Non siamo poi così in pochi a ritenere che la nuova creatura messa in piedi dal fenomenale chitarrista Jake Dreyer, nonché dal talentuoso vocalist Joseph Michael, rappresenti una delle candidate più papabili per il titolo di band metal più promettente del nuovo millennio. Entrambi i due full-length, attualmente disponibili sul mercato, col nome dei Witherfall scritto in copertina, infatti, si sono guadagnati di diritto un posto tra i Top Album scelti dalla redazione, oltre ovviamente alla nomea di uscite più sorprendenti e complete degli ultimi anni. Similmente, anche l’EP acustico “Vintage” è riuscito ad ottenere consensi da pressoché ogni potenziale ascoltatore e/o recensore dotato di una mente abbastanza aperta, in modo da riuscire ad immergersi nelle lugubri atmosfere rappresentate all’interno di tre prodotti così vasti, eppure così metallici nella loro essenza progressiva e difficile da collocare. I due sopracitati leader del progetto rappresentano quindi due figure a dir poco irresistibili, soprattutto per un giornalista voglioso di conoscere nel dettaglio parte di ciò che ruota attorno a una delle promesse del nuovo metal mondiale. Per questo, alla prima occasione, non ci siamo fatti scappare la possibilità di conoscerli di persona, rimanendo piacevolmente colpiti dalla loro simpatia, disponibilità e solarità; al punto che, ora come ora, potremmo quasi dire di aver trovato in loro due veri e propri amici, con cui condividere potenzialmente più di una serata al momento opportuno. Con ciò, chiudiamo l’introduzione e vi rimandiamo all’intervista qui sotto, ma non prima di avervi augurato una piacevole lettura!
CIAO RAGAZZI! PRIMA DI PARLARE NELLO SPECIFICO DELLE PRODUZIONI DEI WITHERFALL, VORREMMO TUTTI CONOSCERE LE ORIGINI DI QUESTO PROGETTO COSÌ AMBIZIOSO. COME VI SENTIRESTE DI RACCONTARNE LA NASCITA?
Jake: – Sebbene i primi battiti ufficiali del cuore della band siano stati udibili al pubblico solo tre anni fa, il progetto Witherfall ha iniziato a prendere vita già nell’ormai lontano 2013. Joseph e io militavamo entrambi nella band White Wizzard, con cui eravamo impegnati in un tour davvero molto stressante, e che, una volta giunto al termine, avrebbe sancito la nostra definitiva separazione dalla line-up capitanata dal buon Jon Leon. Nel frattempo, tuttavia, tra noi due aveva iniziato a serpeggiare il desiderio comune di dare il via a una sorta di versione metal dei Queen, concettualmente parlando, ovvero piuttosto difficile da identificare e dotata di numerose connotazioni stilistiche differenti.
Joseph: – Inizialmente i lavori sembravano procedere piuttosto velocemente, al punto che fu sufficiente un mese per avere una versione più o meno definitiva dei brani. Tuttavia, ci siamo dovuti scontrare con numerosi problemi di produzione; anzi, diciamo pure che questa fase si è rivelata un vero e proprio incubo, con qualcuno che avrebbe dovuto occuparsi in maniera professionale dei lavori, preferendo però continuare a fare di testa propria, sfociando anche in momenti abbastanza imbarazzanti, tra cancellazioni di tracce e altro. Fortunatamente il tempo e la pazienza hanno dato i loro frutti, e già nel 2017 il primo album dei Witherfall “Nocturnes And Requiems” è divenuto disponibile sul mercato americano in una versione autoprodotta, che poi sarebbe passata nelle mani sapienti di Century Media Records.
VENENDO INVECE AGLI ALBUM: ENTRAMBI HANNO OTTENUTO DEI PUNTEGGI STELLARI NON SOLO SULLE NOSTRE PAGINE, MA UN PO’ IN TUTTO IL MONDO. TUTTAVIA SI POSSONO COGLIERE DELLE DIFFERENZE STILISTICHE TRA I DUE, ANCHE PER VIA DI UN FATTO CHE AVREBBE CONDIZIONATO IL FUTURO DI TUTTO IL PROGETTO. COME DESCRIVERESTE IL PROCESSO UMANO CHE HA PORTATO ALLA REALIZZAZIONE DI “A PRELUDE TO SORROW”?
