VOLBEAT – Metal per le masse

Pubblicato il 20/01/2022 da

Partiti ormai vent’anni fa con uno strano di miscuglio di metal e rockabilly, nel giro di qualche album i danesi Volbeat hanno seguito le orme dei Metallica, arrivando a conquistare la vetta della classifica in madrepatria e conquistando le simpatie anche al pubblico meno avvezzo a sonorità più heavy. Se nel loro caso non c’è un vero e proprio “Black Album” a fare da spartiacque (anche se “Outlaw Gentlemen & Shady Ladies” ha aiutato la svolta mainstream), è innegabile che negli ultimi anni la formula si sia ammorbidita, trovando l’apice in questo senso nel precedente “Rewind, Replay, Rebound”. Comprensibile quindi che con l’ultimo “Servant Of The Mind” i quattro volessero recuperare un po’ di pesantezza pur senza rinnegare la loro anima più orecchiabile. Impresa per quanto ci riguarda assolutamente riuscita, di cui abbiamo avuto di discutere con Jon Larsen, batterista e unico membro fondatore rimasto insieme al leader maximo Michael Poulsen.

IL NUOVO DISCO SEMBRA PIU’ AGGRESSIVO RISPETTO AL PRECEDENTE…
– Sì, in realtà con “Rewind, Reply, Rebound” avevamo in mente di registrare un disco più rock, mettendo da parte i pezzi più heavy, mentre stavolta abbiamo riportato il metal in copertina. Credo uno dei motivi sia anche il fatto che prima di registrare il disco Michael ha preso parte a diversi podcast ripercorrendo la storia della band e parlando del nostro background musicale, che per tutti noi quattro (compreso ovviamente Rob Caggiano) è più estremo rispetto a quanto suoniamo abitualmente coi Volbeat. Penso tutto questo abbia influenzato il processo compositivo, anche se poi è venuto tutto in modo molto naturale, probabilmente anche più dei precedenti.

PER QUESTO AVETE PREVISTO UN OMAGGIO AGLI ENTOMBED?
– E’ nato abbastanza per caso. Michael è arrivato con questo riff che suonava molto ‘swedish death’, così quando siamo entrati in studio lui e Jacob (Hansen, produttore ndr) si sono detti che dovevamo trovare il pedale che tutti i chitarristi della scena usavano a fine anni ’80/inizio anni ’90, ovvero l’Heavy Metal HM2 della Boss. Alla fine lo hanno trovato, penso proprio tra la vecchia strumentazione di Michael, e visto che LG era scomparso da poco ci è venuto spontaneo dedicare a lui questo pezzo.

QUAL E’ IL TUO DISCO PREFERITO DEGLI ENTOMBED?
– Probabilmente i primi due dischi, “Left Hand Path” e “Clandestine”.

DA DOVE NASCE L’ISPIRAZIONE PER I TESTI PIU’ ‘SPETTRALI’?
– La storia delle streghe alla base di “Lasse Birgitta” nasce da un fatto storico avvenuto in Svezia qualche secolo fa. Mentre stavamo lavorando alla canzone ci siamo detti che serviva un testo più heavy, quindi a Michael si è acceso un ricordo di qualcosa che aveva letto tempo fa, è andato a documentarsi ed è uscito così il testo.

SO CHE SEI ANCEH TU SEI APPASSIONATO DI HORROR…
– Sì, il mio film preferito in assoluto è “Lo Squalo”, anche se da molti non è considerato un horror. Nel genere direi sicuramente il primo “Halloween”, “Venerdì 13”, “L’esorcista” e “Frankestein”.

COSA NE PENSI DI “HALLOWEEN KILLS” (secondo film della ‘nuova’ saga – l’intervista si è svolta ad inizio novembre, ndr)?
– In generale non mi è dispiaciuto, anche se credo l’abbiano tirato un po’ per le lunghe e alcune scene come quella in ospedale sono un po’ inutili. Ad ogni modo è solo il secondo della trilogia, quindi aspetto il terzo per valutarlo meglio.

