WOLVES IN THE THRONE ROOM – Misteri primordiali

Pubblicato il 23/08/2021 da

Intervistare Aaron, da sempre la voce ‘pubblica’ dei Wolves In The Throne Room, significa parlare di musica, ma anche soprattutto di vita, di Natura, di un approccio sempre curioso e grato al mondo intorno a noi. Un approccio che potremmo definire panteistico, che emerge fortemente nella musica della band di Olympia, da sempre in grado di evocare le montagne, i fiumi e i laghi che circondano le fattorie isolate dove sono cresciuti i fratelli Weaver.
Proprio per questo, oltre a parlare del loro ultimo lavoro, quel “Primordial Arcana” che ha confermato le loro coordinate musicali senza per questo mancare di diversi elementi di novità, abbiamo allargato le nostre chiacchiere ad argomenti molto meno musicali, ma che è un inevitabile piacere finire per toccare con un interlocutore così profondo. 

INIZIAMO CON IL NUOVO ALBUM. HO NOTATO CHE MENTRE LE ATMOSFERE SONO, COME DI CONSUETO, MOLTO INTENSE, TRASPARE ANCHE UN APPROCCIO MOLTO PIÙ AGGRESSIVO, CON PERSINO ALCUNI ELEMENTI DEATH METAL. SEI D’ACCORDO? COME MAI QUESTA SCELTA?
– Oh, penso che tu abbia ragione, e ci sono un sacco di motivi. Penso che il primo sia che questo è il primo album in cui il nostro amato fratello, Kody Keyworth, è stato parte integrante del processo di scrittura, dall’inizio del disco fino agli ultimi ritocchi e al mastering. Quindi penso che si senta un po’ della sua energia, sul disco. Scrive dei riff decisamente death, così come altri di puro doom cosmico. L’altra cosa che forse hai notato è come volessimo che questo disco fosse molto vitale, potente, quasi come un fulmine. Questa è l’immagine che ci è venuta in mente quando abbiamo iniziato a lavorarci. Come i primi rivoli d’acqua che sono poi diventati il fiume di questo album. Abbiamo immaginato di salire in alta montagna fino ai ghiacciai, fino al punto in cui il ghiacciaio sta iniziando a sciogliersi diventando un ruscello, un ruscello gelido. La madre di tutti i fiumi. Immaginando poi di bere da questo ruscello gelido, quest’acqua fredda, scioccante che è così piena di vita. E volevamo provare a incanalare quell’energia nella musica di “Primordial Arcana”.

È AFFASCINANTE COME LA VOSTRA MUSICA SIA MOLTO EVOCATIVA, MA LO SIA PARIMENTI ANCHE IL MODO IN CUI NE PARLI. E MI COLLEGO COSÌ ALLA PROSSIMA DOMANDA, CHE RIGUARDA QUALCOSA DI CUI PARLI NELLE NOTE PROMOZIONALI DI QUESTO ALBUM, ANCHE SE RICORDO DI AVERLO LETTO ANCHE ALTROVE. PARLO DEL FATTO CHE PER TE LA TUA MUSICA È UN’INVOCAZIONE DELLO SPIRITO DI TUTTO CIÒ CHE SI TROVA NELLA NATURA E INTORNO A NOI. TI PIACEREBBE ELABORARE MEGLIO QUESTA FILOSOFIA CHE VI GUIDA?
– Quando abbiamo ascoltato per la prima volta il black metal norvegese, intendo la seconda ondata, sono stato illuminato da come fosse musica che emergeva dal loro paesaggio. Quando chiudevo gli occhi vedevo i fiordi, gli infiniti inverni nevosi e bui, le foreste immense. Potevo sentire le pietre. Potevo sentire gli antichi miti norvegesi intessuti nella musica. E a me e Nathan è venuto in mente che potevamo adottare lo stesso approccio e applicarlo alle nostre vite, perché in quel momento ci stavamo connettendo molto profondamente con il nostro paesaggio, con i nostri fiumi, le nostre montagne, le nostre foreste, i nostri animali. Wolves In The Throne Room è il suono del nostro processo interiore, il nostro viaggio spirituale di connessione, che ascoltiamo con grande attenzione e rispetto per le voci e le canzoni della nostra terra natale; questo bellissimo posto che ci ha accolto per vivere qui e farne la nostra casa, crescere le nostre famiglie. È una grande benedizione.

