WAYFARER – Il violento West

Pubblicato il 26/02/2021 da

Gli americani Wayfarer, portabandiera assolutamente fieri di una terra dicotomica e piena di contraddizioni come il Colorado, sono infine sbocciati a prepotente fioritura, dopo qualche anno di interessantissima gavetta. Se con i primi due dischi, “Children Of The Iron Age” e “Old Souls”, editi entrambi per Prosthetic Records, la band si era messa in evidenza con il suo black metal pagano, atmosferico e decisamente seguace di una cult-band europea quale i Primordial, è con il passaggio alla Profound Lore che i Nostri hanno saltato l’ostacolo, personalizzando moltissimo il loro stile ed imbevendolo di sempre più marcate influenze country, americana e da colonna sonora, ovviamente dai toni morriconiani, considerando i paesaggi e le tematiche western che i Wayfarer trasudano e trasmutano in musica. Prima “World’s Blood” ed ora “A Romance With Violence” ci hanno mostrato un combo ispiratissimo, che si nutre di suggestioni antiche, quasi rustiche, e le trasporta (a cavallo, chiaro!) in un sound comunque moderno ed al passo con il black metal violento ma ragionato ed open-minded dei tempi attuali. E’ Shane McCarthy, chitarra ed una delle tante voci della formazione, a dissertare per noi sull’ultimo nato in quel di Denver…

CIAO SHANE, E UN BENTORNATI AI WAYFARER SULLE NOSTRE PAGINE WEB! FACCIAMO UN ATTIMO UN SALTO INDIETRO NEL TEMPO, ALL’EPOCA DELLA PUBBLICAZIONE DI “WORLD’S BLOOD”, UN MOMENTO IN CUI LA VOSTRA CARRIERA HA FATTO IL SALTO DI QUALITA’, NON TROVI? QUEL DISCO HA PORTATO IL NOME DELLA BAND IN GIRO PER IL MONDO, HA ALLARGATO LA VOSTRA FANBASE E, SOPRATTUTTO, E’ STATO ACCLAMATO OVUNQUE. COME LO VEDI ADESSO E COSA VI HA LASCIATO DENTRO?
– Be’, se da una parte continuo a pensare che chi ha apprezzato “World’s Blood” rappresenti comunque un campo molto ristretto di individui, per noi si è trattato certamente di un passo in avanti come band, un passo in cui finalmente abbiamo trovato e fatto sentire la nostra voce come musicisti. I primi due lavori contenevano molto materiale sperimentale e qualche cosa che è ancora oggi parte del nostro DNA, ma credo sia stato con l’album precedente all’ultimo che siamo riusciti a capire chi realmente siamo come entità musicale e cosa ciò stia a significare per noi. Sono contento che la gente si sia affezionata a “World’s Blood”, ed è chiaro come esso sia stato il punto di partenza per condurci fin dove ci ha portato “A Romance With Violence”.

CON “WORLD’S BLOOD”, INFATTI, AVETE MAGNIFICAMENTE ESPLORATO TUTTE LE VOSTRE INFLUENZE, PLASMANDO UNO STILE MOLTO PERSONALE E PARTICOLARE. VENENDO AD INTRODURRE IL NUOVO NATO, QUALI ASPETTATIVE AVEVATE E COME AVETE DECISO DI SVILUPPARE LA VOSTRA MUSICA?
– Questa volta ci siamo maggiormente concentrati sul mettere a fuoco i dettagli e in un certo senso ‘raffinare’ il sound. Ripeto, avendo trovato il bandolo della matassa con l’album precedente, a questo giro ci siamo voluti soffermare più attentamente, sia dal punto di vista musicale che da quello lirico, su quello che è il vero nucleo del nostro stile, dando una direzione concettuale all’idea della tematica del Far West. Gli obiettivi sono stati ampiamente raggiunti, perlomeno per quanto ci riguarda, in quanto la musica di “A Romance With Violence” è più a fuoco sia nei singoli passaggi, sia nell’insieme del disco.

