Una band “on fire”. Una delle rivelazioni del 2011 per il pubblico italiano, che li ha scoperti da spalla ai System Of A Down e li ha incoronati in un meritato sold out all’Alcatraz di Milano. Un gruppo atipico, che ha avuto la forza di imporsi con il proprio stile personale, un passo alla volta sino al tour a supporto dei Metallica e al meritato successo europeo ed internazionale. Un approfondimento imprescindibile quello coi Volbeat, raggiunti dai nostri microfoni nel backstage della data meneghina: qui sotto la trascrizione della nostra chiaccherata col batterista della band Jon Larsen, personaggio dietro ai riflettori (tutti per il frontman e principale compositore Michael Poulsen) ma da sempre dietro le pelli del gruppo…
IL VOSTRO ULTIMO ALBUM E’ IL PIU’ ‘DIVERSO’ DI SEMPRE, PIU’ ORIENTATO AL RIFF, PIU’ ‘METAL’. L’AVETE FATTO DI PROPOSTO?
“In parte. Non entriamo in studio con una visione ben precisa di solito. Michael arriva con del materiale e si costruisce sopra quello. E’ capitato che alcuni pezzi siano stati scartati da Michael stesso perchè giudicati non all’altezza. Ho suggerito personalmente del materiale riff-oriented, ma in prima risposta Michael mi ha guardato come se fossi un idiota, anche se poi è tornato con la struttura di quella che sarebbe diventata ‘Who They Are’. Si tratta comunque di un’eccezione al regolare processo compositivo. A volte arrivano pezzi pop, altre volte più metal, resta cosa certa che ‘Beyond Heaven/Above Hell’ è uno degli album più eterogenei che abbiamo mai concepito”.
‘FALLEN? E’ DEDICATA AL PADRE DI MICHAEL: E’ DIFFICILE PER LUI SUONARE QUELLA CANZONE DAL VIVO?
“A mio parere è la canzone più personale che abbia mai scritto. Perdere il padre è stato un duro colpo per lui, l’abbiamo visto davvero abbattuto per un certo periodo. Il suo modo per affrontare la situazione è stato scrivere un pezzo e dedicarlo alla memoria del genitore scomparso. Dovreste chiedere direttamente a lui le sensazioni che prova a suonarla ogni sera, quello che posso dirvi è che molti dei nostri fan sono rimasti colpiti dalla canzone, e si sono identificati in essa”.
CI SONO ANCHE DEGLI OSPITI PARTICOLARI NELL’ALBUM. LE CANZONI SONO STATE SCRITTE APPOSITAMENTE PER LE LORO VOCI?
“Immagino ti riferisca a Barney Greenway dei Napalm Death e Mille Petrozza dei Kreator. Conosciamo Mille da moltissimo e si è sempre dichiarato un fan dei Volbeat. Si presenta ogni volta che passiamo a suonare in Germania, quindi ha risposto al volo alla richiesta di collaborare su un nuovo pezzo. Lo stesso vale per Barney, che si è da subito dimostrato disponibilissimo. ‘Evelyn’ è quindi nata pensando espressamente alla voce di Barney, perchè necessariamente doveva avere un certo feeling vicono ai Napalm Death. Micheal ha detto che lo voleva su quelle note dalla prima volta che ci ha fatto sentire il riff. Su ‘7 Shots’ abbiamo pensato brevemente di far suonare anche la chitarra a Mille, ma ci siamo poi indirizzati su una collaborazione esclusivamente a livello vocale, andando a sfruttare la sua voce particolare. Per le chitarre abbiamo chiamato Michael Denner dei Mercyful Fate, anche lui entusiasta della collaborazione sin dal primo giorno. Abbiamo il meglio da tutto il mondo!”.
AVETE MAI PENSATO DI ANDARE IN TOUR CON NAPALM DEATH, KREATOR O KING DIAMOND/MERCYFUL FATE?
“Potrebbe essere divertente, non lo nego. A parte il discorso di chi debba fare da headliner/co-headliner, la loro musica (specialmente quella dei Napalm) potrebbe essere davvero troppo estrema per il nostro pubblico. Ne abbiamo parlato una settimana fa direttamente con Barney, in Inghilterra, giungendo a queste precise conclusioni. Stesso discorso per Kreator e Mercyful Fate. Sarebbe divertente? Certo che si. Funzionerebbe? Non so”.
PARLIAMO DELLO STILE PARTICOLARE CHE ADOTTATE NELLE COPERTINE: CHI LE DISEGNA E DA DOVE ARRIVA IL SOGGETTO?
“L’idea iniziale arriva sempre dalla mente di Michael. Da dove prenda le sue idee non lo so precisamente. E’ stato facile mettere la figura del criminale sulla copertina di ‘Guitar Gangsters’, perchè 7-8 canzoni dell’album parlano della storia di questo malavitoso”.
PERCHE’ SEMPRE VERDE E NERO?
“Quelli sono i Type O Negative, non i Volbeat!”.
LA MUSICA DEI VOLBEAT HA UN SUONO E DELLE VIBRAZIONI SENZA TEMPO: SIETE STATI TUTTI ESPOSTI A SONORITA’ SIMILI DURANTE IL VOSTRO PERCORSO MUSICALE?