È MOLTO STIMOLANTE SENTIRTI PARLARE DI CONNESSIONE CON LA NATURA, DELLA NECESSITÀ DI ASCOLTARLA.  È QUALCOSA CHE MOLTO SPESSO ELIMINIAMO DALLA NOSTRA VITA, PURTROPPO. PARLANDO DEI TESTI IN UN MODO PIÙ SPECIFICO, C’È UN CONCEPT PARTICOLARE CHE COLLEGA TUTTE LE CANZONI O, QUALCHE TEMA DI CUI VORRESTI PARLARE?
– I testi sono abbastanza diversi perché tutti e tre ce ne occupiamo, posso parlare del mio processo. Personalmente amo scriverli perché per me quella è la parte più libera e aperta del processo di composizione. Mi piace lavorarci a canzone quasi completa, quando tutti i livelli sonori, le atmosfere e i sintetizzatori sono stati aggiunti. A quel punto mi ascolto in cuffia il rough mix e mi rilasso. Mi connetto con il mio cuore, ascolto la canzoni e seguo le immagini che mi vengono in mente, ascoltando la canzone un paio di volte; poi metto in forma scritta queste immagini, apro i miei occhi, e ci sono i testi su pagina. Per me è sempre un grande piacere, perché questa è la fase, nel processo di registrazione, in cui mi separo un po’ dalla musica e la guardo dall’esterno per la prima volta. È quasi una festa, quando arriva il momento di scrivere i testi.

UNA SORTA DI AUTO-INCEPTION, PER CITARE UN NOTO FILM, INSOMMA: C’È QUALCOSA CHE HAI GIÀ SCRITTO, DENTRO CUI PROVI A ENTRARE CON UN ALTRO STATO D’ANIMO, PER COSÌ DIRE.
– Esattamente così!

PASSANDO AI BRANI SPECIFICI, HO PARTICOLARMENTE APPREZZATO “UNDERWORLD AURORA”. È EVOCATIVA, COME È TIPICO DI TUTTA LA VOSTRA PRODUZIONE, MA ANCHE MAGNILOQUENTE, E INTENDO IN UNA FORMA CLASSICA – QUASI DA MUSICA CLASSICA VERA E PROPRIA. È CORRETTO PENSARE CHE POSSA ESSERE UNA PERFETTA SINTESI DI COSA SUONANO OGGI I WOLVES IN THE THRONE ROOM?
– È divertente come ogni persona con cui parlo abbia un diverso brano prediletto, e tu sei il primo a citare questo. Ti dirò, io penso che ogni canzone di questo disco rappresenti esattamente ciò che è oggi la band, anche se ha un suono nuovo o forse un approccio che non abbiamo mai avuto prima. Ogni canzone rappresenta noi e il punto in cui ci troviamo, qui e ora, come se fossimo all’inizio di una nuova epoca per noi; in parte perché Kody è ora completamente iniziato al culto, in parte perché ora produciamo i nostri dischi completamente da soli, senza produttori esterni, nel nostro studio privato. Sembra proprio che abbiamo attinto a una nuova fonte di energia, come che se avessimo scavato molto, molto in profondità trovando una nuova fonte da cui riempiamo i nostri calici e da cui ci abbeveriamo. È una sensazione molto eccitante, per noi.

IL BRANO CHE CITAVO MI PARE RAPPRESENTATIVO, È INSIEME FRESCO E INTENSO. SI PERCEPISCE UNA SORTA DI NUOVO INIZIO, UNA NUOVA EPOCA DELLA BAND. AL DI LÀ DELL’INGRESSO DI KODY IN PIANTA STABILE, È CAMBIATO QUALCOS’ALTRO NEL MODO IN CUI AVETE LAVORATO SULL’ALBUM?
– Sì, c’è stato un grande cambiamento e un grande passo avanti, secondo me, perché come probabilmente saprai i nostri album precedenti, ad eccezione del primo, sono stati co-prodotti e mixati dal nostro buon amico Randall Dunn. Che, per inciso, ha sempre fatto un lavoro fantastico. Quando abbiamo terminato “Thrice Woven”, Randall mi ha preso da parte e mi ha detto, “Aaron, il prossimo disco, dovete produrlo da soli. Avete tutte le competenze tecniche di cui avete bisogno. Ti basta acquistare qualche apparecchio analogico per ottenere il suono a cui aspiri”, così ci siamo messi in quell’ottica e abbiamo accettato la sfida. Ed è stato davvero un viaggio, perché per fare un disco di questo calibro, con questo livello di qualità del suono, la quantità di lavoro e l’abilità artigianale coinvolta sono enormi, ma penso che siamo riusciti ad ottenere un risultato di cui sono molto orgoglioso.