Jake: – In verità non c’era un vero e proprio desiderio di partenza su cui basarci per dedicarci ai lavori sul secondo album, ma come ben sapete, appunto, c’è stato un fatto chiave che ci ha portato a prendere una certa piega musicale e determinate scelte compositive: naturalmente, la morte del nostro batterista Adam Sagan. Pensate che quest’ultimo è venuto a mancare addirittura prima del rilascio del primissimo singolo “End Of Time”, che comunque era caratterizzato da quella sorta di atmosfera simil-avventurosa che permeava il nostro primo lavoro, per il quale eravamo davvero orgogliosi e, potremmo dire, lanciati. Per il successivo, volenti o nolenti, la base di partenza era destinata a fondarsi necessariamente su quanto accaduto ad Adam, e ovviamente ai numerosi sentimenti che ci hanno attanagliato il cuore al momento della sua scomparsa; per quanto ci sforzassimo di puntare altrove, alla fine tornavamo sempre su quell’argomento. A questo si deve principalmente la deriva più oscura e malinconica che caratterizza il songwriting di “A Prelude To Sorrow”.
Joseph: – Volendo fare un esempio pratico, potremmo prendere in esame il brano “Vintage”, che a suo modo vuole proprio raccontare uno dei momenti più difficili della nostra storia. Eravamo in ballo per una photosession come band al completo; in aeroporto, Adam ci informa di un malore al petto quasi improvviso, come se una sorta di tumore avesse iniziato a premere in maniera critica. Al che, giustamente, lui ha preferito andare in pronto soccorso per accertamenti, al termine dei quali la conclusione è stata quella che conosciamo tutti: ovvero quella del linfoma linfoblastico. Noi eravamo totalmente annichiliti dalla notizia, al punto da non sapere più cosa fare; ricordiamo ancora gli sguardi colmi di rammarico delle persone attorno a noi all’apprendimento della notizia. Per questo, capite bene che era necessario dedicare non solo un brano, ma un intero album a quanto accaduto.
UNA STORIA CHE HA COMMOSSO BUONA PARTE DI COLORO CHE HANNO ASCOLTATO L’ALBUM, DI CUI MOLTI PERÒ ANCORA OGGI SI DOMANDANO: COME SI POTREBBE DESCRIVERE LA PROPOSTA MUSICALE DEI WITHERFALL, ALLA LUCE DELLE NUMEROSISSIME SFACCETTATURE CHE È POSSIBILE RICONOSCERE?
Joseph: – Come diceva Jake all’inizio dell’intervista, la nostra ispirazione di base è da ricercare proprio nei Queen, il cui sound è pressoché impossibile da definire con esattezza ancora oggi, dal momento che, in base al brano selezionato, si può cambiare totalmente la percezione del loro songwriting.
Jake: – Tenete presente che tutti noi amiamo enormemente i compositori classici, al pari di band metal come Dream Theater, Savatage, Nevermore e così via, da cui abbiamo voluto estrapolare molteplici elementi caratteristici, mescolandoli anche, ad esempio, con lo stile tipicamente jazz/fusion del nostro bassista Anthony Crawford, senza tralasciare gente come i Queensryche, Yngwie Malmsteen per la componente solista, o altre formazioni tendenti persino al power metal, genere da me amato e suonato, soprattutto ultimamente.
Joseph: – Per questa recente esperienza acustica abbiamo preso come modello una band come gli Alice In Chains, che nessuno si aspetterebbe di sentir nominare da una formazione comunque tendente al heavy metal come noi. Sinceramente, ci curiamo poco di eventuali limiti imposti non si capisce bene da chi, noi viaggiamo sulla nostra linea e seguiamo ciò che ci viene naturale prendere come ispirazione.
A TAL PROPOSITO: COM’È STATO DEDICARSI A QUALCOSA DI PRETTAMENTE ACUSTICO, SIA CON L’EP “VINTAGE” CHE CON IL TOUR DI SUPPORTO AI SONATA ARCTICA?