MENTRE “WORLD’S BLOOD” ERA INCENTRATO DIRETTAMENTE SUL VOSTRO ENTROTERRA – LO SI CAPIVA BENISSIMO DALLA STUPENDA COPERTINA! – IL NUOVO ALBUM E’ PIU’ ELUSIVO, UN PO’ PIU’ IMPREVEDIBILE NEI SUOI CONTENUTI. SI PUO’ CERTO IPOTIZZARE UN’ALTRA SAGA WESTERN, MA NON E’ COSI’ IMMEDIATO IL COLLEGAMENTO. AD ESEMPIO, E’ DIFFICILE COGLIERE LA STRUTTURA VAUDEVILLE DEL DISCO DA UN SEMPLICE SGUARDO ALLA COVER. COME AVETE STUDIATO ED ESPOSTO I TEMI CHE VOLEVATE TRATTARE?
– “A Romance With Violence” è stato concepito come fosse uno di quegli storici film western epici e sanguinosi: i suoi temi trattano sia il genere western in senso cinematografico, sia proprio l’epopea del Far West come realmente è esistita; volevamo che suonasse grandioso e cinematico, allo stesso modo delle migliori opere di Sergio Leone e dei suoi epigoni; contemporaneamente abbiamo cercato di raccontare gli archetipi di quella stessa percezione attuale del Far West che sono stati resi così mitologici nel tempo. Ogni canzone, quindi, è in pratica una vignetta inquadrata sullo sfondo dell’insieme retrostante, tutto il western, che ruota attorno a personaggi ed eventi archetipici fino a culminare in un finale condiviso.

ECCO, CONSIDERATA QUESTA STRUTTURAZIONE DEL DISCO, MI PIACEREBBE DISCUTERE UN PO’ DELLE SINGOLE TRACCE DI UNA TRACKLIST CHE PARE MOLTO BEN PROGETTATA. PARTIAMO DALLE DUE STRUMENTALI, UN’INTRODUZIONE IN APERTURA, “THE CURTAIN PULLS BACK”, E UN INTERLUDIO, “INTERMISSION”. CE NE PUOI PARLARE?
– Certamente! Con l’introduzione abbiamo voluto preparare lo scenario, proprio come un prologo di una piéce teatrale. Qualcosa che ponga l’ascoltatore nel giusto ambiente, nel giusto feeling e faccia lui apprezzare l’estetica della ‘scenografia’ che gli si presenta davanti. Musicalmente accenna ad altri motivi e sezioni che poi si troveranno nel proseguo e cresce pian piano fino ad arrivare al momento in cui si trasforma nella traccia seguente, “The Crimson Rider”.
“Intermission” è esattamente quello che sembra, ancora una volta va immaginato come fosse una parte di un’opera teatrale. Per dove è inserito e con la sua malinconica semplicità, si suppone serva come momento di calma e riflessione prima che tutto s’impenni e termini in “Vaudeville”, l’atto finale.

IL PEZZO FORTE DEL DISCO E’ PROBABILMENTE LA SUITE “GALLOWS FRONTIER”, DIVISA NEI DUE ATTI INTITOLATI “THE CRIMSON RIDER” E “THE IRON HORSE”. SIAMO DI FRONTE ALLA VOSTRA COMPOSIZIONE MIGLIORE DI SEMPRE E FORSE LA MIGLIOR FOTOGRAFIA DEI WAYFARER ATTUALI. DI NUOVO, CI DICI QUALCOSA A RIGUARDO?
– Sono felice tu l’abbia apprezzata! In origine è stata pensata come un’unica canzone, ecco il perché alcuni passaggi della prima parte ricorrono anche nella seconda, ma durante la scrittura ci è sembrato chiaro come le due metà fossero simili ma molto diverse fra loro e che avrebbero potuto funzionare meglio come entità separate (non del tutto). “The Crimson Rider” presenta un protagonista e proietta il fruitore direttamente nel caos sinistro e angosciante del nostro ritratto del Far West, con tutti gli alti, i bassi e le mutazioni d’atmosfera che si prendono la scena. L’altra sezione è un brano più diretto e specifico sull’altro personaggio di quella vignetta di cui sopra, “The Iron Horse”, ‘il cavallo di ferro’, ovvero la ferrovia, nel momento in cui essa serve a trasportare la violenza del Nuovo Mondo fuori dal West. Da qui il movimento generale della canzone, che sembra quello di un motore a vapore.

“A NATION OF IMMIGRANTS” FU UN ESPERIMENTO PACATO E PACIFICO NELLA TRACKLIST DI “WORLD’S BLOOD”, PIENAMENTE IMMERSO IN ATMOSFERE AMERICANA, COUNTRY E MORRICONIANE VOLTE IN VERSIONE OSCURA. IL SEGUITO DI QUEL PEZZO SEMBRA ESSERE “FIRE & GOLD”, ANCHE SE QUEST’ULTIMA HA UN APPROCCIO DIFFERENTE IN TERMINI DI BALLATA FAR WEST. SEI D’ACCORDO?
– Sicuro, i due brani che citi sono connessi fra loro, in un certo senso: entrambe sono tracce ‘isolate’, prive dei canonici elementi metal, ed entrambe sono una sorta di interpretazione di un sogno. Ma per funzionare nel giusto modo all’interno dei rispettivi album, ecco che hanno un feeling diverso, per forza. “A Nation…” poneva fine a “World’s Blood” in modo triste, con il suo semplice incedere e la sua cupa riflessione. “Fire & Gold”, pur essendo priva di pesantezza, è un punto focale di “A Romance With Violence”, è una canzone avventurosa che pennella un quadro di un paesaggio e di una figura lanciata verso un sogno all’interno di questo ritratto. E’ più vibrante e più ‘importante’ rispetto a “A Nation Of Immigrants” e resta una delle nostre favorite in termini di registrazione e arrangiamento.

