La musica, da sempre, esiste per comunicare emozioni, facendole spesso risuonare con chi la ascolta. Se vogliamo, è proprio in ciò che stanno sia l’urgenza primaria che il fine ultimo, ed è proprio per questo che la musica dei Wardruna colpisce nel profondo: la loro capacità di mettere in comunicazione un territorio ed il proprio bagaglio tradizionale e storico, con il resto del mondo – valicando latitudini, differenze culturali e parlando con una voce senza tempo – è qualcosa che stupisce ogni volta. Il nuovo “Kvitravn” non fa eccezione: nell’esplorare la contingenza umana attraverso il racconto tra mitologia norrena e spiritualità animistica, l’album dipinge panorami sonori fatti di strumenti antichi e vocalità maestose, arrivando inesorabilmente al cuore degli ascoltatori. Ne abbiamo parlato con Einar Selvik, principale mente e compositore dietro al progetto: le sue risposte ci mostrano un confine sempre più sbiadito tra musicista contemporaneo ed aedo di epoche lontane, impegnato nell’irrorare di nuova linfa le radici più arcaiche e renderle in grado di parlare ancora. Forse la magia, la forza e l’essenza stessa dei Wardruna risiedono proprio in esse.
CIAO EINAR, BENVENUTO SU METALITALIA.COM. PARLIAMO INNANZITUTTO DEL NUOVO ALBUM: IN CHE MODO “KVITRAVN” E LA TRILOGIA “RUNALJOD” SONO IN RAPPORTO? QUEST’ULTIMO LAVORO È UNA CONTINUAZIONE DEL TEMA ‘RUNICO’ O PIUTTOSTO UN NUOVO CAPITOLO, PER MUSICA E TEMATICHE?
– Credo che, a livello musicale, “Kvitravn” continui, in molti modi diversi, il percorso, riprendendolo dove la precedente trilogia si era fermata. Chiaramente c’è stata un’evoluzione, anche in me stesso come musicista, compositore ed essere umano, e questo si riflette nella musica- è naturale che sia così, anche se l’ispirazione ed il concept che è alla base sono gli stessi. Per me sono le tematiche che definiscono quali strumenti, suoni o linguaggio usare, dove e quando registrare. Da questo punto di vista il panorama sonoro è lo stesso di sempre: con i Wardruna ci siamo mossi nello medesimo mondo dei precedenti lavori, ma allo stesso tempo ci siamo immersi ancora più in profondità nei dettagli e nella sfera umana. Abbiamo cercato di descrivere più da vicino sia i diversi legami con la natura (o con gli animali) sia su cosa, partendo dalle antiche tradizioni, ci definisca davvero come esseri umani. Il modo in cui le persone si autodeterminavano nell’antichità era leggermente più complicato che la semplice presa di coscienza del corpo umano (con i suoi limiti) o della propria anima (se si è religiosi). In passato c’erano molti più livelli di definizione, e con quest’album ho cercato di esplorarli.
HAI USATO STRUMENTI O SPERIMENTATO MODI DIVERSI DI CANTARE IN QUESTO DISCO?
– Si, ho usato nuovi strumenti su quest’album, o meglio: potrei dire che ho usato delle varianti, ma comunque appartenenti alle stesse famiglie di già sentiti in precedenza. Questo si riallaccia al discorso che facevo prima sul continuo svilupparsi, sperimentare, migliorare, sicuramente adesso capisco meglio certe cose rispetto a dieci anni fa.
Per quanto riguarda il cantare, beh, sicuramente l’album è basato sulle armonie vocali, la metrica e la poetica anche sono molto centrali. Nell’ultima canzone, “Andvevarljod”, ho invitato un gruppo di cantanti tradizionali norvegesi, è stato importante per noi, per la nostra musica: il folklore popolare contiene tonalità vocali e melodie tradizionali che abbiamo usato spesso e volentieri in passato, ed avere come ospiti chi le tramanda come fanno queste donne, conservandoli per le generazioni future e contribuendo a diffonderle, è stato davvero un onore.