SE NON SBAGLIO APPREZZI MOLTO ANCHE IL NOSTRO FULCI…
– Sì, Fulci è uno dei miei registi preferiti in assoluto, ha fatto dei film veramente meravigliosi come “Don’t Torture” (“Non si sevizia un paperino” in italiano, ndr), un film del 1972 che all’epoca fece un sacco discutere perchè parlava della Chiesa cattolica.

AVETE REGISTRATO UNA COVER PER IL TRENTENNALE DEL “BLACK ALBUM”: COM’E’ ANDATA?
– Sì, ci ha contattato il management dei Metallica per proporci una cover e devo dire che all’inizio eravamo parecchio esitanti, dato che toccare un masterpiece come quello rappresenta veramente un grosso rischio. Quando alla fine ci siamo convinti a provare abbiamo escluso categoricamente classici come “Sad But True” o “Enter Sandman”, per cui quando ci hanno proposto “Don’t Tread On Me” Michael si è preso un weekend per pensarci sopra e decidere se accettare o meno l’offerta. Il lunedì poi è entrato in studio dicendo a ciascuno di noi cosa fare, e devo dire che il risultato non è affatto male: si sente ancora che sono i Metallica ma c’è il nostro trademark. Ci abbiamo dovuto pensare un po’ prima di decidere, ma vedendo le reazioni della gente sembra che alla maggior parte degli ascoltatori sia piaciuto, quindi bene così.

QUAL E’ IL TUO ALBUM PREFERITO DEI METALLICA?
– Una dura lotta tra “Ride The Lighting” e “Master Of Puppets”. Li ho presi entrambi quando uscirono, quindi sono sicuramente tra gli album che mi hanno più formato, per questo è difficile scegliere. Quando poi la gente all’epoca del “Black Album” mi parlava dei Metallica, la mia risposta era “Li ho visti quando ancora c’era Cliff Burton”, anche se all’epoca avrà avuto quattordici o quindici anni, quindi non è che mi ricordi chissà che (risate, ndr).

AVETE DA POCO FESTEGGIATO IL VENTESIMO ANNIVERSARIO: NESSUNA CELEBRAZIONE SPECIALE?
– Avevamo qualche idea in mente, ma poi è arrivato il Covid-19 a scombinare tutti i piani. Ora comunque siamo concentrati sul nuovo album, magari a questo punto se ne riparla per i venticinque!

SIETE DA POCO STATI IN TOUR AMERICA: COM’E TORNARE A SUONARE DAL VIVO?
– Sì, sono state neanche tre settimane, ma è stato veramente bello poter tornare a suonare dal vivo e non solo in sala prove. Eravamo un po’ arrugginiti ma l’energia del pubblico ha fatto la differenza. A gennaio dovremo tornare in America con i Ghost e i Twin Temple, poi credo sarà di nuovo la stagione dei festival per cui abbiamo già qualche data confermata in Inghilterra e Germania. Dopodiché speriamo di poter finalmente tornare ad un vero tour da headliner.

COM’E’ CAMBIATO IL VOSTRO PUBBLICO NEGLI ANNI?
– C’è un buon mix ora, dal metallaro classico alle famiglie coi bambini. La stessa cosa è successa ai Metallica dopo l’uscita del “Black Album”, ma credo sia normale per tutte le band quando raggiungono un certo livello di popolarità.

QUANDO APPENDERAI LE BACCHETTE AL CHIODO, COME VORRESTI ESSERE RICORDATO?
– Semplicemente per essere stato parte di una band capace di far divertire la gente e suonare alla grande dal vivo, tutto qui.

VISTO CHE APPREZZI DIVERSI GENERI: QUALI SONO I TUO BATTERISTI PREFERITI IN AMBITO METAL, PUNK E ROCK?
– Sul metal direi un mix tra Nicko McBRain e Dave Lombardo. Per il punk probabilmente Markey Ramone, perchè ha perfezionato lo stile dei Ramones che Tommy aveva inventato (pur non essendo nato come batterista). Nel rock direi un mix tra Ringo Starr, Charlie Watts e Neil Peart dei Rush.

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