XENTRIX – I demoni tornano a colpire

Pubblicato il 21/07/2019 da

Con oltre vent’anni a separare il quarto album, l’incerto “Scourge”, dall’ultimo “Bury The Pain”, era lecito chiedersi se gli Xentrix avessero ancora addosso il sacro fuoco necessario a suonare thrash ai massimi livelli. Lontani i primi due, storici, dischi “Shattered Existence” e “For Those Advantage?”, già negli anni ’90 il gruppo inglese sembrava aver imboccato il viale del tramonto. Invece, il primo lavoro post reunion ci offre una compagine sorprendentemente ispirata, che nonostante un cambio al microfono importante (fuori il cantante originario Chris Astley, che aveva partecipato alla reunion, prima di mollare di nuovo dopo un paio d’anni) ha saputo ritrovare compattezza e ardore, sfornando una tracklist all’altezza del tempo che fu. Non un capolavoro degno di intromettersi fra i classici degli anni ’80 e primi ’90, comunque un più che apprezzabile concentrato di bastonate sui denti e melodia suonato con trasporto e la convinzione dei die-hard fan del genere. Quanto basta per andare ad approfondire il discorso con uno dei due membri storici rimasti, e principale motore degli Xentrix, il chitarrista Kristina “Stan” Havard.

“BURY THE PAIN” ARRIVA A VENTITRÈ ANNI DAL VOSTRO ULTIMO ALBUM “SCOURGE”. QUANDO AVETE RIATTIVATO LA MACCHINA-XENTRIX, QUAL ERA LA DIREZIONE SONORA CHE VOLEVATE SEGUIRE E COME È CAMBIATA QUEST’IDEA NEI PRIMI ANNI DALLA REUNION?
– Quando abbiamo deciso di scrivere un nuovo album, eravamo tutti concordi che doveva essere più vicino ai nostri primi due dischi “Shattered Existence” e “For Whose Advantage?” che non a “Kin” o “Scourge”. Intendevamo realizzare l’album che avremmo dovuto scrivere dopo i primi due, ma con una produzione più moderna. L’obiettivo era di ricreare il tipico Xentrix sound, ma rifinito secondo gli standard del 2019: penso che siamo riusciti nell’intento.

IL NUOVO ALBUM AGGIORNA IL VOSTRO CLASSICO SUONO THRASH, TRASMETTENDO L’URGENZA E LA RABBIA DEL PASSATO, UNITE A UN FORTE TOCCO MELODICO E UNA PRODUZIONE CHIARA E PESANTE, CHE AGGIORNA L’IDENTITÀ DEGLI XENTRIX AI TEMPI MODERNI. COME AVETE LAVORATO PER AVERE UN BUON BILANCIAMENTO FRA LA NECESSITÀ DI RIMANERE UN GRUPPO THRASH OLD-SCHOOL E IL NON SUONARE DATATI?
– Onestamente, non ci siamo preoccupati di questo, suoniamo soltanto la musica che ci piace. Penso che gli ascolti che ci hanno influenzato all’epoca della nascita della band pesino ancora molto. Sono cresciuto sentendo Rainbow, Iron Maiden, Judas Priest, Motorhead… Non mi interessavano cose come il rap o il funk, solo old-school heavy metal. Ci consideriamo una thrash metal band con un marcato accento sulle parti classic metal, penso che si possa percepire chiaramente. Avere uno come Andy Sneap a collaborare con noi in studio ci abbia aiutato parecchio a dare una patina moderna al nostro suono.

ALCUNI ASPETTI CHE MI HANNO COLPITO DI “BURY THE PAIN” SONO L’IMPRONTA MELODICA DI OGNI TRACCIA E L’ENFASI SUGLI ASSOLI DI CHITARRA. COME AVETE LAVORATO PER MISCELARE LA FURIA DEL THRASH CON UN COSTANTE FLUSSO MELODICO?
– È il tipo di musica che mi piace ed è quello che sono in grado di comporre. Alcune volte tutto ruota attorno al riff, in altri casi vi è una piccola melodia che ‘infetta’ l’intero procedimento e devi soltanto farti guidare da essa. Mi piacciono gli assoli melodici, non mi piacciono quelle cose da shredder, in genere, anche se a volte pure io mi faccio prendere la mano.