MA PER ESEMPIO, SOFFERMANDOCI ANCORA UN ATTIMO SULLA STRUMENTAZIONE, HAI O AVETE DOVUTO STUDIARE PER (RI)CREARLA O IMPARARLA A SUONARE?
– Beh, quando ho creato questo progetto – oramai vent’anni fa – non c’erano così tante persone che avevano familiarità con questi strumenti musicali, e giusto una manciata di essi li costruiva: in alcuni casi ho chiesto a loro, in altri ho dovuto fare da solo. Gran parte della mia ricerca (anche come artista) consiste nel cercare fonti archeologiche per la mia musica, visitando musei, parlando con archeologi e musicologi e cercando consiglio presso quegli artigiani che continuano a creare strumenti a fiato, corda o percussivi. Si, si è trattato di studiare molto, letteralmente, provando e sbagliando: devo ammettere che all’inizio gli strumenti che avevo costruito erano pessimi (ride, ndr)! Se però penso ad oggi, le cose sono cambiate: c’è molto più interesse verso queste mondo, molti più artigiani si sono dedicati a riscoprire tecniche e tipologie diverse raggiungendo dei livelli di maestria davvero alti, dal mio punto di vista è una cosa positiva.
LA MUSICA DEI WARDRUNA POTREBBE ESSERE DESCRITTA COME UN TENTATIVO ARCHEOLOGICO, QUASI FILOLOGICO, DI REGALARE AL MONDO ODIERNO MUSICA ANTICA; IL TUO INFATICABILE LAVORO NEL CERCARE DI FAR RIVIVERE QUELLA CULTURA (NORRENA O COMUNQUE TIPICA DEL TUO PAESE), NELLE MEMORIE DI CHI TI È CONTEMPORANEO SEMBRA PERÒ QUALCOSA DI PIÙ GRANDE E COMPLESSO CHE UN SEMPLICE SPUNTO SU CUI COMPORRE MUSICA. IN CHE MODO HAI COMINCIATO E PROSEGUITO QUESTO PERCORSO, E COME LA MUSICA DEI WARDRUNA RIENTRA IN ESSO?
– (Ci pensa, ndr) In un certo senso i Wardruna nascono proprio da questo vuoto, dal voler far sì che esistesse musica in grado di interpretare determinati temi e tradizioni con quegli stessi suoni e linguaggi con cui è stata creata tanto tempo fa. È stata questa esigenza personale a darmi l’impulso iniziale, e gli studi che ne sono susseguiti sono parte di essa. Rivedo nella tua descrizione molti aspetti dei Wardruna: è vero che, in un certo senso, è un progetto di musica ‘archeologica’, un viaggio nel passato, eppure, allo stesso tempo, non è mai stata mia intenzione di ricreare o copiare musica rigorosamente attinente a questo o quel periodo storico. Gli strumenti musicali che usiamo provengono da differenti epoche: dall’età della pietra a quella del bronzo, passando per il periodo vichingo, il Medioevo ed arrivando anche all’epoca moderna; cerchiamo di prendere qualcosa di vecchio e creare qualcos’altro di nuovo, contemporaneo, a partire da esso pur mantenendo un legame il più possibile vero e reale con il passato.
Non vedo quest’ultimo come qualcosa cui rimanere attaccato, preferisco fare in modo che ricordare canti e melodie antiche sia un seme piantato in grado di germogliare nel futuro.
COME UN PONTE TRA DUE MONDI, DUE EPOCHE?
– Si, in un certo senso sì: qualcosa di nuovo, ma con radici ancestrali, quasi senza età. Potremmo dire che è tipico di ogni cultura che ha un rapporto molto stretto con la natura: averla come nucleo pulsante è universale, senza limiti di spazio e tempo. Molte idee e credenze sono nate nello stesso ambiente che tutt’ora mi circonda e sono proprio queste che formano una sorta di patina ‘norrena’ che avvolge la musica dei Wardruna.
CREDO CHE QUESTA SIA UNA DELLE RAGIONI PER CUI LA VOSTRA MUSICA PARLI CON LA STESSA VOCE A CHIUNQUE LA ASCOLTI CON ATTENZIONE, COME DICEVI TU È UNIVERSALE PROPRIO PERCHÉ SUSCITA EMOZIONI O EVOCA PAESAGGI NATURALI, TROVANDO UN MODO DAVVERO UNICO DI ARRIVARE AL CUORE DELLE PERSONE.
