ZHRINE – Meraviglie dall’isolamento

Pubblicato il 17/09/2016 da

Non sono stati i primi, non saranno stati gli ultimi, fatto sta che anche gli Zhrine si sono inseriti nel florido filone dell’extreme metal islandese tutto post-metal, progressioni, black-death visionario e un fitto alone malinconico-grigiastro a permeare ogni nota. Abbiamo perso il conto di quanti gruppi interessanti siano giunti negli ultimi anni da questo sperduto avamposto d’Europa collocato tra i ghiacci a Nord del pianeta, una terra che non si capisce come faccia a produrre tutta questa musica di qualità quando la popolazione locale supera di poco le trecentomila unità. Vero, alcuni musicisti, come nel caso degli Zhrine stessi, sono impegnati in più progetti, ma di fronte a una tale media qualitativa viene da chiedersi se gli abitanti dell’isola nordica non abbiano a disposizione qualche porzione miracolosa che giustifichi l’ispirazione di cui sono portatori album come “Unortheta”. Siamo allora andati a indagare questo e altri misteri con Nökkvi (oltre a una sporadica risposta di Ævar, il bassista), chitarrista/cantante del combo accasatosi su Season Of Mist e che ha già messo in subbuglio gli animi già belli surriscaldati degli extreme metaller europei appassionati di contaminazioni e sperimentazioni.

Zhrine-band-2016

LA VOSTRA STORIA COMINCIA COME GONE POSTAL, NOME ABBANDONATO DOPO IL PRIMO ALBUM. INOLTRE, RISPETTO A QUELLA ESPERIENZA AVETE ANCHE MUTATO RADICALMENTE IL VOSTRO SOUND. CHE COSA VI È SUCCESSO? CHE COSA HA CONTRIBUITO A CAMBIARE LA VOSTRA IDEA DI MUSICA, TANTO DA INDURVI A MODIFICARE ANCHE IL MONIKER?
“I Gone Postal hanno arrestato la loro attività nel 2014, in quell’anno abbiamo tenuto un concerto d’addio al festival islandese Eistnaflug. La nostra musica stava progredendo in tutt’altra direzione, siamo giunti a un punto di non-ritorno, non potevamo più andare avanti col vecchio nome, così ce ne siamo inventati un altro”.

IL VOSTRO PRIMO ALBUM ESCE PER UN’ETICHETTA IMPORTANTE COME LA SEASON OF MIST. COME SIETE ENTRATI IN CONTATTO CON LORO? COSA PENSATE ABBIA SCOPERTO LA LABEL NELLA VOSTRA MUSICA PER CONVINCERLA A DARVI UNA CHANCE?
“’Unortheta’ è un album abbastanza singolare per un fan del metal estremo, è un disco che si distingue, lo sapevamo fin dal primo giorno che ci abbiamo lavorato sopra e credo che la Season Of Mist si sia accorta di questa nostra diversità e abbia scelto di promuoverci per questo motivo”.

IN POCHI ANNI – VOLENDO CIRCOSCRIVERE QUEST’ARCO TEMPORALE PARLEREI DELL’ULTIMO QUINQUENNIO – ABBIAMO POTUTO APPREZZARE MOLTE EXTREME META BAND PROVENIENTI DALL’ISLANDA. COME SPIEGHERESTI QUESTA SITUAZIONE?
“Solo un ristretto numero di persone vive in Islanda. Al suo interno, esiste una piccola comunità di persone molto creative, che nell’ultimo periodo ha rilasciato dell’ottimo metal estremo. I motivi di questa ‘fioritura tardiva’ penso risiedano nello stato di isolamento in cui viviamo, nelle condizioni di vita abbastanza dure imposte dal nostro essere lontani un po’ da tutto e tutti. Sono solo ipotesi, ovviamente, sicuramente esistono delle condizioni ottimali per riuscire a ottenere dei risultati di alto livello nel nostro tipo di musica, non ultima quella di rimanere immersi per molti mesi nell’oscurità invernale, situazione che ha una forte presa sugli abitanti dell’isola”.

