Blackie Lawless con i suoi W.A.S.P. ha sempre fatto discutere, in qualche modo. Sicuramente nella prima parte della propria carriera, offrendosi come alternativa realmente pesante e sanguinolenta all’hard rock losangelino e pieno di lustrini di moda allora: le polemiche con i media e i comitati contro violenza e contenuti sessuali lo puntarono come nemico numero uno. Passata quella bufera, il nostro ci ha provato anche negli anni Novanta con un disco controverso ma indimenticabile – nel bene o nel male – come “Kill Fuck Die” e relativo tour con – più o meno – simboliche uccisioni di maiali e lo stupro simulato di una suora, ovviamente tutto sul palco.
Magari con un po’ meno clamore, Blackie riesce sempre a far parlare di sé in qualche modo anche più di recente, con tour celebrativi o più semplicemente con opinioni politiche piuttosto forti come l’endorsement al presidente Trump. Da parte nostra, in attesa del pluri-rimandato concerto italiano – fissato per fine mese presso il Live Club di Trezzo sull’Adda (MI) – abbiamo avuto l’occasione di scambiare quattro chiacchierare al telefono e – opinioni estreme a parte – il buon Blackie si è dimostrato un grande narratore di aneddoti e di temi filosofici.

Fotografo: Cesare Macchi | Evento: Leyendas del Rock 2018 | Luogo: Spagna
DIREI CHE POSSIAMO PARTIRE CON QUALCOSA DI MOLTO SEMPLICE. E’ ARRIVATO IL MOMENTO DI CELEBRARE IL PRIMO ALBUM, PORTANDOLO IN TOUR. ERA SUCCESSO SOLO PER “THE CRIMSON IDOL” FINORA. PERCHE’ CREDI SIA ARRIVATO IL MOMENTO GIUSTO?
– Non c’è un motivo preciso, ma diciamo che quando abbiamo celebrato il quarantesimo anniversario della band ho iniziato ad avere questo tipo di idee. A differenza di molti altri gruppi, non l’avevamo mai fatto: nel tempo non abbiamo mai abusato di questo tipo di spettacoli celebrativi, quindi perché no? Il disco è considerato un classico, ma allo stesso tempo un po’ di dubbi sul risultato li avevo, ma tutto si è dissolto dopo un paio di show. E’ stata una scelta giusta. Io mi sto divertendo moltissimo in questo ultimo anno! D’altronde, il disco l’ho scritto io, so di avere creato dei bei pezzi, ma gli artisti non ‘sentono’ gli album come lo fa il pubblico. Ci ricordiamo tutti dove eravamo e con chi stavamo quando abbiamo ascoltato certe canzoni per la prima volta, quelle che poi ci cambiano la vita. I musicisti che li scrivono, quei dischi, non hanno questo tipo di privilegio e questo momento catartico. Io l’ho avuto nei primi spettacoli di questo tour, vedendo le reazioni del pubblico.
A QUESTO PUNTO, A SENTIRE IL TUO ENTUSIASMO, MI VIENE SPONTANEAMENTE DA CHIEDERTI PERCHE’ TROVI ANCORA RILEVANTE ANDARE IN TOUR, FARE DISCHI E ANCHE SEMPLICEMENTE PASSARE DEL TEMPO AL TELEFONO CON QUALCUNO AL DI LA’ DELL’OCEANO PER UN’INTERVISTA…
– Una sola parola: passione. Non è davvero più complicato di così: se si è abbastanza fortunati da nascere con una qualche passione che poi ti accompagna tutta la vita, stiamo parlando di un vero e proprio dono.
HAI MAI AVUTO UN QUALCHE MOMENTO IN CUI AVRESTI VOLUTO MOLLARE TUTTO? MAGARI QUANDO DOPO “THE CRIMSON IDOL” IL MERCATO E’ CAMBIATO COMPLETAMENTE E IL PUBBLICO SI STAVA ORIENTANDO VERSO ALTRI STILI?
– No, mai, proprio per la passione di cui ti ho parlato. Ci sono stati momenti in cui la situazione contingente magari non ci ha permesso di fare quello che volevamo nel modo più appropriato, ma quando parliamo di passione vera, non sei tu a sceglierla ma in qualche modo è lei che sceglie te. Usando un modo di dire: quando mi alzo la mattina e mi infilo le scarpe, sono le scarpe a portarmi avanti e decidono dove andare. Io non faccio altro che seguirle. E’ un modo di vivere magari inusuale, ma è di sicuro il mio. E’ la passione ad avermi guidato nella mia vita fino a questo punto.
HO SEMPRE VOLUTO CHIEDERTI QUALCOSA DI STUPIDO RIGUARDO AI FILM A CUI HAI PARTECIPATO NEGLI ANNI ’80. MI RIFERISCO OVVIAMENTE A “GHOULIES”, PER CUI VENNE FATTO UN VIDEOCLIP PER “SCREAM UNTIL YOU LIKE IT”, MA SOPRATTUTTO AL DIMENTICATO “DUNGEON MASTER”, DOVE HAI PROPRIO FATTO L’ATTORE SUONANDO NEL FILM LA VERSIONE STORICA DI “TORMENTOR”… CHE RICORDI HAI DI QUELLE ESPERIENZE?
