Come già scritto anche in fase di recensione, non c’è modo che i Witherfall possano immettere sul mercato un album sottotono o anche solo vagamente meno provvisto di quella ispirazione incredibile, messa in pratica con dovizia e intraprendenza sul fronte compositivo ed esecutivo.
Nel caso del nuovissimo “Sounds Of The Forgotten” il discorso viene incentivato dalla scelta audace della band di prendere le distanze da una qualsivoglia casa discografica esterna, mettendosi in proprio con un nuovo studio e affrancandosi da ogni rischio di ritrovarsi con le mani di qualcuno immerse negli spartiti, liberandosi nel contempo da tutti quei dettami di stampo burocratico e tempistico che spesso accompagnano l’uscita di un disco.
Ancora una volta, ci sono due figure che possono gettare luce sulle varie questioni che ruotano attorno alla proficua formazione californiana: il chitarrista Jake Dreyer e il cantante Joseph Michael, che rappresentano anche le due menti maestre dietro ad una realtà tra le più difficili da analizzare, ma nel contempo dannatamente affascinanti e raffinate all’ascolto. Buona lettura!
CIAO RAGAZZI! COMINCIAMO RIBADENDO CHE OGNI VOSTRO ALBUM RAPPRESENTA UNA AUTENTICA ECCELLENZA NEL SETTORE, COME DESCRIVERESTE IL NUOVO ARRIVATO, PARAGONATO AI PRECEDENTI?
– Jake: Inizierei dicendo che si tratta probabilmente del nostro album più vario, in cui abbiamo scelto di inserire anche rimandi al rock anni ’70, così come al metal estremo e persino al r&b, giusto per non farci mancare nulla. Il tutto enfatizzando sempre e comunque la componente più oscura, a prescindere dall’andamento scelto per il singolo brano, senza lesinare anche su qualche rimando di matrice gothic.
– Joseph: A titolo personale, mi sento di considerare “Sounds Of Forgotten” come il mio preferito tra tutti gli album che abbiamo composto, e in cui ritengo di aver inserito anche la maggiore varietà di stili vocali.
COME SIETE SOLITI SCEGLIERE GLI ELEMENTI CHE VERRANNO POI INSERITI ALL’INTERNO DELL’ALBUM?
– Jake: Il primo tratto che giunge in nostro aiuto è il nostro essere appassionati ed ascoltatori di vari generi musicali, come anche la musica classica, il cui approccio compositivo si avvicina molto a quello che scegliamo di utilizzare anche noi. Quando si ascolta una composizione classica, si possono notare numerose derive scelte per l’occasione: tra chi sceglie di dotare il sound di una maggiore deriva oscura e chi invece sceglie un approccio più luminoso.
L’importante è che si tratti di scelte naturali e intriganti per noi che ci applichiamo anima e corpo con lo scopo di confezionare un album, il più possibile senza sottostare a regole vere e proprie.
– Joseph: Confermo che il tutto è abbastanza inconscio e del tutto sprovvisto di binari, anche perché non credo che un Tchaikovsky qualsiasi si sia piegato a dei limiti imposti da qualcuno di non ben identificato. Similmente, ciò che spesso stupisce i nostri ascoltatori è il fatto che soluzioni che sembrano rimandare al metal nudo e puro siano state scelte pensando invece a tutt’altro filone, anche se è chiaro quanto per noi sia importante l’elemento metal nei nostri pezzi, anche perché tra le nostre fonti di ispirazione ci sono numerosi album composti da chi ci ha preceduto.
Tuttavia, è nostra premura non rimanere all’interno di schemi precedenti, osando il più possibile, omaggiando anche il metal più satanico ed estremo, quando utile ai fini della musica.
NOMINATEMI UN PEZZO A TESTA CHE, SECONDO VOI, INCARNA PERFETTAMENTE LA NATURA STESSA DELLA BAND E DELL’ALBUM.
– Jake: Non è facile sceglierne una nello specifico, anche perché il nostro scopo è sempre stato quello di donare un’identità differente ad ogni pezzo.
Personalmente io sceglierei “Ceremony Of Fire”, in quanto rappresenta probabilmente la fase in cui la natura stessa dei Witherfall emerge di potenza, trattandosi comunque di un brano fortemente ancorato alle nostre origini di ispirazione power metal, senza però lesinare su tutti quegli elementi che ci han permesso di rendere peculiare il nostro sound.
– Joseph: Io invece rilancio sul tavolo con “Insidious”, che parte da un concetto simile a quella citata da Jake, ma rendendo il tutto ancora più malato a suo modo, in quanto è innegabile la sua deriva oscura, ossessiva e violenta, ma nel contempo non si può discutere sulla presenza di elementi power metal al suo interno, anche se a detta di molti quel genere è ormai assoggettato alle fatine e a gente con in mano buffi martelli.