– Beh, non è importante cosa hai da dire, ma anche come lo fai: se vuoi arrivare al cuore delle persone devi cantare e suonare col tuo cuore, nella maniera più genuina, spontanea ed onesta possibile. Credo sia una premessa imprescindibile.
RIMANENDO IN TEMA, LA MUSICA DEI WARDRUNA PUÒ CHIARAMENTE ESSERE APPREZZATA ASCOLTANDO GLI ALBUM, MA SPRIGIONA LA PROPRIA VERA ENERGIA QUANDO SUONATE DAL VIVO, MEGLIO ANCORA IN UNO SPAZIO APERTO, PROPRIO PER IL TIPO DI LEGAME CHE DESCRIVEVI POCO FA. PER QUESTO VOLEVO CHIEDERTI SE AVEVI UN POSTO PREFERITO IN CUI SUONARE E SE C’È UN LUOGO CHE SENTI COME ‘SACRO’ (PER STORIA, PER ENERGIA) ED IN GRADO DI ISPIRARTI PARTICOLARMENTE.
– La lista di posti che sento come ‘sacri’ è lunghissima (ride, ndr) ed è davvero difficile scegliere uno dei luoghi in cui preferisco suonare. Più in generale posso dirti che la scelta stessa di uno spazio in cui suonare live è stata fondamentale per noi sin dall’inizio: siamo sempre stati molto attenti nello scegliere una location, cercando quegli spazi che fossero in grado di completare, in qualche modo, la nostra musica, creando un’energia positiva sia per il pubblico che per noi che siamo sul palco. Questo binomio, musica-spazio, può assumere forme differenti: come dicevi tu è speciale suonare di fronte ad un cielo aperto – ma è logico, se ci pensi, proprio perché la nostra musica è connessa così intimamente con la natura. Non è una prerogativa, certo, è solo che così risuona meglio con l’ambiente intorno.
IN EFFETTI MI SEMBRA PREFERIATE LUOGHI APERTI O AL MASSIMO TEATRI E AFFINI, NON LOCATION PIÙ CLASSICHE ‘DA CONCERTO’ O STADI.
– In generale cerchiamo di evitare i classici locali da concerto, rock club (risate, ndr), ci abbiamo provato qualche volta in passato, come pure abbiamo suonato in alcune occasioni negli stadi (ed in quel caso ci sono voluti molti più sforzi per far risuonare, appunto, quel luogo con la nostra performance, ma non è impossibile). A volte questi ‘contrasti’ possono funzionare, però preferiamo cercare posti dove possiamo essere davvero i Wardruna.
LA STRADA DEI WARDRUNA E TUA, EINAR, COME MUSICISTA, HA PORTATO A DIVERSE COLLABORAZIONI CON IL MONDO DELL’ARTE: CINEMA, VIDEOGIOCHI E ALTRA MUSICA (PER ESEMPIO CON IVAR BJØRNSON DEGLI ENSLAVED). NE AVETE IN MENTE ALTRE, O PROGRAMMATE O CHE VI PIACEREBBE POTER ATTUARE?
– In questo momento, in verità, sono piuttosto concentrato sul mio lavoro artistico personale e con i Wardruna, ma se si dovessero presentare lungo il percorso delle proposte interessanti o particolarmente adatte ad essere amalgamate al nostro progetto. Sono piuttosto sicuro, anzi, che capiteranno ancora; hai menzionato il lavoro fatto insieme ad Ivar – ecco, mi è piaciuto davvero tanto quello che abbiamo creato e sono sicuro che in futuro avremo modo di unire nuovamente le forze quando sarà il momento migliore. Sono sempre aperto a nuove collaborazioni, però devo essere sicuro di sentire che è il momento giusto, devo sentire che posso fare un buon lavoro e al tempo stesso rimanere fedele alla mia integrità artistica. Ma chi lo sa cosa riserva il futuro?