I baresi Zolfo hanno pubblicato poco e bene, in otto anni di attività, ed il nuovo “Descending into Inexorable Absence” (Violence In The Veins, Zann’s Records e Riff Merchant Records) non si è accontentato di confermare le buone impressioni del debutto di quattro anni fa, ma ha preferito sperimentare una scrittura complessa che prende spunto da una vasta gamma di sonorità estreme (funeral, il doom più desolato, il post-hardcore dei Converge) e le impasta in una compatta fanghiglia sludge, costruendo canzoni in grado di lambire le più inconfessabili psicosi.
A questo punto, non potevamo lasciarsi sfuggire l’occasione di approfondire direttamente la questione con il quintetto.
CIAO RAGAZZI, GRAZIE PER L’INTERVISTA. MI SONO CHIESTO, ASCOLTANDO IL DISCO, AI MOTIVI CHE VI HANNO SPINTO AD ELEGGERE LO ZOLFO, UN ELEMENTO CHIMICO NOTO SIN DALL’ANTICHITÀ ED ESSENZIALE PER LA VITA, A MONIKER DELLA BAND.
– In realtà la scelta del nome della band non risiede nel fatto che lo Zolfo è un elemento della tavola periodica, o per il significato alchemico che si porta addosso. Volevamo un nome che in qualche modo rievocasse la natura soffocante della nostra musica, e abbiamo pensato all’oppressione fisica, all’asfissia che si può provare all’interno di una solfatara.
SIETE NATI UFFICIALMENTE NEL 2016, MA ALCUNI DI VOI VENGONO DA ESPERIENZE PRECEDENTI. QUANTO HA CONTATO LA MILITANZA IN ALTRE BAND, PER IL VOSTRO BACKGROUND?
– Inizialmente esisteva un trio formato da Dave (Voce), Fabrizio (Chitarra) e Saverio (Basso), ma gli Zolfo sono nati ufficialmente con l’arrivo di Nicolò (chitarra) e Piero (batteria), che ha portato nella band la sua passione per i Meshuggah.
Come dicevi, veniamo da esperienze musicali diverse, siamo cresciuti ascoltando e suonando musica differente: Saverio e Niccolò suonano black metal nei Dewfall, Dave ha militato in un gruppo black/death (Nomura) e nei Semtex (prog-techno thrash), dove militava anche Fabrizio. Quest’ultimo poi è stato membro degli Human Devastation (thrash/death). Il nostro passato, insomma, ha contribuito a forgiare il suono degli Zolfo.
PER “DESCENDING INTO INEXORABLE ABSENCE” VI SIETE AVVALSI DEL LAVORO DI CHRIS FIELDING (CONAN). QUAL È STATO IL SUO CONTRIBUTO AL DISCO?
– Conosciamo Chris Fielding da qualche anno, avevamo collaborato con lui nel 2019, quando si era occupato del mastering del nostro primo album, “Delusion of Negation”, ma in questo caso il supporto al mixer per “Descending into Inexorable Absence” è stato fondamentale, è riuscito esattamente a fornire ai brani la pesantezza che volevamo comunicare.
Negli anni, comunque, il nostro approccio in studio è cambiato, ora abbiamo una maggiore consapevolezza di quello che vogliamo ottenere e sappiamo utilizzare al meglio gli strumenti a nostra disposizione.
SIAMO ABITUATI A VEDERE UNA BAND CHE CRESCE, ALMENO PER I PRIMI LAVORI, ALL’INTERNO DI UNA SOLA ETICHETTA, MENTRE NEL VOSTRO CASO I PRIMI DUE ALBUM SONO STATI DISTRIBUITI DA REALTÀ DISCOGRAFICHE DIVERSE. QUAL È IL VOSTRO MODO DI RAPPORTARVI CON QUESTO MONDO?
-Per quanto riguarda “Delusion Of Negation”, ci siamo limitati a proporre il master dell’album ad alcune etichette, e la Spikerot si è proposta di distribuirlo.
Per “Descending into Inexorable Absence” invece, abbiamo prima registrato le versioni demo di alcune canzoni e le abbiamo fatte ascoltare a Violence in the Veins, Zann’s Records e Riff Merchant Records.
Le etichette si sono mostrate interessate alla nostra proposta e così abbiamo proseguito con loro. Va sottolineato che sia Spikerot che quelle attuali ci hanno lasciato piena libertà in tutte le fasi creative del disco. La possibilità di avere a disposizione delle versioni preprodotte dei pezzi, poi ci ha permesso di rielaborarli con calma, e di rifinire alcuni passaggi.