Ecco, volendo dare un’anteprima di chi sono i Witherfall a chi non ci conosce, credo che proporre “Insidious” potrebbe essere una buona idea, anche perché non è certo uno dei nostri pezzi dall’approccio più facile, e non è male mettere in mostra i livelli che si è in grado di raggiungere.
QUESTO LAVORO RAPPRESENRA FORSE QUELLO MAGGIORMENTE ACCOSTABILE AL METAL ESTREMO, IN MOLTI PASSAGGI. CHE APPROCCIO AVETE USATO PER QUESTA CARATTERISTICA?
– Joseph: Personalmente ci tengo a essere sincero dicendo che anche in questo caso non si tratta di una caratteristica applicata per il puro gusto di farlo: se un determinato brano trasmette delle ‘sensazioni black metal’, ad esempio, non è perché qualcuno di noi è fan del genere o altro, ma perché noi come musicisti, e quindi anche io, in quanto cantante, puntiamo a valorizzare il mood e l’atmosfera trasmessa dal testo e dalla fase in cui si trova l’album.
“Insidious” modula tra elementi black/death e altri al limite del power metal, ma se provi ad ascoltarla con sott’occhio i testi, ti accorgerai che ogni strofa viene interpretata con lo scopo di enfatizzare quanto scritto.
– Jake: L’utilizzo delle melodie è un altro elemento che deve rispecchiare la componente emozionale, e anche se molti lo ignorano, il black metal è un genere in cui questo avviene costantemente e con discreta cura; motivo per cui ritengo che si tratti di inserti in grado di valorizzare il prodotto, ovviamente senza trasportare il tutto in una dimensione eccessivamente sinistra o aggressiva, in quanto è giusto ci sia comunque una canzone da gustare e magari cantare, se si ha voglia.
CHE OPINIONE AVETE SU QUELLE BAND CLASSICHE CHE, DI FATTO, SEMBRANO AMBIRE A SUONARE COME HA FATTO QUALCUN ALTRO PRIMA DI LORO?
– Joseph: Detta come va detta, ultimamente nella maggioranza dei casi mi sembra di essere alla fiera della scopiazzatura, se non addirittura del plagio, come se la volontà di risultare ‘metal’ avesse la precedenza sulla personalità e sul lavoro sulle singole soluzioni. Se ci guardiamo indietro, non mi sembra che i Guns N’ Roses suonassero come i Metallica, che a loro volta non suonavano come King Diamond e così via, pur essendoci comunque delle ispirazioni.
Persino i Megadeth, pur essendo nati da un pezzo cardine dei Metallica, hanno dato la precedenza a definire un proprio stile, anziché a sembrare direttamente derivati da un’altra formazione in crescita.
RITENETE QUINDI CHE CI SIA UNA CARENZA DI IDEE GENERALE?
– Jake: Allora, volendo contestualizzare meglio direi che è evidente la natura puramente amatoriale di alcune band, così come, in altri casi, la sostanziale volontà di divertirsi, proponendo qualcosa di attinente i gusti musicali di chi si cela dietro ai suddetti progetti: una sorta di comfort zone da cui non sconfinare, ed effettivamente ci sono diverse realtà che riescono a proporre dell’ottimo metal là fuori, malgrado la poca originalità.
Tuttavia, per i miei gusti è sempre più interessante chi riesce a mettere in evidenza un proprio stile intrigante, anche senza stravolgere totalmente un filone o il sound ispiratore. Viceversa, credo che non ci sia niente di peggiore delle band che vogliono a tutti i costi proporre qualcosa, solo perché ritenuto momentaneamente popolare o perché da qualche parte risulta che così facendo si macinano soldi e numeri, più sui social che nella vita, peraltro.
– Joseph: Non dimentichiamoci che siamo nel pieno del periodo in cui a spiccare sembrano delle band che, di fatto, sembrano attingere ad un calamaio ‘vintage’ di alto livello, per poi trasportare il tutto in una sorta di chiave ultra-pop facile e invero poco focalizzata sulla musica, quanto più sulla gimmick.
Ad esempio, gli Steel Panther sono diventati famosi ridicolizzando l’hair metal degli anni ’80, così come adesso mi sembra una gara alla band power metal che punta a scimmiottare in maniera ridicola gli Helloween, indossando nel contempo il costume di plastica più improbabile, il tutto per ottenere i consensi di un certo tipo di pubblico in cerca di facile intrattenimento e della hit orecchiabile di turno, inseribile su TikTok con il videogioco commerciale di turno sullo sfondo.
– Jake: L’intrattenimento ha sempre fatto parte del music business, incluso quello visivo: i Kiss hanno fatto qualcosa di simile oltre quarant’anni fa, con la differenza che loro, nel farlo, han prodotto davvero degli inni immortali della musica rock. Non so quante di queste formazioni recenti riusciranno nella stessa impresa.