IN “UNORTHETA” POSSIAMO SENTIRE IL TIPICO SUONO DENSO, TORBIDO, ‘DA VIAGGIO MENTALE’, DELLE METAL BAND DELLA VOSTRA TERRA. UN MIX CHE CATTURA E CONNETTE TUTTO QUANTO STA FRA IL PROGRESSIVE BLACK METAL E IL POST-METAL. POSSIAMO COGLIERE ECHI DI ALTAR OF PLAGUES, THE GREAT OLD ONES, CULT OF LUNA, DER WEG EINER FREIHEIT, DOWNFALL OF GAIA. COME DESCRIVERESTI IL VOSTRO SUONO A CHI ANCORA NON VI CONOSCE?
“Direi che il nostro stile affonda le radici nel death e nel black metal, senza appartenere del tutto né all’uno né all’altro. Potremmo parlare di ‘ethereal blackened death metal’ e avremmo grosso modo riassunto quello che proponiamo”.

HO APPREZZATO IL BILANCIAMENTO CHE AVETE OTTENUTO FRA I DIVERSI STRUMENTI E LE DIVERSE CARATTERISTICHE DEL VOSTRO SUONO, LA PRODUZIONE SOTTOLINEA OGNI SUO ASPETTO E NON SOFFOCA LE PARTI PIÙ ATMOSFERICHE. COSA AVETE CERCATO DI OTTENERE DURANTE IL LAVORO IN STUDIO DI REGISTRAZIONE? AVETE MODIFICATO QUALCOSA DELLE CANZONI UNA VOLTA ENTRATI IN STUDIO?
“In studio abbiamo cercato di ottenere il massimo dalla musica che avevamo scritto, cercando di farne risaltare tutte le peculiarità. I caratteri distintivi di quello che suoniamo non sono stati alterati dall’esperienza di registrazione, però abbiamo inserito alcune splendide idee che ci sono venute proprio durante le recording session. Intuizioni che hanno provocato alcune modifiche anche di un certo peso nell’andamento delle canzoni e ci hanno permesso di definire meglio alcune dinamiche. Abbiamo sperimentato con particolari registrazioni ambientali e utilizzato strumenti un po’ anomali, fra le altre cose. Tutte soluzioni scaturite in estrema naturalezza, finalizzate al meglio dal nostro produttore Stephen Lockhart”.

RITENGO “UNORTHETA” UN ALBUM DIFFICILE DA SUDDIVIDERE IN SINGOLE PARTI DIVERSE, OGNI TRACCIA HA IL SUO SPECIFICO SIGNIFICATO SE INSERITA NEL DETERMINATO CONTESTO IN CUI SI TROVA. COSA NE PENSATE? C’È UNA CANZONE CHE POSSA ESSERE PRESA A SIMBOLO DELL’INTERO DISCO?
Ævar: “L’album può essere visto come una lunga onda che parte dal nulla, arriva ad altezze smisurate e si acquieta nuovamente, riducendosi a zero un’altra volta”.
Nökkvi: “Direi che l’opener riassume quello che poi accadrà nelle restanti trace. Ha parti pulite, atmosferiche e alcune molto malvagie. L’idea alla base di ‘Unortheta’ è quella di mostrare il contrasto fra la malignità più efferata e passaggi melodico-atmosferici, secondo accostamenti non convenzionali e non riconducibili ad alcun clichè”.

LA VALLE TENEBROSA, CON QUELLA GRANDE CASCATA CHE LE SCORRE NEL MEZZO, TRATTEGGIATA IN COPERTINA, È UNO DEI COVER ARTWORK PIÙ BELLI VISTI QUEST’ANNO. CHE COSA RAPPRESENTA? QUAL È IL SIGNIFICATO METAFORICO DELL’IMMAGINE?
“La natura innata del pianeta è andata perduta. Dobbiamo rompere i confini della vita di tutti i giorni, così come è strutturata. L’artwork di copertina esprime questi concetti. Zbigniew Bielak ha fatto un ottimo lavoro, sintetizzando perfettamente i significati lirici del disco”.

