VOLBEAT – Misantropia e rock’n’roll

Pubblicato il 11/06/2025 da

I Volbeat ormai sono una band che non ha bisogno di presentazioni, ma per i più distratti ecco un breve riassunto delle puntate precedenti: partiti discograficamente vent’anni fa con un peculiare mix di metal e rockabilly (da molti definito come ‘Elvis metal’), hanno conquistato la natia Danimarca e il resto del mondo a partire da “Outlaw Gentlemen & Shady Ladies”, quinto album in assoluto e primo registrato con Rob Caggiano, capace di entrare nella vetta della Billboard Chart (primo gruppo danese a riuscirci dopo gli Aqua a fine anni Novanta).
Nei dieci anni e tre album successivi la formula è restata grossomodo la stessa, finché l’uscita del chitarrista ex Anthrax due anni fa ha di nuovo rimescolato le carte in tavola, lasciando il frontman Michael Poulsen e il batterista Jon Larsen come gli unici due membri storici superstiti.
E così che, in occasione l’uscita dell’ultimo “God Of Angel Trust”, abbiamo avuto modo d’incontrare proprio lo storico motore ritmico della band danese, personaggio tanto talentoso dietro le pelli quanto introverso nella vita di tutti i giorni: un musicista lontano dalla vita da rockstar, a differenza di un suo più famoso connazionale e collega di strumento, ma dotato di un umorismo tipicamente nordico.

QUANDO ENTRATE IN STUDIO AVETE GIA’ TUTTO PRONTO O QUALCHE VOLTA VI CAPITA D’IMPROVVISARE?
– In genere organizziamo tutto e proviamo insieme quattro-cinque mesi prima di entrare in studio, così da ottimizzare i tempi.
Ovviamente ci può essere qualche piccola variazione sul tema in corso d’opera, ma cerchiamo di essere sempre molto efficienti dato che affittare uno studio di registrazione ha dei costi significativi. Lavoriamo così da sempre: ad esempio abbiamo registrato il nostro penultimo album in poco più di due settimane e questo in tredici giorni.

QUAL E’ STATO L’ALBUM PIU’ COMPLESSO DA REGISTRARE?
– Credo sia stato “Outlaw Gentlemen & Shady Ladies”, per una serie di motivi che ora per fortuna ho rimosso. Probabilmente uno di questi era il fatto che era la prima volta in cui registravamo con Rob Caggiano: ovviamente ciascuno di noi aveva il suo modo di lavorare e quindi ci è voluto un po’ di tempo per conoscerci meglio e trovare la giusta chimica tra di noi.
Come dicevo io non ho ricordi specifici di quelle sessioni, anche perchè dopo aver registrato le mie parti non ero più presente in studio, ma Jacob Hansen, il nostro produttore, ogni tanto mi ricorda che solo per la batteria ci abbiamo messo tre settimane, quindi penso nel complesso ce ne siano volute almeno una decina, che per i nostri standard è tantissimo.
Come dicevo era importante trovare il giusto equilibrio sulle modalità di lavoro con Rob (in quell’occasione impegnato anche in veste di produttore insieme a Jacob Hansen, ndr), ma alla fine abbiamo avuto la conferma che per noi non è il caso di passare troppo tempo in studio.

IN DANIMARCA SIETE DELLE CELEBRITA’: COM’E’ LA VITA DA ROCKSTAR TRA UN TOUR E L’ALTRO?
– Di fatto ormai il tempo tra un tour e l’altro lo passiamo in famiglia, visto che abbiamo tutti dei figli più o meno grandi che non vediamo spesso, mentre con i ragazzi della band siamo insieme 24/7 durante i tour.
Devo dire che quando sono a casa è bello poter tornare a fare cose normali come buttare la spazzatura, e poi ho la fortuna di non essere un volto così noto, quindi posso andare dal fruttivendolo tranquillamente. Di tanto in tanto mia moglie dice che qualcuno mi guarda incuriosito o mi capita di scambiare qualche battuta con un fan, ma non è un problema. D’altro canto ormai tutti noi viviamo lontano dalla capitale; io ad esempio sto ad un’ora da Copenaghen e credo di andarci due o tre volte all’anno: troppa gente e troppe auto, molto meglio la vita di campagna!

