Si può dipingere, con pennellate vivide fatte di un’amalgama validissima di black metal ed orchestrazioni, un affresco in grado di coprire parte della storia (più o meno recente) russa? Si e – cosa ancora più particolare, da un certo punto di vista – si può farlo utilizzando sia il russo sia l’italiano nei testi: ce lo dimostrano i Voland, duo bergamasco che, arrivato al terzo EP, “Voland III: Царепоклонство – Il culto degli Zar” ci ha stupito per brillantezza nell’ispirazione e capacità di coniugare epicità e toni anneriti a livello musicale, in linea con alcuni tra gli episodi più drammatici accaduti nella terra dalle gelide steppe. Ne abbiamo parlato con entrambi i musicisti, Rimmon ed Haiwas, facendoci raccontare nel dettaglio come è nato quest’ultimo lavoro e quali ispirazioni abbiano tratto dal fermento culturale ed artistico in Russia dei secoli scorsi. Buona lettura!
BENVENUTI SU METALITALIA.COM! QUATTORDICI ANNI DI CARRIERA, UN NOME PARTICOLARE: CI RACCONTATE QUALCOSA IN PIÙ SU DI VOI?
– Rimmon: Grazie dell’invito! I Voland nascono nel 2007 come progetto in studio di duo black metal. Sin da subito la musica è andata verso il sottogenere melodico, atmosferico, con una componente sinfonica che è cresciuta nel tempo. Il nome viene dalla letteratura, da “Il Maestro e Margherita” di Mikhail Bulgakov, dove il dottor Woland è lo pseudonimo che Satana usa mentre visita Mosca. Il tema dell’occulto era una delle possibili idee di partenza per i primi testi, in linea con i canoni del genere black metal, ma scegliemmo quasi subito di prendere invece una direzione che ci pareva più originale, passando dalla letteratura alla storia, sempre comunque in ambientazione russa.
LA VOSTRA MUSICA SI DISTINGUE PER ALMENO DUE PARTICOLARITÀ: LA PRIMA È SCELTA DI CANTARE IN ITALIANO E IN RUSSO, CHE SICURAMENTE NON È NÉ SCONTATO NÉ TANTOMENO SEMPLICE. EPPURE SIETE RIUSCITI, SPECIALMENTE CON IL VOSTRO ULTIMO EP, “VOLAND III: ЦАРЕПОКЛОНСТВО – IL CULTO DEGLI ZAR”, AD AMALGAMARE BENE LE DUE LINGUE, DONANDOGLI SFUMATURE DIVERSE SECONDO LE SENSAZIONI E GLI STATI D’ANIMO (SOLENNI, MINACCIOSI, TRAGICI, VIOLENTI) ESPRESSI DI VOLTA IN VOLTA NELLE CANZONI. COME SIETE ARRIVATI A QUESTA IDEA E CHE DIFFICOLTÀ AVETE INCONTRATO (LINGUISTICHE, DI METRICA) IN FASE DI SCRITTURA?
– Rimmon: Il tutto nasce dalla voglia di raccontare storie legate alla Russia, senza tuttavia dover fingere di essere noi stessi originari di là. Usiamo l’italiano come lingua principale dei nostri testi, spesso con la funzione di voce narrante degli eventi. Essendo la nostra lingua madre i testi risultato più espressivi e ricchi di sfumature. Il russo invece rappresenta la voce diretta dei personaggi citati di volta in volta, il loro punto di vista. La stesura dei versi russi l’abbiamo risolta nel modo più semplice: dando voce ai loro poeti. In passato abbiamo citato versi di Majakovskij, ne “Il Culto degli Zar” sono presenti Evtushenko e vari autori, ci sembra il modo migliore di tributare artisti che si sono espressi su temi che hanno appassionato altri prima di noi.
VISTO CHE SIETE RIVOLTI VERSO GLI URALI, CHE TIPO DI FEEDBACK, SE NE AVETE AVUTI, AVETE RICEVUTO DALLA RUSSIA?