QUALI SONO LE TEMATICHE TRATTATE NELLE LYRICS? SEMBRA CHE ESPLORIATE QUALCOSA LEGATO AL FUTURO DEL PIANETA, I PROBLEMI DERIVATI DALLE NOSTRE ABITUDINI E DAL NOSTRO STILE DI VITA, IN CONTRASTO CON UN POSSIBILE FUTURO UTOPISTICO. IN QUESTO SENSO, QUAL È IL SIGNIFICATO DI UNA CANZONE COME “UTOPIAN WARFARE”, CHE AVETE RILASCIATO COME ANTICIPAZIONE DI “ZHRINE” QUALCHE TEMPO PRIMA DELLA SUA PUBBLICAZIONE?
“I testi hanno a che vedere con spiritualità, abuso di droghe, la speranza e la sua mancanza, il destino del pianeta e altro ancora. Il nostro approccio alle lyrics è stato del tipo ‘less is more’, così che quanto abbiamo scritto si presta a essere interpretato secondo molteplici punti di vista. Non dovrebbe condurti a un pensiero univoco, dovrebbe aprirti la mente e farti riflettere su quanto hai pensato durante l’intero corso della tua vita. Prendi la pillola rossa, spalanca la tua psiche”.

QUALI SONO LE PRINCIPALI DIFFICOLTÀ DI ESSERE UNA EXTREME METAL BAND IN ISLANDA, UN PAESE LONTANO DAL RESTO D’EUROPA, POCO POPOLATO E AVENTE UNA SOLA VERA CITTÀ, REYKJAVIK? CREDO CHE VI CONOSCIATE TUTTI ALL’INTERNO DELLA SCENA METAL ISLANDESE!
“Il problema maggiore è che devi fare tutto da solo. Nessuno può darti una mano, abbiamo alle spalle molti anni d’esperienza spesi a suonare nei bar di Reykjavik. Tempo trascorso a provare, guidare verso la venue del concerto, sbattersi per avere della strumentazione in prestito e poi trovarsi di fronte qualcuno che a fine show ti dà una pacca sulla spalla e ti dice: ‘Bravo, questa è la birra che ti sei meritato per il concerto di oggi’. Fanculo a tutto questo: bisogna puntare in alto e non accettare questa mediocrità”.

CHE TIPO DI REAZIONI AVETE OTTENUTO PER “UNORTHETA”? QUALI SONO LE CRITICHE E I COMPLIMENTI PIÙ DIFFUSI AL VOSTRO OPERATO?
“Ogni singola recensione che ho letto è stata positiva, ma sto ancora aspettando una recensione simile a quella, famosissima, di quel tizio che diede zero a ‘Master Of Puppets’ affermando che era l’album che aveva ucciso l’heavy metal”.

PERCHÈ IL TERRITORIO ISLANDESE RIESCE AD AVERE UNA COSÌ FORTE INFLUENZA SU QUELLO CHE SUONANO LE BAND DEL VOSTRO PAESE? L’ISLANDA È UNO DEI LUOGHI PER IL QUALE È PIÙ EVIDENTE LA CORRELAZIONE FRA NATURA, PAESAGGI E LA MUSICA DEI MUSICISTI CHE POPOLANO IL PAESE.
“Non è solo una questione di conformazione del territorio e della sua natura selvaggia, molto dipende anche dall’oscurità: essa è il carburante della nostra musica. Quando sei nella situazione di cercare di avere notizie sulla valanga che ha ucciso dei tuoi parenti, quando hai solo tre ore di luce al giorno, oppure devi sopportare calde estati formate da giornate infinite, allora puoi capire come ci si sente a vivere in Islanda”.

CHI SONO I MUSICISTI DEGLI ZHRINE NELLA VITA DI TUTTI I GIORNI?
“Persone che cercano di far quadrare i conti come il novantanove per cento delle persone di questo mondo”.

QUALI SONO LE VOSTRE SPERANZE E PROGETTI PER IL FUTURO?
“Conquistare il mondo attraverso la musica ricca di dissonanze”.

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