C’E’ QUALCOSA DI ESOTERICO IN QUESTO ALBUM, ALMENO A GIUDICARE DAI TITOLI E DALL’ARTWORK…
– Me lo stanno chiedendo in tutte le interviste: sicuramente a livello di testi ci sono dei riferimenti, anche se non scrivendoli io non saprei andare nel dettaglio. Alcuni aspetti credo siano più personali ed altri frutto della fantasia, ma di sicuro non è legato all’attualità, dato che Michael (Poulsen, cantante e chitarrista, ndr) praticamente non guarda mai i telegiornali.

AVETE GIA’ SCELTO QUALI CANZONI DEL NUOVO ALBUM PORTERETE IN TOUR?
– In realtà le abbiamo inserite tutte quante nelle prove per il tour americano che ci vedrà impegnati da giugno a novembre, e l’idea è di suonarle dal vivo tutte e dieci se pur mescolate in momenti diversi. Magari ci rendiamo conto che qualcuna funziona meno bene di altre dal vivo, ma per ora appunto vogliamo provare a suonarle tutte, visto che abbiamo un sacco di date a disposizione.

DOPO TANTI ANNI ON THE ROAD, COME E’ CAMBIATO L’APPROCCIO AI TOUR?
– Stavolta è facile trovare la carica dato che è praticamente da due anni che non suoniamo dal vivo, al netto di qualche show speciale – tipo un paio di date con gli Iron Maiden l’anno scorso.
Per il resto, anche se sono passati quasi venticinque anni, sento sempre l’entusiasmo giovanile quando suoniamo dal vivo, a prescindere che sia davanti a poche decine o diverse migliaia di persone, anche perchè essendo musica live per quanto ti prepari prima al meglio può sempre succedere qualcosa d’imprevisto durante lo show.

QUAL E’ LA COSA PIU’ BIZZARRA SUCCESSA DURANTE UNO SHOW?
– In genere ci sono un sacco di piccoli errori mentre suoniamo, ma cose perlopiù di cui ci accorgiamo solo noi, ed ovviamente io sono quello più a rischio, perchè se sbaglio poi mando fuori tempo tutti gli altri.
Una volta, tanti anni fa, in Germania Michael ha attaccato suonando “The Human Instrument”, ma io ero sicuro che l’avessimo già suonata così ho iniziato a fargli no con la testa dicendogli di passare alla prossima, finché non si è girato urlandomi in faccia “HU-MAN INST-RU-MENT”, al che ho guardato la setlist e mi sono reso conto che aveva ragione lui (risate, ndr).
Un’altra volta mentre stavamo suonando “Gates Of Babylon”, che all’inizio ha un giro armonico delle due chitarre, ma non so per quale motivo usciva un suono tipo un gatto che cammina sui vetri rotti; abbiamo riprovato un paio di volte ma era veramente pessima, salvo poi renderci conto che il guitar tech aveva sbagliato chitarra così che Rob era su un’accordatura e Michael su un’altra e Kaspar (Boye Larsen, bassista, ndr) chissà cosa stava suonando.
A parte questo, è capitato a volte d’inciampare sul palco o cose del genere, ma direi niente di davvero clamoroso.

SENTI ANCORA LA PRESSIONE DURANTE I LIVE?
– In qualche modo la pressione c’è sempre, sia durante i nostri show da headliner che quando suoni di spalla a qualcuno.
Ad esempio quando abbiamo accompagnato i Metallica in concerto per la prima volta, sono rimasto impressionato vedendo la location dove avremmo suonato in Canada, un posto da cinquantamila persone con il classico palco circolare e la gente stipata in mezzo. Durante il pre-show ammetto di aver sentito un po’ di emozione al pensiero della folla oceanica che ci sarebbe stata quella sera, ma una volta saliti sul palco ci siamo resi conto che nel pit circolare non c’era praticamente nessuno, dato che i die hard fan dei Metallica erano lì soltanto per vedere gli headliner e quindi sarebbero arrivati solo dopo il nostro show.
Allo stesso modo suonare davanti al pubblico degli Iron Maiden non è mai facile, soprattuto in posti ‘caldi’ come il Sud America, ma anche in quel caso posso dire che è andata bene dato che ci siamo fatti conoscere a un po’ di gente, e poi ho visto almeno due ragazzi con la maglietta dei Volbeat (risate, ndr).