– Rimmon: Reazioni contrastanti, comprensibilmente la cosa maggiormente dibattuta sono i testi più che la musica. Da molti riceviamo complimenti e li vediamo piacevolmente stupiti nell’apprendere di cosa cantiamo. Altri sono più critici, forse gli fa strano sentire degli stranieri che parlano del loro Paese e della loro storia. Negli ultimi decenni in Russia circola un forte nazionalismo e il clima corrente di guerra fredda non aiuta ad allargare le vedute. Alla fine quel che conta davvero è l’apertura mentale delle persone, basterebbe questo per godersi semplicemente la musica.
LA SECONDA PECULIARITÀ CHE SI EVIDENZIA ASCOLTANDOVI È CHE L’ELEMENTO SINFONICO ED ORCHESTRALE NON È TANTO UN ‘RIEMPITIVO’ O UN SOTTOFONDO, MA DIVENTA PARTE INTEGRANTE DELLE CANZONI, DIVENTANDO ANCH’ESSO UNO STRUMENTO PER DIPINGERE LO STRAZIO DELLA GUERRA O L’OPULENZA MOLLE DELLA MONARCHIA. QUALI SONO STATE LE VOSTRE ISPIRAZIONI IN QUESTO CAMPO, PER L’ULTIMO LAVORO E PER QUELLI PASSATI, ED IN CHE MODO ESSE SI RIFLETTONO NEL VOSTRO MODO DI SUONARE?
– Haiwas: Essenzialmente, sia in “Voland II” che in “Voland III” l’orchestra è spesso la parte portante dei pezzi. “Voland I”, con tutti i limiti della sua produzione, era fortemente ispirato alla musica di Sergei Prokofiev e in particolare alla colonna sonora del film “Alexander Nevsky” di Sergei Eisenstein. La citazione di Prokofiev diventa particolarmente esplicita in un pezzo come “Il Lago dei Ciudi”. “Voland II” ha un approccio all’orchestrazione decisamente più avanzato. Lo stile in quel caso è più marcatamente ‘epico’. “Voland III” è forse il top del nostro lavoro sulle orchestrazioni perché racchiude un mix di musica epica, musica folclorica russa, musica cosacca e altre influenze miste.
BLACK METAL E ORCHESTRAZIONI SONO, PER MOLTI VERSI, AMICI DI VECCHIA DATA. LO SONO ANCHE PER VOI, A LIVELLO DI ISPIRAZIONE?
– Haiwas: Il grande punto di forza dell’orchestra, ma anche del pianoforte, è che consente di ottenere armonie e sonorità che sono impossibili da realizzare con le chitarre. Questo dà un valore aggiunto e arricchisce la musica. Tuttavia, non penso che i Voland siano assimilabili al symphonic black vero e proprio (dai Dimmu Borgir in giù, per capirci), questo perché abbiamo sempre cercato di unire la ricerca sui temi delle canzoni con una parallela ricerca musicale. Quindi l’orchestra non vuole essere genericamente ‘epica’ ma dare un vero e proprio contributo alle atmosfere evocate nei testi.
PARLIAMO PIÙ NEL DETTAGLIO DEL VOSTRO ULTIMO LAVORO, CHE ARRIVA A DISTANZA DI QUATTRO ANNI DAL PRECEDENTE. COSA È SUCCESSO NEL FRATTEMPO? QUANDO AVETE COMINCIATO A LAVORARCI E A REGISTRARLO?
– Rimmon: il lavoro principale lo abbiamo svolto nel 2019/20, considerato l’impatto della componente orchestrale moltissimi sforzi sono andati in quella direzione. Il lavoro è stato completato con la registrazione delle voci, mix e master presso lo studio Media Factory di Esine e siamo molto soddisfatti dal sound finale.
Prima del disco nuovo avevamo inoltre deciso di fare un altro passo avanti e aprirci alla dimensione dei concerti dal vivo, cose infattibile fino a pochi anni fa. Ci hanno supportato Geu al basso e Riccardo Floridia (Sojourner, Atlas Pain) alla batteria, con loro abbiamo fatto alcune date bellissime e abbiamo scoperto che i nostri vecchi brani possono funzionare bene anche dal vivo se riarrangiati a dovere.
