Il nuovo album degli statunitensi epic metaller Warlord è ormai divenuto realtà, nonostante le numerose discussioni succedutesi sull’argomento da parte degli appassionati, e si può notare con piacere che il risultato generale raggiunto dal nuovo arrivato sia meritevole per qualità.
Per l’occasione, non ci siamo fatti mancare la possibilità di avere un confronto con l’ormai unico mastermind rimasto attivo in formazione dopo la scomparsa del chitarrista William J. Tsamis, ossia l’iconico batterista Mark Zonder, il quale ci ha tenuto a ribadire la sua visione in merito a determinati punti riguardanti non solo la musica, che comunque rimane sempre e comunque il fulcro delle argomentazioni trattate su queste pagine, ma tutto ciò che ruota attorno a quella che, seppur con qualche inciampo a livello di continuità, è divenuta una vera e propria realtà di culto per ogni defender che si rispetti; anche se, come nel caso di altri colleghi, si tratta pur sempre di un’entità rimasta parzialmente sepolta nella nicchia, nonostante un contributo a dir poco seminale per gran parte dell’heavy metal epico esistente. Buona lettura!
SONO PASSATI PIÙ DI DIECI ANNI DA “THE HOLY EMPIRE”, COM’È STATO LAVORARE SU UN NUOVO ALBUM A DISTANZA DI TEMPO?
È stato fantastico perché mi piace sempre lavorare sul materiale di Warlord. In realtà gran parte di quel materiale trova la sua origine in alcune tracce su cui Bill e io avevamo già iniziato a lavorare nel 2017.
Tuttavia lo definirei un processo agrodolce, dal momento che da un certo punto in avanti Bill non è più stato con noi, e ovviamente io non potevo semplicemente chiamarlo. Mi sento di dire che il suo spirito era presente e aleggiante tutto intorno a noi durante il lavoro, la stesura e la registrazione.
QUALE TI SENTIRESTI DI DESCRIVERE COME LA PRIORITÀ PRINCIPALE DURANTE IL PROCESSO DI SCRITTURA?
L’obiettivo principale era quello di mantenere l’essenza di quelli che sono i Warlord, e non un ipotetico progetto solista di Mark Zonder, mantenendo quindi lo stile e l’atmosfera dell’epico suono che ci ha permesso di ritagliarci una posizione.
Una delle parti più difficili era il continuo interrogativo riguardo ciò che avrebbe pensato Bill, dato che ci occupavamo insieme della band da più di quarant’anni, ma conoscendolo così bene avevo fortunatamente un’ottima idea riguardo ciò che avrebbe voluto. Inoltre, era importante mantenere intatto anche il sound e il ruolo svolto dalle chitarre, dalle tastiere e dalla sezione ritmica, incluso il mio personale contributo.
In poche parole, non volevo che il disco nuovo suonasse come qualcosa di contemporaneo o estraneo a ciò che i Warlord incarnano.
LA MORTE DI WILLIAM FERISCE TUTTI NOI, QUANTO DELLA SUA EREDITÀ PUÒ ESSERE RITROVATO NEL NUOVO ALBUM?
Tutto ciò che puoi percepire ascoltando l’album. I brani presenti sono vere e proprie canzoni su cui stavamo lavorando o su cui abbiamo lavorato in passato insieme a numerose idee. Chiaramente alcune parti dovevano essere sistemate e approcciate proprio in quanto parti ancora non amalgamate e sviluppate in canzoni vere e proprie. Lo stesso vale per i testi e le linee melodiche, dato che non tutte erano scritte o ultimate. In ogni caso, l’eredità di Bill qui è presente al cento per cento senza alcun dubbio.
CI SONO DUE CANZONI ORIGINARIAMENTE SCRITTE PER IL PROGETTO LORDIAN GUARD, COME SONO STATE TRATTATE E PERCHÉ SON STATE SCELTE PROPRIO QUESTE DUE?
Quello di cui la gente non si rende conto è che parte della musica di Bill fluttuava tra i Warlord e i Lordian Guard. Ricordo che quarant’anni anni fa Bill e io suonavamo musica in un piccolo magazzino a San Jose, in California, dove hanno preso forma numerose idee, alcune delle quali sono diventate canzoni dei Warlord, mentre altre hanno poi trovato posto nelle produzioni dei Lordian Guard.
Abbiamo selezionato quelle due canzoni perchè abbiamo ritenuto che sarebbero state perfette per l’album e, fondamentalmente, il grosso del lavoro verteva sul sostituire la drum machine con una vera batteria in pieno stile Warlord.
ABBIAMO DAVVERO APPREZZATO IL SOUND DELL’ALBUM, LE CHITARRE IN PARTICOLARE: TUTTO SUONA VECCHIA SCUOLA E AUTENTICO, SENZA RISULTARE ARTIFICIALE. ERA QUESTO L’EFFETTO RICERCATO?
Assolutamente sì! Come ho detto prima, era molto importante mantenere il suono il più vicino possibile alle nostre produzioni storiche. Sia Eric Juris alle chitarre che Jimmy Waldo alle tastiere hanno speso molto tempo a creare quello che poi sarebbe stato il risultato finale, per l’appunto il più in linea possibile con quanto fatto da noi in passato.