HAI ANTICIPATO UNA DOMANDA SU COME, GIÀ IN PASSATO, TU SIA SEMPRE STATO ORGOGLIOSO DEL VOSTRO APPROCCIO FAI-DA-TE E COME QUESTO SIA IL PRIMO ALBUM DI CUI VI SIETE OCCUPATI AL 100%. PASSIAMO ALLORA ALLE PERSONE COINVOLTE IN ALTRA FORMA NELL’ALBUM. SE NON SBAGLIO CI SONO UN PAIO DI OSPITI, TI VA DI PARLARCENE?
– Sicuramente il contributo più importante è quello del nostro amato compagno Galen Baudhuin, che ha suonato il basso e ha contribuito a cantare alcuni passaggi nel disco. Per me è stato un piacere enorme, perché non abbiamo avuto un basso nella band per molti anni… l’ultima volta è stato su “Black Cascade”, e volevamo che questo disco avesse un po’ più di energia rock and roll, un po’ più heavy metal tradizionale. E questo lo ha garantito il basso, che porta davvero molto al disco. Galen è un musicista straordinario, e non vedo l’ora di tornare sui palchi, dove per la prima volta avrò un vero compare di sezione ritmica, per creare quel giusto tuono che riesce a scuotere i cuori e le anime delle persone.

IL TUONO E IL FULMINE DI CUI PARLAVI ALL’INIZIO DELL’INTERVISTA, ANCHE SUL PALCO, INSOMMA.
– Proprio così. In questo momento sento davvero il potere del fulmine nella mia vita e nella nostra musica. È una benedizione, una sorta di spirito protettivo e un buon alleato da cui ci sentiamo protetti.

A PROPOSITO DI LIVE, HO VISTO IL VOSTRO NOME CONFERMATO NEI BILL DI ALCUNI FESTIVAL A VENIRE, PER ESEMPIO IL DAMNATION A LEEDS. AL DI LÀ DELLA GRAN VOGLIA APPENA ESPRESSA DI TORNARE SU UN PALCO, CHE SENSAZIONI HAI RISPETTO AL FUTURO DELLA MUSICA DAL VIVO NEI PROSSIMI MESI?
– Beh, è molto difficile da dire, e totalmente al di fuori del nostro controllo, se i concerti si terranno o meno in autunno. Ti posso dire che sono stato ad alcuni spettacoli proprio qui a Olympia e le persone sono – come dire? – pronte ad esplodere. A dedicarsi con tutte se stesse alla musica e a vivere quell’incredibile sensazione di fratellanza e di celebrazione, penso che quando si ripartirà del tutto sarà davvero glorioso e segnerà una nuova era nella musica. In quest’ottica, mi sento estremamente entusiasta.