Joseph: – Sicuramente si tratta di qualcosa di diverso, ma anche maledettamente divertente e stimolante, trattandosi appunto di qualcosa giunto quasi a sorpresa persino per noi, che sapevamo già non sarebbe stato semplicissimo da gestire, anche conoscendo le preferenze del nostro pubblico.
Jake: – Quando siamo stati invitati per prendere parte al tour di supporto ai Sonata Arctica, ci è stato naturalmente chiesto se fossimo in grado di dedicarci completamente a una versione acustica del nostro songwriting, al che abbiamo accettato la sfida e ci siamo dedicati nella produzione dell’EP “Vintage” appena uscito sul mercato, basandoci anche su un’idea proposta dai ragazzi di Century Media.
Joseph: – Inoltre, il nuovo EP per noi rappresenta anche il primo prodotto con la nuova line-up e con un utilizzo veramente massiccio della tastiera in presa diretta, che potrebbe rappresentare anche un elemento interessante dei nostro lavori futuri.
SIAMO RIMASTI PIACEVOLMENTE COLPITI DI TROVARE LE DUE COVER DI “A TALE THAT WASN’T RIGHT” DEGLI HELLOWEEN E DI “I WON’T BACK DOWN” DI TOM PETTY. COME SIETE GIUNTI A QUESTE DUE SCELTE?
Jake: – Per quanto riguarda il brano degli Helloween, la motivazione principale risiede nella pura e semplice possibilità di coverizzare una ballad metal che non fosse necessariamente tra le più inflazionate. Ricordiamo ancora che ci trovavamo in un pub a bere in compagnia del nostro ex batterista Steve Bolognese, quando siamo capitati nel discorso Helloween e ci siamo interrogati su quale sarebbe potuto essere un brano interessante da riproporre.
Joseph: – Quando è saltato fuori il titolo di “A Tale That Wasn’t Right” ci siamo soffermati da subito su quella, al che ognuno ha affermato di essere perfettamente in grado di riprodurla sul proprio strumento, e naturalmente io l’avrei cantata al meglio delle mie possibilità.
Jake: – Discorso simile anche per la cover di Tom Petty, che abbiamo completamente riadattato in chiave minore, con una deriva decisamente più triste e lenta dell’originale, mentre stavamo ancora lavorando al brano “Shadows” contenuto nel secondo full-length.
Joseph: – La parte più divertente in tutto ciò è stata vedere la reazione degli ascoltatori durante i concerti, di cui una parte iniziava a cantare, mentre l’altra cominciava a guardarsi attorno spaesata domandandosi che diavolo di canzone fosse (ridiamo, ndr).
COME RISULTA, SOPRATTUTTO NEL CASO DI JAKE, RIUSCIRE A GESTIRE UN PROGETTO COSÌ IMPORTANTE, MENTRE SI È PARTE INTEGRANTE DI UNA BAND AFFERMATA COME GLI ICED EARTH?
Jake: – Sicuramente ci sono parecchie differenze di approccio tra i due progetti, ma la fortuna principale risiede nel fatto che dietro agli Iced Earth c’è comunque moltissima organizzazione, gestita ottimamente non solo da John (Schaffer, ndr), ma da tutta la crew della band, e per questo è richiesto meno impegno da parte mia, almeno da un punto di vista esterno all’esecuzione e al mio ruolo di chitarrista. Inoltre, non c’è da dimenticare che gli Iced Earth sono la creatura di John, e per questo il mio ruolo risulterà sempre e comunque meno fondamentale di quanto si potrebbe volendo pensare dall’esterno. Questo mi permette di dedicarmi anima e corpo ai Witherfall, su cui ho intenzione di investire gran parte del mio tempo e della mia attività musicale.
DOMANDA PER JOSEPH: COME HAI VISSUTO IL TUO NUOVO INGAGGIO, IN VESTE DI NUOVO CANTANTE DI UNA BAND COME I SANCTUARY?