“MASQUERADE OF THE GUNSLINGERS” E “VAUDEVILLE” SONO ALTRI DUE BRANI LUNGHI ED EPICI, MA DIVERSI E CARATTERISTICI ALL’INTERNO DEL DISCO. LA PRIMA E’ QUELLA PIU’ ‘CLASSICAMENTE WAYFARER’ DELLA TRACKLIST, MENTRE LA SECONDA E’ PIENA DI VARIAZIONI, CRESCENDO E SOLUZIONI LONTANE DAL VOSTRO TIPICO BLACK METAL DALLE SFUMATURE WESTERN. COSA NE PENSI?
– Sì, sono d’accordo. “Masquerade…” è certamente la traccia con una quintessenza Wayfarer più marcata, sia nel modo in cui si evolve, sia per le melodie che proponiamo. Racconta una storia che si inserisce bene nel mezzo del disco. Penso che potrà essere un gran bel pezzo dal vivo non appena potremo rientrare nel mondo delle live performance. “Vaudeville” è stato qualcosa di diverso, invece, e ancora una volta devo ammettere che ci siamo trovati a nostro agio nello sperimentare. A livello di tematiche, è dove gli spunti tratti dalle altre canzoni si vanno ad interconnettere alla fine e dunque volevamo che essa riflettesse in qualche modo tutti gli elementi del lavoro, che fosse un po’ avventurosa e imprevedibile, con una sorta di spavalderia che ci è servita per raggiungere l’apice emotivo e conclusivo dell’album. Non siamo del tutto sicuri di come identificare un brano come “Vaudeville”, è un apolide di genere, ma è stato l’unico modo soddisfacente per noi di concludere il disco, affinché l’esperienza del suo ascolto si potesse cementare bene in chi poi ne avrebbe potuto fruire.

COME HAI GIA’ SOTTOLINEATO, LA VOSTRA MUSICA E’ PARTICOLARMENTE CINEMATICA, LE VOSTRE ATMOSFERE FANNO REALMENTE VIAGGIARE IL FRUITORE NEI LUOGHI ANTICHI, CRUDI E RURALI CHE VENGONO RACCONTATI NELLE CANZONI. AVETE MAI PENSATO DI APPROFONDIRE LE VOSTRE INFLUENZE NON-METALLICHE CERCANDO DI PROPORRE QUALCOSA DI COMPLETAMENTE DIVERSO?
– Prima di tutto, grazie! E’ decisamente una sensazione che vogliamo creare, tenendo conto di quanto il cinema influenzi la nostra musica, quando componiamo. Per noi è molto importante che tutti gli elementi, metal e non, siano integrati allo stesso modo nella visione d’insieme, tutto serve al nostro scopo. E’ altresì importante per i Wayfarer non risultare come un accrocchio confuso di suoni, bensì tutto quanto deve essere coeso e con tutti i propri elementi al loro posto, ben misurati. L’album ondeggia, va in piena e si ritira come noi vogliamo. In termini di approfondimento di sonorità extra metal, noi continueremo sempre ad esplorare tali strade e devo ammettere che abbiamo già discusso riguardo la possibilità di pubblicare qualcosa di lontano dal nostro solito materiale, qualcosa che sia completamente avulso dalla pesantezza. E’ tutto ancora da pianificare ma i progetti sono sul tavolo, vediamo cosa il futuro ci porterà a decidere.

