WHITECHAPEL – Lasciateci bruciare

Pubblicato il 24/08/2014 da

Tra le giovani band statunitensi “sulla cresta dell’onda”, è ormai impossibile non inserire i Whitechapel, che dagli esordi death metal/death-core di “The Somatic Defilement” e “This Is Exile” hanno fatto passi da gigante in termini di popolarità e presa sul pubblico, arrivando a suonare praticamente ovunque e a diventare uno dei nomi di punta del roster della Metal Blade Records. Da qualche tempo più vicini nei suoni ad un thrash-death metal moderno, i ragazzi del Tennessee con il nuovo “Our Endless War” sembrano aver trovato il loro stile definitivo, che abbraccia appunto vari generi metal senza risultare mai troppo estremo nè, al tempo stesso, troppo easy listening. Una politica del compromesso frutto del diverso background di ogni membro della formazione che, come sottolinea il chitarrista Zach Householder, non è mai stata così affiatata e proattiva…

whitechapel - band - 2014

“OUR ENDLESS WAR” MESCOLA DIVERSI ELEMENTI DEL VOSTRO VECCHIO REPERTORIO, RIVELANDOSI UN ALBUM PIUTTOSTO DINAMICO. COSA AVEVATE IN MENTE QUANDO AVETE INIZIATO A COMPORLO?
“Diciamo che con questo album abbiamo voluto allontanarci definitivamente dalla cosiddetta etichetta ‘death-core’. Componiamo come un collettivo dove tutti hanno voce in capitolo, ma tutti abbiamo convenuto su questo fatto: era importante che il disco suonasse spontaneo e possedesse una propria identità”.

QUALI SONO LE CARATTERISTICHE PRINCIPALI CHE UNA TIPICA COMPOSIZIONE DEI WHITECHAPEL DEVE POSSEDERE SECONDO TE?
“Credo che prima di essere heavy, veloci o tecniche, le nostre composizioni debbano suonare spontanee. È importante che abbiano un tocco emotivo e che trasmettano questa sensazione di naturalezza. Non vogliamo che un brano sia solo un freddo ammasso di riff, senza alcun tipo di feeling. In questo senso, sono molto soddisfatto di ‘Diggs Road’, una traccia piena di saliscendi emozionali”.

IL MANIFESTO DEL DISCO PARE PERÒ ESSERE LA TITLE TRACK…
“Sì, anche se devo ammettere che abbiamo scelto il titolo per il disco solo in seguito. Quella è una canzone molto particolare, in quanto è stata composta a sei mani dai tre chitarristi della band. È una cosa che non sempre capita. In effetti, per questo album abbiamo lavorato più che mai come una vera squadra e quella traccia è la perfetta rappresentazione del rinnovato metodo di lavoro: ogni sequenza del pezzo è firmata da una persona diversa e mette in mostra un elemento ormai tipico del suono Whitechapel”.

DI COSA PARLANO I TESTI QUESTA VOLTA?
“Per questo disco Phil, il nostro frontman, ha avuto totalmente carta bianca. Si tratta soprattutto di sue riflessioni personali e di esperienze vissute in prima persona. Molti dei testi sono stati scritti direttamente in studio. Non capita quasi mai che un pezzo venga composto partendo da un testo già pronto. Purtroppo non posso approfondire l’argomento più di tanto, in quanto si tratta appunto di pensieri molto personali di Phil”.

SIETE ORMAI UNA REALTÀ DELLA SCENA METAL AMERICANA, EPPURE MOLTI ASCOLTATORI FATICANO A PRENDERVI SUL SERIO, VUOI PER L’ETICHETTA “DEATH-CORE” – A MOLTI NON GRADITA – VUOI PER LA SCELTA DI ANDARE TALVOLTA IN TOUR CON GRUPPI COME ASKING ALEXANDRIA. LA COSA VI INFASTIDISCE?
“Ormai è storia vecchia, ci stiamo facendo l’abitudine. Personalmente non sapevo nemmeno che il death-core esistesse quando la gente ha iniziato a inserirci nella categoria. Io ho un background più vicino al thrash e al melodic death metal. In ogni caso, per me ognuno può definirci come preferisce, non mi crea alcun problema. Per quanto riguarda i tour, molti devono capire che per noi è solo un modo di suonare davanti ad un pubblico che non sia sempre lo stesso. Possiamo guadagnare nuovi fan e avvicinare nuove persone ad un tipo diverso di metal. Ma che vuoi farci… credo che queste critiche non cesseranno mai. Sono però convinto di una cosa: quando la nostra musica viene fatta sentire a qualcuno che ci odia a prescindere, senza rivelare il nome della band, generalmente i commenti sono tutt’altro che negativi. Lo abbiamo visto coi nostri occhi varie volte. Purtroppo tante persone vivono di preconcetti”.