– Quando abbiamo partecipato a “Dungeon Master” non avevamo ancora un contratto discografico. Il regista aveva sentito parlare di noi perché in quel momento ci stavamo facendo notare parecchio a Los Angeles, anche grazie ad un grosso articolo del Los Angeles Times. Riuscì a contattarci e ci offrì la parte nel film. Le immagini che usiamo ancora oggi quando suoniamo “Tormentor” sono quelle del film, non di un videoclip come è invece stato girato per “Ghoulies”, in cui poi noi facciamo parte del cast vero e proprio.
HO SEMPRE VISTO I W.A.S.P. COME UNA BAND DECISAMENTE SOPRA LE RIGHE, PUR NEL PROPRIO GENERE. HAI SEMPRE SPINTO PER SPETTACOLI PIU’ ESTREMI, PER UN SUONO PIU’ PESANTE, UN’ATTITUDINE PIU’ SCIOCCANTE DI MOLTISSIME ALTRE BAND DI LOS ANGELES E, PIU’ IN GENERALE, STATUNITENSI.
FORSE I W.A.S.P. NON HANNO RAGGIUNTO VETTE DI POPOLARITA’ COME QUELLE DEI MOTLEY CRUE O DI ALTRI NOMI ANCHE PER QUESTO. TE NE SEI MAI RESTO CONTO?
– Sì, certo. Se avessi preso strade più commerciali, avrei dovuto appoggiarmi al sistema delle radio in quegli anni. In inglese si dice “si vive grazie alla radio, si muore con la radio”. Quando ho firmato il mio contratto di management con Ron Smallwood, ho adottato la stessa strategia degli Iron Maiden. Non appoggiarsi solo alle radio, ma costruirsi un seguito concerto dopo concerto. La gente si è affezionata a noi perché abbiamo portato la nostra musica in giro, nelle loro città. Avremmo potuto essere più legati ai singoli sulle radio, ma poi ne saremmo diventati dipendenti e non è mai stato quello che volevo. Il mio istinto mi ha sempre guidato in altre direzioni. Altri magari hanno avuto più successo, sicuramente, ma se siamo ancora qui a parlarne dopo più di quarant’anni…
“THE CRIMSON IDOL” (CONCEPT ALBUM DEL 1992, NDR) E’ UNA STORIA VERA E PROPRIA E HA UNA COMPONENTE NARRATIVA IMPORTANTISSIMA. NON SI TRATTA SOLO DI UNA SERIE DI CANZONI. HAI MAI PENSATO DI SCRIVERE PER ESTESO QUESTA STORIA IN UN LIBRO O PENSATO DI TRASFORMARLO IN UNO SPETTACOLO DI QUALCHE GENERE? HAI MAI RICEVUTO OFFERTE PER FARLO DIVENTARE UN FILM O UNA SERIE?
– Siamo stati vicini a portarlo in tour, ma non nel modo classico. Ho pensato a piccoli show, massimo duecento persone. Qualcosa di molto intimo, tutto acustico, magari da solo. Dietro di me, le immagini del cortometraggio (si riferisce alle immagini e alle visual di “Re-idolized” del 2018, uscite nella ristampa celebrativa dell’album, ndr). Alla fine dello show vorrei tornare sul palco e discutere “The Crimson Idol” e rispondere alle domande, anche per un paio d’ore. Lo farò prima o poi, in un numero limitato di città – magari una ventina – ma lo farò. Il pubblico sarà quello degli affezionati e vorranno sicuramente parlare di “The Crimson Idol”.
LE BAND SONO COME FAMIGLIE A VOLTE, SOPRATTUTTO SUL LUNGO TERMINE. PERIODI BELLI, PERIODI BRUTTI, PERIODI DI CAMBIAMENTO. SE TI GUARDI INDIETRO, CI SONO MOMENTI CHE VORRESTI CAMBIARE IN QUALCHE MODO?
– Frank Sinatra in “My Way” dice “rimpianti, ne ho un po’, ma troppo pochi per menzionarli”. E’ un po’ il mio modo di vedere le cose. Se parliamo di gruppi che durano almeno un paio di decadi, tutti hanno periodi storti e periodi di successo. E’ un continuo saliscendi, un viaggio continuo. Se c’è sempre la passione che abbiamo citato, ti sosterrà nei momenti di difficoltà o di dubbio. Ma anche nei periodi di apparente successo: la pressione spesso è un fattore importante e non sempre semplice da gestire. Mi ritengo fortunato, più di altri, ad essere sopravvissuto agli anni Novanta, un periodo molto difficile. Non sapevamo davvero se le nostre carriere sarebbero finite o meno. Però le persone ricordano la musica e nel mio caso, i nostri album sono sopravvissuti nel tempo. Direi che le band sono come dei matrimoni – con più persone contemporaneamente – e come tali hanno periodi buoni e altri meno buoni. Funziona davvero così.