UNO DEI PUNTI DI FORZA DEL VOSTRO ALBUM È SICURAMENTE L’ARTWORK, A CUI DEDICATE MOLTA CURA (LA COPERTINA DEL PRECEDENTE “DELUSION OF NEGATION”, AD ESEMPIO, ERA DI INCHIOSTRO LISERGICO).
– Il concept per il nuovo artwork è stato concepito da Dave. Lui l’ha inoltrato a Stefan Todorović (Khaos Diktator Design) che ha rielaborato nel suo stile le direttive ricevute. Il lavoro di rifinitura dei dettagli è stato poi un momento a cui ha partecipato tutta la band.
Inoltre, tutti siamo grandi estimatori di Ibay Arifin, l’autore delle copertine dei Body Void, l’abbiamo contattato e lui ci ha donato un disegno che poi è diventata la cover della versione del disco su cassetta.
DURANTE L’ASCOLTO MI SONO RESO CONTO DI QUANTA CURA ABBIATE MESSO NELLO STRUTTURARE UN BRANO E QUESTO MI HA FATTO CHIEDERE QUALE FOSSE IL VOSTRO APPROCCIO ALLA SCRITTURA.
– I nostri pezzi sono piuttosto complessi, lunghi e pieni di cambi di atmosfera e ritmo, quindi è praticamente impossibile che uno solo di noi li componga dall’inizio alla fine. Normalmente ognuno porta in studio un’idea, un riff, su cui la sezione ritmica inizia a lavorare.
Spesso più idee vengono messe in compartecipazione fino a costruire il pezzo intero, come nel brano finale, “The Silence Of Absolute Absence”, che nelle intenzioni avrebbe dovuto essere una suite separata in più sezioni.
LE CANZONI DI “DESCENDING INTO INEXORABLE ABSENCE” SEMBRANO RUOTARE INTORNO AD UN TEMA COMUNE. QUALI SONO I MESSAGGI CHE VOLETE COMUNICARE, CON UN DISCO?
Dave: – Quando il gruppo decide di incidere un disco, io che sono responsabile dei testi mi pongo sempre come obiettivo quello di un concept album.
In “Descending…” il protagonista racconta di cosa voglia dire non sentirsi mai a casa, perso in una sensazione di smarrimento che lo accompagna per tutta la vita, e la sua esistenza è confrontata con il ciclo del sole, dall’alba fino al momento in cui le ombre si allungano, e la vita del protagonista, al contempo, si perde.
QUALI SONO VOSTRI ASCOLTI MUSICALI, E COME INFLUISCONO NEL SUONO DEGLI ZOLFO?
– Ci unisce sicuramente l’amore per lo sludge ed il doom, ma ognuno, come è normale, è interessato a diversa musica, compresi i Meshuggah, gli Electric Wizard ed i Conan. Per il suono del gruppo, comunque, i riferimenti principali rimangono Yob e Primitive Man.
QUANTO HA CONTATO L’ESPERIENZA SUL PALCO, PER VOI, E COME HA INFLUITO SULLA VOSTRA CRESCITA?
-In generale non possiamo dire che la nostra musica sia stata influenzata dalle band con cui abbiamo condiviso il palco; piuttosto ci hanno influenzato l’attitudine e la professionalità di quelle band, e ci hanno aiutato, magari inconsapevolmente, a crescere. Tra i tanti gruppi vorremmo ricordare i Naga, da Napoli, con cui abbiamo suonato e presentato il nostro primo disco. Una bella esperienza.
IMMAGINO CHE NON CI SIANO MOLTI SPAZI NELLA VOSTRA ZONA PER SUONARE QUESTO TIPO DI MUSICA.
– In realtà la situazione è migliorata rispetto al passato, però devi avere la forza di volontà di macinare un po’ di chilometri, per presentare la tua musica.
Noi abbiamo avuto possibilità di suonare in giro per il nord Italia (Verona, Varese, Bologna), o in zone più vicine a noi, come a Firenze o Pescara.
Per l’estate, invece, non abbiamo nulla di programmato, solo uno show all’OKFK Sommerfest in Austria.
In concerto, tra stacchi e cambi di ritmo, dobbiamo tenerci d’occhio durante l’esecuzione e cerchiamo di riproporre fedelmente i suoni del disco o al massimo di aumentarne l’energia. Non usiamo alcun trucco di scena, solo delle luci verdastre, che ci illuminano durante tutto lo spettacolo, e una macchina per il fumo. Certo, sarebbe meglio il giallo di una solfatara, ma va bene cosi. Una solfatara radioattiva, insomma.