SICURAMENTE SE PENSIAMO ALLA STORIA DEGLI ZAR RUSSI IL MATERIALE È TANTISSIMO, PERÒ AVETE SCELTO DI CONCENTRARVI SU ALCUNE VICENDE CHE EVIDENZIANO COME LE FIGURE DEI REGNANTI POSSANO DIVENTARE OGGETTO DI CULTO (QUASI) RELIGIOSO, AFFOGANDO – PRIMA O DOPO, MA INEVITABILMENTE – NEL SANGUE. CHIARAMENTE PENSANDO AL TITOLO DELL’EP LA PRIMA COSA CHE MI È VENUTA IN MENTE È STATA LA STORIA DELLA FAMIGLIA ROMANOV, PERÒ LEGGENDO LE NOTE CHE ACCOMPAGNAVANO L’ALBUM HO VISTO CHE AVETE SPAZIATO IN LUNGO ED IN LARGO. POTETE RACCONTARCI QUALCOSA IN PIÙ? COME AVETE LAVORATO PER RENDERE PERSONAGGI COME APPUNTO GLI STESSI ROMANOV (PER “CASA IPATIEV”), IVAN IL TERRIBILE (PROTAGONISTA DI “TERZA ROMA”, CHE PER ME È DAVVERO UNO DEI BRANI MIGLIORI DEL VOSTRO REPERTORIO) O STEPAN RAZIN (IN “PROMONTORIO”) IN MUSICA?
– Rimmon: su ognuno dei quattro brani potrei scrivere molto, per fortuna sono pochi e noi siam musicisti, non storici! Abbiamo provato a dare voce a tutti i protagonisti delle storie narrate, ad esempio in “Casa Ipatiev” abbiam preso spunto dal discorso di insediamento di Nicola II e ripreso alcuni versi dell’inno zarista, seguiti da altre strofe dove invece si cantavano le ragioni dei bolscevichi e il perché delle loro azioni. “Promontorio” è un collage di poesie popolari e dialoghi teatrali di vari autori russi, abbiamo cantato con le loro parole un personaggio storico fondamentale nel folklore russo, Sten’ka Razin, una sorta di Robin Hood in rivolta contro i soprusi della nobiltà; paradossalmente lui credeva di fare anche gli interessi dello zar, castigando chi male amministrava in suo nome, ma venne sconfitto e giustiziato proprio per ordine di Alessio I. “Suite Russe” si nutre delle contraddizioni della Russia pre-rivoluzionaria, con una classe dirigente agiata troppo presa dalle proprie frivolezze per accorgersi della sofferenza del popolo, è il brano che più di tutti favorisce amari parallelismi con il presente. Infine c’è “Terza Roma”, che a causa del suo ritornello epico rischia di passare per un brano celebrativo dello zar Ivan IV, in realtà anche qui abbiamo cercato di mettere in campo le voci più controverse che circondavano questo monarca. Ad esempio abbiamo attinto nuovamente all’accoppiata Eisenstein-Prokofiev, citando il film “Ivan il Terribile” e la scena della danza degli Oprichniki, le guardie scelte nonché sicari dello zar, dove questi si vantano dei delitti commessi per conto del loro padrone. Ivan era decisamente un personaggio ‘metal’!
QUESTO LAVORO È USCITO IN UN MOMENTO DELICATISSIMO PER LA SCENA MUSICALE, IN BILICO TRA UN ANNO E MEZZO DI STOP FORZATO E TANTE INCERTEZZE PER LA RIPRESA DEI LIVE. VOI AVEVATE/AVETE IN PROGRAMMA DEI LIVE? COME AVETE VISSUTO QUESTO PERIODO?
– Rimmon: Al momento siamo sparpagliati per mezza Europa ma ci stiamo organizzando per fare almeno qualche data nella seconda metà dell’anno. Non sarà semplice ma crediamo nella voglia di tutta la scena di rimettersi in piedi!