“Agli inizi, scrivendo le nostre prime canzoni, non avevamo idea di come poter definire il nostro suono. Michael sapeva che voleva suonare quello che piaceva a lui. E’ ovvio che abbiamo preso da influenze individuali. Tutti sanno che Michael è un fan di Elvis e Johnny Cash. Tutti sanno che è anche un grande fan dei Metallica. Non è stato però decretato dal giorno uno che dovevamo fare una mistura perfetta delle sonorità di quelle band. Un sacco di gente, soprattutto in principio, ci ha paragonato ai Life Of Agony. La nostra risposta fu: ‘chi cazzo sono i Life Of Agony?’. Nessuno di noi aveva mai sentito un solo pezzo dei Life Of Agony, tanto che ci siamo fatti prestare qualche CD del gruppo, senza peraltro trovare tutte queste affinità”.
PARLIAMO DELLA TUA ESPERIENZA PERSONALE: QUAL E’ IL TUO PRIMO RICORDO MUSICALE E QUAL E’ STATO IL TUO PRIMO CONTATTO COL METAL?
“Il mio primo ricordo musicale probabilmente è una ninna nanna, cantata per farmi addormentare. Il metal l’ho scoperto nei primi anni ‘80, con ‘The Number Of The Beast’. Di sicuro il primo album che ho mai acquistato è stato ‘Piece Of Mind’, nel lontano 1983. A un certo punto, con l’esplosione della NWOBHM ho sentito il bisogno di qualcosa di diverso, di più semplice, e ho scoperto band come i Sex Pistols e i Ramones, che mi hanno influenzato moltissimo”.
ESSENDO LE VOSTRE INFLUENZE TANTO PARTICOLARI PER UNA METAL BAND AVETE MAI PENSATO AD UN ALBUM DI COVER?
“Sarebbe troppo facile. Io e Michael la pensiamo allo stesso modo: ci sono certi gruppi che non si toccano. Non penso voglia mai fare una cover di Elvis, perchè nessuno è in grado di raggiungere certi livelli. Non faremo mai una cover dei Metallica perchè non sappiamo suonare come loro. Non farei mai una cover dei Ramones perchè solo un gruppo al mondo può suonare come i Ramones, e sfortunatamente questo gruppo si è ritirato molti anni fa. Le canzoni che abbiamo scelto di coverizzare sono canzoni che ci sentiamo di poter riprodurre al meglio, col nostro stile, e sono di artisti che il nostro pubblico non si aspetterebbe, perchè è più interessante così”.
E’ VERO CHE I VOLBEAT USANO MENO EFFETTI POSSIBILI SUL PALCO?
“Non posso scendere troppo sul tecnico perchè non sono un chitarrista, ma sostanzialmente è vero. Nulla di troppo invasivo, una strumentazione ridotta all’osso. La mia batteria ha dei trigger, ma per una questione di acustica”.
DOPO TUTTI QUESTI ANNI IN TOUR PENSI CHE I VOLBEAT STIANO FINALMENTE GUADAGNANDO LA REPUTAZIONE CHE SI MERITANO?
“Lo spero! Negli ultimi 2-3 anni i posti dove suoniamo stanno diventando sempre più grandi. Anche in Italia, abbiamo suonato l’estate scorsa davanti a un grande pubblico e questa sera il concerto è sold-out. Suoniamo anche nei festival più famosi d’Europa, c’è di sicuro un riconoscimento”.
ANNI FA SUONASTE IN UN PICCOLO PUB VICINO A COMO, DI SICURO AVETE FATTO UN BEL BALZO IN AVANTI…
“…Como, era a Como! Ne stavamo giusto parlando prima, e nessuno di noi riusciva a ricordarselo! C’erano 50, massimo 80 persone, ma è stata comunque una bella serata”.
UNA BELLA MANO VE L’HANNO DATA SICURAMENTE I METALLICA, CON CUI AVETE SUONATO IN PIU’ OCCASIONI. QUAL E’ IL TUO RICORDO MEMORABILE DEL VOSTRO TOUR ASSIEME?
“La sola nostra presenza è un ricordo fantastico. Vedere come fanno i grandi. Abbiamo una produzione importante, con molte persone a seguito, ma i Metallica sono la più grande metal band del pianeta, quando si apprestano ad andare in tour è come assistere ad un’operazione militare. E’ affascinante vedere come si muove una macchina di tali dimensioni, dal momento in cui l’arena apre le porte a quando c’è da smontare il palco. Solo guardare è un’esperienza fuori dal comune. Incontrare i ragazzi della band inoltre, parlare con loro, è un’esperienza memorabile, ma lo è allo stesso modo fare una passeggiata nell’enorme arena, vedere con quale fluidità, velocità ed efficienza le operazioni si svolgono”.
LARS PARLA COSI’ TANTO ANCHE QUANDO NON HA UN MICROFONO DAVANTI?
“Non so davvero. Veniva a salutarci ogni sera in camerino, ci invitava a fare un giro con lui ma accadeva sempre 5 minuti prima che salissimo sul palco, quindi non abbiamo potuto approfondire troppo la nostra relazione”.
SEI IL PIU’ VECCHIO DELLA FORMAZIONE: COME CI SI SENTE?
“E’ così, sono il nonnino. Ho l’età che ho non ci posso far nulla, per me è normale, me la cavo ancora bene a mio parere!”.