ANCHE DAL PUNTO DI VISTA VISUALE È EVIDENTE UN’ANALOGIA CON I TEMPI GLORIOSI DEL THRASH. QUAL È L’IDEA DIETRO L’ARTWORK E COME RIFLETTE LA VOSTRA VISIONE MUSICALE E GLI ARGOMENTI TRATTATI NEI TESTI?
– Avevo un’idea per la cover, era questo ragazzo tormentato da dei demoni che gli avevano detto di prendersi la sua vendetta nei confronti di una certa persona: quello che si vede nella copertina è il momento in cui realizza che cosa ha fatto e si dispera. Ho contattato Dan (Goldsworthy, l’artista autore dell’immagine, in passato si è occupato fra gli altri di artwork di Accept, Gloryhammer, Alestorm, ndR) e gli ho comunicato la mia idea, lui ha risposto molto velocemente inviandomi una prima bozza della cover. Mi è piaciuta subito, era esattamente quello che intendevo io nella mia testa. Dan è andato oltre, raffigurando la stessa figura di ragazzo presente sulla copertina di “For Those Advantage?”. Ho amato a maggior ragione quest’ultima versione. Goldsworthy è un eccellente artista, alcuni dettagli sono impressionanti. Adoro le facce dei demoni e le macchie di sangue sulla maglietta del giovane.

SE TI DICESSI CHE IN ALCUNE PARTI “BURY THE PAIN”, SPECIALMENTE PER LE METRICHE DELLA VOCE PRINCIPALE, RICHIAMA GLI ULTIMI DISCHI DEI TESTAMENT, COSA RISPONDERESTI?
– Un paragone con i Testament è sempre un onore! Concordo che le vocals di Jay ricadono in una specie di ‘area Chuck Billy’. Mi sento di dire che se ti piacciono i Testament, allora probabilmente gradiraii anche gli Xentrix.

SE DOVESSI CONFRONTARE IL VOSTRO ULTIMO ALBUM A UNO DI QUELLI DEL PASSATO, QUALE SAREBBE IL PIÙ SIMILE A “BURY THE PAIN” E PERCHÈ?
– Penso che l’album che gli è più simile è il nostro esordio “Shattered Existence”. Quando ho iniziato a scrivere i pezzi per “Bury The Pain” ho cercato di riallacciarmi alle nostre radici thrash. Credo che siano riusciti a recuperare buona di quell’energia e quella eccitazione. Il thrash, per come lo intendo io, deve essere prima di tutto eccitante. Dovrebbe essere la musica che suoni prima di uscire di casa per una serata importante. Stai solo attento quando guidi, a volte a causa della musica che stavo ascoltando ho esagerato e mi sono beccato delle belle multe (risate, ndR).

COME RITIENI CHE REAGIRANNO I VOSTRI FAN STORICI A “BURY THE PAIN” E QUALI SONO LE QUALITÀ CHE LE GIOVANI GENERAZIONI DI METAL POTREBBERO APPREZZARE NEL DISCO?
– Chi ha amato i primi due album degli Xentrix sarà contento di sentire anche quest’ultimo (incrociando le dita). Va nella direzione che volevamo seguire a fine anni ’80, quando eravamo giovani fan del thrash della Bay Area. Se fai parte della nuova generazione di metallari e ti piacciono i riff crudi e diretti con la presenza di tanta melodia chitarristica, allora “Bury The Pain” è l’album che fa per te.