Joseph: – Ricordo che ero insieme a Jake quando ricevemmo la notizia della scomparsa di Warrel Dane, notizia che ci lascio parecchio di sasso, tenendo conto anche di quanto siamo legati alla sua musica, a prescindere che si tratti dei Nevermore o degli stessi Sanctuary. Naturalmente, a questo è seguito un periodo di relativo silenzio, nonostante l’uscita sul mercato nel corso dello stesso anno della compilation “Inception”, che è anche la prima produzione a nome Sanctuary per Century Media Records. Sono stati proprio loro a mettere Lenny Rutledge in contatto con me, da cui è derivata la possibilità per me di entrare a far parte di una band particolarmente rappresentativa per la mia formazione musicale. La priorità, in tutto questo, era sin da subito quella di non incarnare un puro e semplice tributo a chi è venuto prima di me, ma piuttosto cercare di dare un contributo il più concreto e personale possibile. Naturalmente, anche in questo, non poteva mancare una componente al limite del comico: vi basti pensare che, poco dopo che la notizia ufficiale del mio ingresso nella band, ho cominciato a ricevere messaggi su messaggi, di cui alcuni anche piuttosto inquietanti, tipo quello di un fan di Warrel che mi augurava di venir tormentato dal suo spirito durante il sonno. Tuttavia, era inutile sprecare tempo con soggetti simili, e con il tour in programma ho avuto modo di mettermi in discussione, riuscendo a convincere diciamo il 90% degli estimatori con cui sono entrato in contatto, che non è male, considerando l’immensa responsabilità.
IN QUANTO BAND NOTORIAMENTE RITENUTA UNO DEI POTENZIALI DIADEMI DEL METAL DEL FUTURO, DI COSA CREDETE ABBIA PIÙ BISOGNO IL GENERE PER PROSPERARE IN FUTURO?
Jake: – Sicuramente, la caratteristica principale su cui sarebbe opportuno concentrarsi, è senza dubbio l’originalità, o quanto meno la ricerca di qualcosa che possa risultare nuovo e peculiare, almeno in parte, grazie a produzioni scritte con impegno e dando libero sfogo alla creatività. Là fuori, dopotutto, è pieno di formazioni che cercano di riproporre pari pari qualcosa di già fatto in passato, il che ci può stare, ma poi non c’è da stupirsi se il genere non compie dei passi avanti degni di questo nome.
Joseph: – Detto proprio francamente, per me la prima cosa di cui il metal avrebbe bisogno, dovrebbe risiedere nell’abbandono di certi atteggiamenti di chiusura e relegazione della musica, come se fosse obbligatorio dedicarsi solo a proposte indirizzate a un pubblico di super nicchia; questo è l’errore che commettono, ad esempio, molti musicisti estremi, che non mirano a diffondere la loro musica neanche lontanamente, puntando solo alla nicchia di appassionati di quel determinato sottogenere, finendo con lo sfociare relativamente fuori da quello che la musica dovrebbe incarnare. Personalmente io suggerirei di dedicarsi alla composizione di canzoni riconoscibili e ricche di personalità.
Jake: – Come facilmente si può affermare, c’è un motivo se gli Iron Maiden o i Savatage sono arrivati a un determinato livello: canzoni memorabili, ben scritte e che trasudano carattere e ispirazione da ogni singolo passaggio. Per mantenere il genere su determinati livelli, bisogna concentrarsi sulla musica e sui brani, non su ragionamenti più o meno utili sul fatto che bisogna essere puri o elitari in tutto.
CHE ASSAGGIO POTETE DARE AI VOSTRI ESTIMATORI RIGUARDO IL FUTURO DEI WITHERFALL?
Jake: – Stiamo già lavorando ai brani che comporranno il futuro, terzo full-length dei Witherfall, che sarà dannatamente oscuro e lugubre, ma anche arrabbiato e dannatamente aggressivo. Tuttavia, prima di poterci dedicare completamente a quest’ultimo, è necessario affinare per bene l’intesa tra i membri della nuova line-up che abbiamo assemblato.
Joseph: – Nel frattempo, approfittiamo per ringraziare tutti i fan che hanno creduto nel progetto e che ci sono venuti a vedere dal vivo, anche se in chiave acustica, di supporto ai Sonata Arctica o al Keep It True per il nostro primo show elettrico in Europa.