PER QUESTO NUOVO ALBUM AVETE CAMBIATO LOGO E ANCHE L’ARTWORK È PIUTTOSTO DIVERSO DAI VECCHI STANDARD…
“Il vecchio logo non è stato abbandonato. Per ‘Our Endless War’ avevamo in mente un diverso tipo di concept e lo abbiamo allargato a tutti gli aspetti dell’album. Mi piace molto la veste grafica, è pulita e va dritta al sodo”.

DOPO L’ESPLOSIONE FRA LE MASSE DEL NU METAL, DEL METAL-CORE E DI BAND COME GLI SLIPKNOT, PENSI CHE IL METAL IN GENERALE POSSA ANCORA ESSERE SCIOCCANTE COME UNA VOLTA? SI PUÒ ANCORA PARLARE DI MUSICA “PER POCHI” SECONDO TE?
“Penso che nel nostro genere stia diventando sempre più difficile creare qualcosa di nuovo e di davvero disturbante. Come dicevi, oggi le masse sono a conoscenza del fenomeno e l’impatto complessivo di questa musica si è annacquato. Credo che sia ancora possibile ricreare un certo effetto, ma servono più tempo e ingegno rispetto ad una volta”.

QUAL È IL TUO ASPETTO PREFERITO DEL CREARE MUSICA?
“Mi piace comporre le varie parti e provare a metterle insieme in un brano, come se fosse un puzzle. Ancora oggi, dopo dieci anni di songwriting, mi viene la pelle d’oca se qualcosa che ho composto mi convince subito pienamente. È una sensazione che non ha prezzo”.

INVECE COSA DI QUESTO PROCESSO TI SCORAGGIA?
“Il fatto che i fan oggigiorno tendano ad analizzare per filo e per segno il tuo operato, spesso criticandolo ferocemente senza sforzarsi di capire che cosa davvero vi sia dietro. Ma non ci possiamo fare nulla, è la natura di tanti metal fan. Bisogna sempre ricordarsi del fatto che è impossibile accontentare tutti”.

I TUOI GUSTI IN FATTO DI MUSICA SONO CAMBIATI MOLTO NEL CORSO DEGLI ANNI?
“Devo dire che ascolto sempre meno metal. Se lo ascolto, mi rifugio nei grandi classici. Mi è capitato di riascoltare qualche gruppo più recente che seguivo alcuni anni fa e di mettermi a ridere. Purtroppo non sto riuscendo a trovare nuove metal band in grado di impressionarmi realmente. Noto che molte oggigiorno prestano molta attenzione alla tecnica e poca ai riff e alla ‘sostanza’”.

COME WHITECHAPEL CHE TIPO DI AMBIZIONI AVETE? QUANTO PENSI CHE POSSIATE ANCORA CRESCERE COME BAND?
“Non ne ho idea, per ora siamo contenti di dove siamo. Come band ci siamo tolti tante soddisfazioni e siamo andati ben oltre le aspettative iniziali, ma onestamente non so dire quanti margini di crescita esistano per un gruppo che suona musica del nostro tipo. Magari ricorrendo a influenze dubstep e a più breakdown potremmo crescere ancora in termini di popolarità tra certe fasce di pubblico, ma perchè mai dovremmo snaturarci? Siamo i Whitechapel… non siamo mai stati una metal band rivoluzionaria, ma abbiamo la nostra integrità. Siamo contenti che tanti ci apprezzino così come siamo”.

QUANTO LE ATTIVITÀ DELLA BAND INFLUISCONO SULLA VOSTRA VITA PRIVATA? È DIFFICILE MANTENERE RAPPORTI CON AMICI, PARTNER E FAMIGLIA?
“Per un gruppo come il nostro, che è spessissimo in tour, è difficile far quadrare i conti sotto questo aspetto. Avere una relazione seria con una ragazza è una missione suicida, gli amici li vedi sempre meno… Purtroppo la scelta di essere un musicista a tempo pieno comporta anche vari sacrifici. Personalmente ho solo la mia famiglia e un paio di cari amici che vedo con regolarità, il resto non è pervenuto. Questa è la mia vita per ora”.

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