CONOSCEVI GIA’ LARS ULRICH PRIMA DI SUONARE DI SPALLA AI METALLICA?
– Non mi pare lo avessimo mai incontrato prima di suonare con loro, ma ricordo che fu lui a sceglierci come gruppo spalla quando suonarono in Danimarca dopo aver chiesto in giro quale fosse il gruppo danese più quotato in quel momento.
Nello specifico incontrammo Lars dopo lo show, mentre James Hetfield venne a salutarci prima dicendo che apprezzava il nostro ‘Elvis metal’ e poi è rimasto a vedere almeno metà dello show, quindi quando un paio di anni dopo ci hanno chiesto di accompagnarli in tour credo la cosa sia partita proprio da lui. Lars comunque ha suonato con noi quando abbiamo tenuto il nostro primo show in un stadio in Danimarca: non pensavamo avrebbe accettato quando glielo abbiamo chiesto, invece ha preso un aereo ed è venuto lì per un paio di giorni a suonare con noi, il che non era per nulla scontato.

A BREVE PARTIRA’ IL “GREATEST OF ALL TOURS”, UN TITOLO MOLTO ENFATICO: A QUANDO UNA DATA ITALIANA?
– Al momento non è prevista, ma sono sicuro che aggiungeremo altre date il prossimo anno in Europa. Per quanto riguarda la scelta del titolo non l’ho decisa io, ma non credo per noi abbia senso parlare di un ‘greatest hits tour’ o cose del genere, anche perchè non abbiamo la discografia dei Metallica o dei Maiden.
In passato abbiamo provato a riproporre qualcosa dai nostri primi album, anche perchè spesso la gente ce lo chiede, ma quando lo abbiamo fatto è stato come se stessimo suonando nudi sul palco, dato che la maggior parte del pubblico ci guardava in modo strano e sembrava non conoscere quelle canzoni.
Per questo dico che non ha molto senso per noi parlare di tour speciali, dato che le nostre scalette in qualche modo è come se già lo fossero.

FORSE POTRESTE FARE QUALCOSA PER IL VOSTRO VENTICINQUESIMO ANNIVERSARIO…
– Una decina di anni fa si era parlato di qualcosa per il quindicesimo ma poi non si fece nulla, e anche per l’anno prossimo che festeggeremo un quarto di secolo non abbiamo niente in programma, se non sentirci più vecchi (risate, ndr).

COSA E’ SUCCESSO CON ROB CAGGIANO E COME AVETE TROVATO IL NUOVO CHITARRISTA FLEMMING?
– Per l’uscita di Rob abbiamo rilasciato un comunicato stampa e non ho molto da aggiungere a riguardo, se non che i matrimoni a volte possono finire ma ci siamo lasciati in modo del tutto amichevole.
Per quanto riguarda Fleming (C. Lund, ndr), lo conoscevamo già da tempo anche se non ricordo da quanto (ci pensa un po’, ndr)… Credo semplicemente Michael lo abbia chiamato dato che suonavano insieme negli Asinhell (progetto parallelo di Poulsen, ndr) e gli ha chiesto se ci andava di darci una mano in studio visto che eravamo senza un chitarrista, e così abbiamo registrato il disco insieme ed ora sarà in tour con noi.

HAI DEGLI AMICI NEL MUSIC BUSINESS?
– In realtà, no. Qualche anno fa mi hanno chiesto di suonare un pezzo punk rock con degli altri musicisti che conosco: sul momento ho detto di no, poi alla fine mi hanno convinto ma ci ho messo tre settimane per suonare un pezzo punk rock piuttosto semplice.
Alla fine è stato divertente provare con qualcuno di diverso dal solito, ma quando non sono con i Volbeat, come dicevo prima, preferisco restare lontano dalla musica.

I TUOI FIGLI SONO INTERESSATI ALLA MUSICA?
– No, per nulla. Non seguono i Volbeat e non ho idea di cosa ascoltino, se non che è qualcosa di terrificante per le mie orecchie. La cosa divertente è che da genitore ho le stesse reazioni alla loro musica di come le avevano i miei genitori quando a dodici anni ascoltavo i Kiss o gli Iron Maiden invece che i Beatles come volevano loro, quindi credo sia una questione ciclica.

TI CAPITA ANCORA DI ANDARE AI CONCERTI?
– Onestamente, quasi mai. Prima di tutto perchè sono davvero pigro, anche se di rado mi capita: credo l’ultima volta sia stata per Roger Waters, ma d’altronde tutte le band che amo le ho già viste diverse volte, e poi ho questa deformazione professionale per cui tendo a concentrarmi sulle luci o sulla resa del mixing, quindi finisce che non riesco a godermi lo show.
Col fatto di essere spesso in tour quando sono a casa al massimo ascolto un po’ di musica, ma se Paul McCartney dovesse passare di qui mi farò trovare pronto!

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