Inoltre, era fondamentale che non ci fossero parti di batteria campionate e che il tutto risultasse autentico e naturale, con quel retrogusto di metodologia old-school, senza banalissimi tagli sulla griglia o scorciatoie contemporanee.
SEI D’ACCORDO COL DIRE CHE SI TRATTI DEL VOSTRO ALBUM CON LA PIÙ GRANDE PRESENZA ORCHESTRALE E TASTIERISTICA?
In realtà il tutto risultava già presente nei demo composti da Bill e nelle precedenti tracce registrate. Noi ci siamo limitati a tenere il tutto nella misura pensata in precedenza, nonché accostabile a ciò che Bill avrebbe voluto.
LA FORMAZIONE DELLA BAND RAPPRESENTA DI FATTO QUALCOSA DI NUOVO: COME SONO STATI SELEZIONATI I MEMBRI DI INGRESSO RECENTE? HANNO PORTATO NELL’EQUAZIONE QUALCOSA DI PERSONALE?
Sapevo che avevamo bisogno di professionisti di prim’ordine. Non necessariamente i più grandi esecutori sulla piazza, ma devo dire che i ragazzi hanno capito davvero il suono e la direzione in cui si sarebbe dovuta muovere la band.
Philip Bynoe è nei Warlord dal 2014 circa, Giles invece è stata la scelta più naturale come cantante in quanto, oltre a essere stato a contatto coi Warlord per anni, si tratta anche di uno storico amico di Bill. Per quanto riguarda Jimmy Waldo, ho avuto modo di lavorare con lui all’interno della Graham Bonnet Band e sapevo che era il ragazzo perfetto per il ruolo. Per quanto riguarda le chitarre è stato più difficile, in quanto c’è stata molta gente che ci ha inviato del materiale, ma Eric si è davvero distinto e ha dimostrato di essere la soluzione ideale per la band. Inoltre, tutti loro hanno compreso che questo disco ruota attorno alla figura di Bill, non alla loro, che per questo è bene siano al servizio della canzone e della resa generale.
SI SA CHE SPESSO I FAN DEL METAL TENDONO AD ESSERE PIUTTOSTO CONSERVATORI NEI LORO GUSTI, CON POCA ATTENZIONE VERSO LA SPERIMENTAZIONE MUSICALE.
È STATO DIFFICILE SODDISFARE TE STESSO COME MUSICISTA E ALLO STESSO TEMPO FAR FELICI I FAN?
Sapevamo tutti che le esigenze o la volontà dei singoli non sarebbe stata il fulcro dell’opera. Eric, ad esempio, sapeva che il suo ruolo non era fare l’eroe della chitarra e che ogni strumento doveva occupare il giusto spazio per rendere al meglio il suono dei Warlord.
È stato facile perché tutti lo hanno capito sin dal principio e, ancora una volta, il tutto è stato reso per essere al servizio del suono e del risultato nello stile che era previsto l’album sfoggiasse in ogni passaggio.
SECONDO TE I VALORI DELLA MUSICA METAL SONO CAMBIATI RISPETTO AGLI ANNI ’80 E ’90?
Non ci penso molto in verità. Ovviamente la musica è cambiata e anche il modo di concepire tutte le varie attività commerciali a essa collegate. Ho la fortuna di essere cresciuto nell’era più grande e celebre del rock e del metal.
È solo la mia opinione, ma sembra che negli anni 80′ e 90′ i ragazzi fossero più preoccupati di essere in grado di suonare e scrivere grandi canzoni, anziché di avere duemila like sulla loro pagina facebook. Capisco che fa parte del business, ma forse sarebbe meglio fare un po’ di pratica e pensare allo sviluppo dell’abilità, anziché dei propri canali social.
PARLANDO DI FORMAZIONI RECENTI: PENSI CHE QUESTA NUOVA ONDATA DI BAND METAL TRADIZIONALI SARÀ MAI IN GRADO DI PRENDERE PIEDE ED ESSERE INFLUENTI COME LE BAND DEI PRIMI TEMPI?
No, non credo sinceramente. E questo non è perché non siano abbastanza bravi o capaci. Ha più che altro a che fare con il mondo della musica e il fatto che molti musicisti più attempati sono riusciti quantomeno ad avvicinarsi al successo anche perché l’etichetta credeva in loro ed era disposta a investire, oltre al fatto che il periodo era un altro, così come i trend del momento e le pieghe sociali.
Oggigiorno un approccio più in linea con la vecchia maniera renderebbe più facile per i fan conoscere nuove band. Senza contare che ai tempi le label tendevano a essere meno punitive, senza scaricare improvvisamente una band in caso di mancanza di successo, questo almeno parlando delle etichette più illustri e inserite nel music business.
Inoltre, è bene non dimenticare che i fan dell’heavy metal più glorioso tendono, per ovvi motivi, a risultare molto esigenti e decisamente poco inclini ad alcune trovate attuali, che spesso sfociano in produzioni metal campionate, plastificate e processate a livelli esagerate. La vera bellezza delle cose vecchie è che tutto nasceva da un bisogno autentico, nonché da un approccio genuino all’arte e al lavoro, così come al rapporto coi propri ascoltatori.