POSSIAMO QUINDI DIRE CHE LO SCOPO DEI WITHERFALL SIA QUELLO DI RISULTARE PERSONALI, UNICAMENTE TRAMITE LA COMPONENTE MUSICALE?
– Jake: Sì, nella maniera più totale ed assoluta! Riteniamo che una band con velleità artistiche, più che sul cercare a tutti i costi la chiave per un successo piuttosto relativo, dovrebbe focalizzarsi sul proporre qualcosa di rappresentativo di chi ne fa parte, ponendo magari un valido accento sulle emozioni e senza aver paura di pensare fuori dagli schemi.
Pensare semplicemente che suonando in quella maniera si può ambire al successo è tanto depersonalizzante quanto limitante, e questo indipendentemente dal genere: se un musicista deathcore vuole suonare in quel modo perché la sua passione lo porta lì, allora giusto che lo faccia.
SI POTREBBE DIRE CHE, OGGI COME OGGI, I METALLARI TENDANO QUASI A METTERSI DEI PALETTI, INVECE DI TRAVOLGERLI COME UN TEMPO SI PREDICAVA?
– Jake: Molte delle band che noi amiamo maggiormente sono nate con lo scopo di infrangere non solo le regole, ma anche i trend e le abitudini sociali dell’epoca in cui sono nate. Basta pensare ai Metallica, agli Slayer o ai Manowar, ma anche a band antecedenti il loro periodo, come i Led Zeppelin o i Queen. Tutta gente che puntava, chi più chi meno, a definire uno stile e a suonare in modo tale da poter risultare riconoscibile, se necessario anche sorprendendo i fan, tra i quali è probabile che in molti avessero delle aspettative contenute in uno schema ben preciso.
Per quel che mi riguarda, la cosa più divertente dell’essere dei compositori è proprio il portare l’ascoltatore su una sorta di montagna russa, con dei saliscendi e variando sul tema anche all’interno di uno stesso album, infrangendo così di fatto delle regole che oggi sono diverse, rispetto a un tempo. Ora non basta più suonare in una maniera peculiare, ma è necessario infliggere delle sferzate anche rispetto a se stessi e al proprio sound usuale.
LA VOSTRA NUOVA AVVENTURA HA QUALCOSA A CHE VEDERE CON QUESTO?
– Joseph: Sì, ma in realtà il discorso è ancora più ampio di così, in quanto da sempre apprezziamo tutto ciò che ruota attorno al proporre musica sul mercato, oltre allo scrivere album che poi vengono prodotti e smerciati da altre persone dedite ad altri ruoli. Anzi, la presentazione di un album è parte integrante dell’opera stessa, e ci tenevamo ad essere noi stessi ad occuparcene.
– Jake: Per l’appunto, volevamo rilasciare una moltitudine di singoli con una specifica cadenza, anche in modo da dotare ogni pezzo del giusto spazio agli occhi e alle orecchie degli ascoltatori, di cui molti si limitano ad ascoltare i brani più in voga di un determinato album tramite i servizi streaming, finendo col saltarne a piè pari determinati altri, bollandoli come dei potenziali riempitivi; cosa da noi non voluta, in quanto ogni canzone ha un suo valore, e rilasciarne solo un paio sarebbe risultato limitante.
Inoltre, ci teniamo a ribadire di non essere assolutamente disposti ad avere intromissioni esterne in merito alle nostre scelte di sound e songwriting, e l’essere del tutto slegati da una qualsiasi label ci permette di avere come unico limite la nostra stessa creatività.
SE DOVESTE DARE UNA DEFINIZIONE AL GENERE DEI WITHERFALL, QUALE SAREBBE?
– Joseph: Oddio, questa sì che è una domanda difficile! Personalmente mi sento di cedere la parola a Jake, ma dopo aver messo in chiaro che, senza dubbio, nella definizione dovrebbe figurare la dicitura ‘melodic’, perché la nostra priorità è sempre incentrata sull’utilizzo delle melodie, e se esiste la versione ‘melodic’ di ogni dannato sottogenere, ritengo sia giusto inserirla anche per noi.
– Jake: Beh, visto che mi è stata appena ceduta la patata bollente, credo di poter etichettare la nostra musica come ‘dark melodic metal’, anche se pure in questo caso ci sarebbero dei punti non coperti dalla dicitura, come le nostre derive più aggressive o le fasi di derivazione anni ’70.
Inoltre, è bene non dimenticare che l’attitudine progressive è probabilmente quella che ci si addice maggiormente, e anche in questo caso non sarebbe corretto non includerne una menzione. In fin dei conti, è giusto che ognuno ci identifichi come ritiene opportuno, anche perché leggendo le recensioni abbiamo letto di quelle composizioni di parole da far impallidire persino noi.