DOPO LA REUNION, AVETE INIZIATO A SUONARE CON UNA LINE-UP ANDATA A MUTARE DOPO QUALCHE ANNO, ARRIVANDO A QUELLA ATTUALE. QUALI SONO STATE LE RAGIONI DI QUESTI CAMBIAMENTI E COME VI È SERVITA QUESTA SITUAZIONE PER RAFFORZARE LA BAND?
– Il nostro singer storico, Chris Atley, era parte della reunion, nel 2013. Infatti ha registrato la prima versione di “Bury The Pain”. Sfortunatamente non aveva più la necessaria passione per andare avanti e ci ha chiesto di uscire dalla band. Eravamo molto frustrati noi altri tre in quel momento, abbiamo anche considerato la possibilità di lasciar perdere del tutto un’altra volta. Invece abbiamo perseverato e trovato un rimpiazzo, Jay Walsh. Adesso ci sentiamo più forti, il clima nella band è molto buono, ci piace suonare assieme e ridere e scherzare fra di noi tutto il tempo. Se non sei in sintonia con le persone con cui stai suonando, prima o poi la cosa finirà per sentirsi anche nella musica, è inevitabile.

QUAL È LA PRINCIPALE DIFFICOLTÀ CHE UN GRUPPO DEVE AFFRONTARE QUANDO RICOMINCIA LA SUA ATTIVITÀ DOPO COSÌ TANTO TEMPO?
– La cosa più importante è avere le persone giuste nella band. Se si rema tutti nella stessa direzione, se non ci sono divergenze, le cose procedono molto più facilmente. E poi devi rimanere fedele alla tua identità, non snaturarti, suonare la musica che senti ti possa piacere, non seguire le mode e farsi tirare dentro qualche nuova tendenza.

LA SCENA THRASH INGLESE È POCO CONSIDERATA RISPETTO A QUELLE STATUNITENSE O TEDESCA, ANCHE SE VI È STATO UN PROCESSO DI RIVALUTAZIONE NEL CORSO DEGLI ANNI DI QUELLO CHE È STATO PRODOTTO NEL REGNO UNITO FRA LA FINE DEGLI ANNI ’80 E LA PRIMA PARTE DEI ’90. SECONDO TE, QUALI SONO LE PRINCIPALI CARATTERISTICHE CHE IL THRASH METAL INGLESE POSSEDEVA E QUAL È ATTUALMENTE LA SITUAZIONE NEL VOSTRO PAESE?
– Una buona domanda, a cui faccio fatica a rispondere. Il thrash inglese è sempre rimasto nell’ombra di quello della Bay Area, perché è lì che il genere è nato. Anche se penso che il primo incontro con il metal iperveloce l’ho avuto con “Fast As A Shark” degli Accept. Possiamo allora dire che il thrash l’abbiano inventato in Germania? Le band britanniche hanno avuto ognuna una sua identità, non penso si possa parlare di un suono specifico che identifica quanto arrivava dal Regno Unito. Avevamo comunque una scena piuttosto forte, con gruppi come Onslaught, Acid Reign e noi Xentrix, che sono ancora oggi sulle scene e cercano di reinventare se stesse.

OGGIGIORNO, QUALI SONO LE THRASH METAL BAND CHE PREFERISCI ASCOLTARE? IN REGNO UNITO, IN PARTICOLARE, QUALI SONO I NEWCOMER CHE PREDILIGI?
– Ascoltate gli Shrapnel! Li abbiamo conosciuti in alcune dati che abbiamo tenuto assieme agli Overkill. Sono un’ottima giovane band inglese, recentemente ho diretto il video di una loro canzone, “Jester”. Una roba abbastanza splatter, tutti i membri della band vengono rapiti e giustiziati all’interno di una casa, sembra uno snuff movie!

ANDANDO INDIETRO NEL VOSTRO PASSATO, QUALI SONO STATI I MOMENTI MIGLIORI VISSUTI DAGLI XENTRIX?
– Ti direi quando abbiamo aperto per i Testament all’Hammersmith Odeon nel gennaio del 1990. Il nostro primo album era uscito da poco e abbiam ottenuto lo slot nel posto dove i Motorhead hanno registrato il loro storico live album e dove io stesso ero cresciuto ascoltando i gruppi che più amavo. Non abbiamo mai più suonato di fronte a così tante persone, è stato uno di quei momenti che capita una sola volta nella vita!

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