NEL MOMENTO IN CUI STO SCRIVENDOTI LE DOMANDE, GLI EXIT POLL DELLE ELEZIONI PRESIDENZIALI STATUNITENSI SONO IN CORSO. I TEMI CHE VOI TRATTATE POSSONO ESSERE VISTI, IN UN CERTO SENSO, ANCHE IN TERMINI SOCIALI, POLITICI ED ETICI. IL FAR WEST FU UN’EPOCA BRUTALE, CRUDELE, PIENA DI CONFLITTI E ANGHERIE. DIPINGENDO QUEL PERIODO, AVETE ANCHE DEI PROPOSITI SOCIAL-POLITICI DA ESTERNARE OPPURE PREFERITE CHE CHIUNQUE POSSA INTERPRETARE A PIACIMENTO I TESTI?
– E’ una domanda interessante perché qui si complicano le cose. A noi di certo piace dipingere dei quadri e raccontarci delle storie attorno, in una sorta di modalità ‘te lo mostro ma non te lo dico’, se proprio vogliamo descriverla così. Molta della nostra musica, difatti, è escapista, serve ad evadere dalla realtà quotidiana. Ma è anche vero che viviamo in un momento storico malato e chiaramente il materiale lirico che presentiamo nei dischi è soggetto ad allegorie e paralleli con i nostri tempi moderni, così come riporta alla luce alcune ‘brutture’ del passato che oggigiorno fanno capolino di nuovo fuori dalla loro tana. Noi cerchiamo di non essere banali, vogliamo scrivere musica e raccontare storie, non vogliamo fare manifesti, ma c’è anche della profondità, del significato, per chi lo vuole cogliere. In un mondo flagellato dal caos e dalla tragedia come quello odierno, è difficile non vedere tali parallelismi.
Come Wayfarer ci siamo sempre schierati dalla parte di quegli umani che cercano di lottare e andare oltre le proprie peggiori abitudini e tendenze, ed è più importante ora che in passato sapere dove schierarsi in un mondo pieno di ingiustizie e disuguaglianze. In un momento come questo, è tragico che esistano persone, politici e perfino gruppi metal disposti ad avallare e sposare la disgustosa retorica razzista, oppure che manifestino per questa merda che ormai dovrebbe essere del tutto sepolta. Ci piacerebbe che la gente si guardasse allo specchio ogni tanto. Bisogna imparare dalla storia e dai nostri antenati, poi cercare di progredire. Ma cosa vuoi, alla fine di tutto noi siamo qui per scrivere musica per chiunque si voglia immergere nel nostro suono e lo voglia esplorare. Null’altro.

COME HA IMPATTATO SUL VOSTRO PICCOLO, COME BAND E COME ESSERI UMANI, QUESTA PANDEMIA EPOCALE CHE TUTTI STIAMO VIVENDO? COME VI SENTITE A VIVERE IN UN MONDO IN CUI SI E’ OBBLIGATI A CAMBIARE ABITUDINI E COMPORTAMENTI AFFINCHE’ SI RIESCANO A SALVARE NOSTRI SIMILI, A DISCAPITO DELL’EGOISMO IMPERANTE OVUNQUE?
– Certo, è un periodo strano per noi, come per tutti del resto. A livello di band, purtroppo ci siamo adeguati al non poter suonare in giro, fare tour e tutto ciò che concerne l’attività live. Ci manca poterlo fare e siamo ansiosi di tornare a come era un anno fa il prima possibile; però, a vedere il lato positivo, la pandemia ci ha concesso del tempo utile, altrimenti impensabile da sfruttare, per lavorare seriamente ed esclusivamente sulla composizione di musica. “A Romance With Violence” ha beneficiato di questo tempo, molto maggiore, per esser preparato al meglio. Quindi c’è del buono e del cattivo in tutto ciò.
Le nostre vite private sono state tutte stravolte e limitate, inutile dirlo, ma si cerca di fare il proprio meglio per adattarsi e abituarsi, traendo gli spunti positivi da quel poco di buono che è rimasto. E’ in tempi come questi che il meglio e il peggio degli individui vengono fuori, ma è incoraggiante vedere quanta compassione c’è e quanto si voglia fare in fretta a passare la buriana. Un giorno ci risveglieremo dall’altra parte, vedrete. E quel giorno saremo di nuovo su un palco.

LA MIA ULTIMA DOMANDA E’ PIUTTOSTO OVVIA: COME VEDI IL FUTURO DEL METAL UNDERGROUND IN QUESTI TEMPI COSI’ BUI? E STATE PENSANDO A QUALCOSA DI SPECIALE PER PROMUVERE “A ROMANCE WITH VIOLENCE”?
– E’ chiaro, purtroppo ora si può procedere solo a tentoni. Ma penso che la musica dal vivo ritornerà. Ritornerà entro fine 2021, anche se ci sono ancora molti dubbi a riguardo. La musica underground però è dura a morire e un modo lo troveremo per forza. Le persone sono determinate e hanno passione quando si tratta di creare qualcosa, ed è una bellissima risorsa quando la si applica all’arte e alla musica. E’ sempre ottimo tempo speso quello passato a creare, a sperimentare. Per quanto riguarda il nuovo disco, ci stiamo scommettendo sopra…speriamo di dargli un corretto ciclo-vita, con tour e altri spunti promozionali. Siamo desiderosi quanto mai di poter tornare a girare sui palchi, e lo faremo con una specie di sentimento vendicativo, io credo. Non ci sarà niente di meglio per promuovere un disco che tornare là fuori e suonare per la gente che vorrà venire a vederci. Questo è quello che pensiamo di fare, anche se lo faremo con un po’ di ritardo questa volta.

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