci aveva fatto l’offerta migliore e Edel è una major…  hanno un modo di lavorare molto meticoloso, chiedono di continuo aggiornamenti agli artisti e quando gli abbiamo dato il master del disco, sono rimasti sorpresi. Secondo loro era il nostro miglior album di sempre e così, visti i casini con la produzione del precedente disco e la guerra dei cantanti, che poi è una cosa tipicamente italiana e sudamericana, ci hanno proposto di cambiare tutto. L’idea era far in modo che già dalla copertina si capisse che si trattava di qualcosa di diverso rispetto al precedente album. Questo non significa che in futuro non ci saranno più il logo o l’angelo sull’artwork, è solo che per questo album anche a me è sembrata una buona idea procedere con qualcosa di nuovo”.

COME MAI COME INTRO HAI SCELTO “S’IO FOSSE FOCO” DALLA POESIA DI CECCO ANGIOLIERI?
“Fa parte dei miei retaggi del liceo classico… nonostante il significato della poesia sia un po’ più gioviale, rappresenta bene un personaggio che se ne va dalla terra appunto pensando: ‘se io fossi fuoco arderei il mondo, se fossi vento lo tempesterei, se fossi acqua lo annegherei’ e così via. Rappresenta in poche righe il suo disprezzo per un pianeta che vuole abbandonare. Per lasciare qualcosa per sempre, credo ci debbano essere delle emozioni di un certo tipo. Io inoltre ho sempre fatto molta attenzione ai testi di scrittori come Pirandello o Petrarca, quindi questa poesia era anche in linea con il nostro stile. Su disco è stata interpretata dallo scrittore e doppiatore Leonardo Patrignani, ex cantante dei Beholder, dove era conosciuto col nome di Patrick Wire”.

COME DATE LIVE, STATE PREPARANDO UN TOUR?
“Stiamo ricevendo molte richieste e ci fa molto piacere. Ci siamo fermati per un anno proprio per concentrarci sulla scrittura del nuovo album. Non lo facevamo dai tempi di ‘Stream Of Consciousness’. Ora Edel ci sta proponendo dei tour europei e stiamo valutando le varie possibilità”.

SAREBBE IL VOSTRO PRIMO TOUR…
“In Europa sì. Siamo stati in Sud America o in Cina ma in Europa abbiamo fatto solo date singole. In passato eravamo anche castrati dalla dicotomia Rhapsody-Labyrinth e i Vision Divine venivano sempre visti dalle etichette come un side project. Pensa che il primo album dei Vision Divine aveva venduto talmente tanto che venne ritirato dal mercato dalle case discografiche che nei vari paesi stampavano sia Rhapsody che Labyrinth che Vision Divine. Arrivati alla soglia di vendita di guardia, in diversi stati ritirarono il CD dal mercato, perché per questioni contrattuali dei musicisti coinvolti non volevano che un progetto parallelo superasse le band principali. All’epoca ci incazzammo come iene, ma questo è il music business”.

RICORDO ANCHE I PROBLEMI CHE EBBE FABIO PER CANTARE CON I VISION DIVINE, QUANDO I RHAPSODY ERANO SOTTO LA MAGIC CIRCLE DI JOEY DEMAIO.
“Assolutamente… diciamo che DeMaio non voleva che Fabio cantasse con i Vision Divine. Inizialmente, dopo aver preso i Rhapsody, fece un’offerta anche ai Vision Divine. Parlò con me al telefono due volte ma io rifiutai la proposta. Al di là del fatto economico, a me non è mai piaciuto come persona. Lo ritengo un… diciamo ‘un uomo piccolo’… lo conosco al di fuori dei mutandoni di pelle e mi spiace per quelli che credono che sia duro, crudo e true ma in realtà è uno dei peggiori businessman che si possano incontrare. Basta vedere cosa ha fatto ai Rhapsody… la stessa cosa in altre dimensioni voleva farla con noi: i Vision Divine di partenza sarebbero dovuti stare fermi per almeno due anni da contratto. È stato il motivo per cui Fabio all’epoca fu costretto a lasciare i Vision Divine. DeMaio non gli avrebbe mai permesso di finire di registrare ‘Stream Of Consciousness’, di cui avevamo già completato quattro brani”.

PRIMA HAI ACCENNATO A GROSSI DATI DI VENDITA DEL PRIMO ALBUM, “VISION DIVINE”. ATTUALMENTE QUAL È IL DISCO DI MAGGIOR SUCCESSO SU CUI HAI SUONATO?
“Il primo Vision Divine… ha venduto cifre enormi, rapportato al fatto che era nato come side project. Ci ha permesso di avere oggi un contratto con Edel, che è una major. Non mi piace fare cifre, perché la musica non si misura in cifre, ma posso dire che altri hanno sbandierato ai quattro venti numeri decisamente inferiori. Il motivo per cui quel disco è stato meno pubblicizzato, era che Vision Divine doveva essere un progetto parallelo, con album che uscivano di tanto in tanto. Difatti il secondo, ‘Send Me An Angel’, uscì solo tre anni dopo”.

C’È QUALCHE ARTISTA IN PARTICOLARE CON CUI TI PIACEREBBE COLLABORARE?
“Ray Alder dei Fates Warning. Per me non esiste il cantante più bravo in assoluto. Faccio fatica a fare paragoni ma Ray Alder per quello che ha cantato e quello che ha scritto… ha un calore, un’estensione e una tecnica incredibili. Per me è perfetto. Mi piacerebbe fare un pezzo con Fabio e Ray Alder in duetto”.

IN CASA LABYRINTH INVECE SI MUOVE QUALCOSA?
“Abbiamo avuto una lunga attività live fino all’anno scorso. Ora invece stiamo iniziando a lavorare a del materiale nuovo”.

È IPOTIZZABILE QUINDI UN NUOVO ALBUM DEI LABYRINTH NEL 2013?
“No, al momento non so. Io non pianifico nulla, registro e poi vedo. Se c’è interesse, allora si fa. Io come musicista mi sento soddisfatto e con la saturazione del mercato che c’è ora, non ritengo che si debba fare un disco per forza. Se lo faccio, deve essere qualcosa che mi diverte, che dà soddisfazione e che interessa. Nel momento in cui non interesserà più quello che faccio, chiuderò”.

TU SEI MUSICISTA PROFESSIONISTA O FAI ANCHE ALTRO?
” Oltre a Vision Divine e Labyrinth faccio tutte cose che hanno a che fare con la musica. Insegno, ho insegnato anche musica alle elementari lo scorso anno nel periodo di stop per le composizioni del nuovo album dei Vision Divine, e di tanto in tanto produco dischi per band esordienti. Mi piace lavorare con band giovani, per cercare di dar loro un indirizzo artistico, anche se hanno un budget limitato. Cerco di mettere al loro servizio la mia esperienza”.

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