È UNA SPERANZA A CUI CI UNIAMO CON TUTTI NOI STESSI. NELLA PRECEDENTE INTERVISTA CHE ABBIAMO FATTO AVEVI SOTTOLINEATO QUANTO TU TI GODA LA VITA NELLA NATURA SELVAGGIA. MI HAI RACCONTATO DEL TUO CAPANNO-STUDIO E DEL TUO NOTO E PROFONDO RAPPORTO CON IL MONDO INTORNO. È CAMBIATO QUALCOSA PER TE, DURANTE QUEST’ANNO, E CON L’EMERGENZA COVID? IL FATTO DI VIVERE GIÀ ISOLATO TI HA FATTO PESARE MENO LE RESTRIZIONI, O MAGARI NON AVERE LA MUSICA COME UNICO ELEMENTO DI FUGA HA AVUTO UN IMPATTO PESANTE?
– Questa è una buona domanda. Penso che siamo stati molto fortunati durante questi ultimi diciotto mesi perché, onestamente, le nostre vite non sono cambiate molto. Ho fatto esattamente lo stesso tipo di cose che avrei fatto in tempi normali, cioè stare da solo in uno studio di registrazione, camminare nella foresta, meditare o stare con la mia famiglia nella nostra fattoria a Olympia. Chiaramente questa fase ci ha rallentato molto, perché se non fosse successo quello che è successo questo disco sarebbe uscito un anno fa e, ovviamente, avremmo suonato a tutti i festival in Europa la scorsa estate. Ma posso dire che personalmente questa è stata una cosa molto buona, perché dopo i primi mesi di delusione e frustrazione, con il desiderio tornare sulla strada e di pubblicare questo disco, mi sono arreso all’esperienza in corso, ho cercato di trovare il lato buono, come si suol dire. Ed è stato molto positivo, per me. Ho avuto modo di approfondire le mie pratiche di meditazione, di calmarmi e rallentare la vita in un modo che penso sia stato molto arricchente. E l’ho sentito in molte persone: “Oh, sì, durante il Covid ho aumentato le mie pratiche di meditazione”, oppure “Ho trascorso molto più tempo con la mia famiglia”. Penso che questi siano i doni nascosti che noi tutti abbiamo potuto sperimentare in questo periodo.

SPERIAMO SIA UNA CONSAPEVOLEZZA DI CUI FARE TESORO TUTTI. PARLANDO DI EQUILIBRIO NELLA PROPRIA VITA, SONO VENT’ANNI CHE SIETE IN GIRO: QUAL È IL TUO BILANCIO SULL’ESISTENZA DELLA BAND?
– Beh, la sensazione più forte è un sentimento di profonda gratitudine, per tante cose. Prima di tutto verso le persone che ascoltano la nostra musica, i nostri fan e i nostri amici musicisti, perché davvero sono queste persone, come te e i tuoi lettori, e così molti altri, che ci rendono possibile vivere come artisti. Sono grato di avere l’opportunità di essere un artista in questo momento, vivo anche ciò come una benedizione.
E poi ho molta gratitudine verso la Terra, questa entità che negli ultimi secoli è stata degradata e disonorata in modi quasi indicibili, principalmente a causa dell’avidità, della miopia degli uomini. Penso che ci sia una visione molto sciocca di cosa sia e possa essere la vita. Eppure la Terra ci ama e ci sostiene ancora, ma per quanto ancora? Questa è una domanda senza risposta. E quindi la mia preghiera è che su questo pianeta ci sia una nuova consapevolezza tra gli esseri umani, che ci si apra alla saggezza della Terra, che è proprio lì per essere colta. Vibra in ogni momento dal centro della terra e scende dalle stelle e dal sole. Ed è solo questione che ogni individuo trovi il proprio modo di connettersi a tutto ciò. Per me, questo è stato il percorso lungo il sentiero della musica e dell’arte, e sono felicissimo di condividere questo modo di vivere con te e con gli altri metallari di questo mondo. Eppure sono stranamente fiducioso per il futuro, credo che ci saranno sempre musica e arte che saranno la strada da percorrere.

TI FACCIO UN’ULTIMA DOMANDA, UN PO’ OFF-TOPIC, MA MI RICOLLEGO AI DISCORSI SULLA NATURA. ABBIAMO LETTO DI TEMPERATURE DRAMMATICHE E ROGHI IN CANADA, COM’È LA SITUAZIONE DA VOI, APPENA OLTRE IL CONFINE?
– Abbiamo avuto una bizzarra ondata di caldo. È stato altalenante, ma a Olympia abbiamo toccato 108 gradi Fahrenheit (circa 42°C), cioè sei gradi in più rispetto al record mai riportato da queste parti: questo genere di cose è sconcertante. Ma allo stesso tempo, non voglio cadere in uno stato di impotenza e paura per il cambiamento climatico, preferisco mantenere la mia coscienza focalizzata molto chiaramente su ciò che spero avvenga al mondo. Guardo i luoghi e le cose che amo intorno a me e penso che voglio vederli e goderne sempre di più. E magnificare tutto ciò. È facile cadere nelle narrazioni mediatiche di apocalisse, morte e oscurità, ma queste sono discussioni politiche, chiacchiere, distrazioni. Io scelgo di rimanere fiducioso e di credere che stia avvenendo una evoluzione positiva nelle coscienze. Vedremo a cosa porterà questa nuova epoca.

 

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