DURANTE GLI ANNI 80 I W.A.S.P. ERANO SINONIMO DI MUSICA SCIOCCANTE. I TUOI SCONTRI CON LA CENSURA DI ALLORA SONO TUTTORA CELEBRI. ORA COME VEDI QUEL PERIODO E COME VEDI GLI STATES ADESSO? NE E’ PASSATA DI ACQUA SOTTO AI PONTI DAL PRMC DI TIPPERY GORE… (IL FAMOSO COMITATO CONTRO LA MUSICA ROCK E METAL GUIDATO DALLA MOGLIE DEL FUTURO VICEPRESIDENTE AL GORE, NDR).
– Come artista ho davvero vissuto il problema della censura, al tempo. Ora, il recente assassinio di Charlie Kirk dimostra che il problema è ancora attuale. Non mi interessa davvero quali fossero le sue idee o cosa dicesse, mentre il punto importante, fondamentale, è se avesse o meno il diritto di dire ciò che pensava. Ci sono molte persone, negli Stati Uniti e nel mondo, che sono d’accordo con l’idea della censura. Il diritto di parola non è pensato per tutelare pensieri comuni e accettati, ma per permettere l’esistenza di opinioni scomode o non accettate. Dire cose che tutti accettano non è un problema per nessuno. Affrontare argomenti scomodi invece porta a dire che non si deve discutere di certe tematiche. Spesso ce ne accorgiamo dopo qualche anno, non sul momento. In modi differenti, tu ed io riportiamo fatti e opinioni. Vediamo il mondo attorno a noi, ascoltiamo persone e ne parliamo. Io nei miei dischi, tu con le tue interviste. Se qualcuno ci zittisce e ci porta via questa possibilità, è un problema. L’idea di censura spunta ogni due o tre decadi, in una sorta di schema. La Seconda Guerra Mondiale è nata anche per tutelare la libertà di parola e contro l’autoritarismo.
PENSI CHE CIO’ CHE ERA SCIOCCANTE ALLORA SIA PASSATO DI MODA O, PEGGIO ANCORA, SUPERATO DALLA REALTA’ DI OGGI? COME VIVI ADESSO LE TEMATICHE PIU’ ESTREME CHE I W.A.S.P. HANNO AFFRONTATO NEL CORSO DEGLI ANNI?
– Molti gruppi nascono dalla volontà dei teenager. Quando si ha quell’età, non si ha la comprensione completa degli argomenti che poi finiscono nelle canzoni e di quanto possono essere seri. Poi magari qualcosa succede – e accade spesso, credimi – e si rendono conto di ciò che può essere la morte reale, o la violenza reale. A quel punto, arriva una sorta di rivelazione e tutto cambia. Molte band black metal citano i W.A.S.P. come una ispirazione, tra l’altro, anche se non ho mai capito davvero perché. Noi abbiamo iniziato con certe tematiche perché era davvero parte del nostro senso dell’umorismo, per quanto esagerato. Parte del pubblico invece prese quello che facevamo fin troppo seriamente e divenne tutto surreale, ad un certo punto. Il punto di vista di molti musicisti cambia semplicemente con l’età e le esperienze e tutto, in qualche modo, finisce lì. Se invece diventano dei predicatori di sorta ed insistono nel portare avanti un certo tipo di messaggio, beh, allora a lungo andare un po’ pericoloso lo può diventare. La mia intera carriera invece si è sempre mossa con un presupposto diverso: non ho mai voluto dire alle persone cosa devono fare, mi basta farle pensare. Non mi interessa cosa debbano o non debbano pensare. L’arte è pensata per farci pensare, in fondo. Anche i fenomeni culturali più pop hanno un loro spazio di riflessione.
L’ULTIMO CONCERTO DI OZZY E LA SUA SUCCESSIVA MORTE POTREBBERO RAPPRESENTARE PER MOLTI MUSICISTI QUALCOSA SU CUI RIFLETTERE. NON TUTTI POSSONO O VOGLIONO FARE QUELLO CHE HA FATTO LEMMY CHE, E’ PRATICAMENTE MORTO SUL PALCO, SUONANDO DURANTE LA MALATTIA E QUASI FINO ALLA FINE. CON IL CONCERTO DI BIRMINGHAM CREDO CHE L’IDEA DI “CONCLUDERE” LA CARRIERA IN UN CERTO MODO STIA ENTRANDO NELLA TESTA DI MOLTI MUSICISTI. TU CHE DICI?
– E’ un tema molto interessante. Per ora non ci penso, onestamente. Mi ritirerò quando proprio non potrò più farcela fisicamente e per ora non è il caso. Ho visto B.B. King più volte nella vita e l’ultima volta ha suonato tutto il concerto da seduto. Però ha suonato così bene e con così tanta passione che ha gestito tutto in modo straordinario. Aveva più di 80 anni in quel momento. Mi piace pensare che farò così, quando avrò la sua età!


