Poco prima della loro esibizione al Roadburn abbiamo avuto modo di incontrare Luca Mai e Massimo Pupillo, i due membrii storici degli ZU, stanchissimi per i continui spostamenti – era in corso un lungo tour in Europa – ma veramente soddisfatti dell’accoglienza del loro ultimo e splendido “Jhator”. Un album con cui il trio romano ha apparentemente cambiato coordinate, ma come emerge dall’intervista, molto meno di quanto non sembri in apparenza: le novità nel loro sound, come ci raccontano, non sono salti improbabili, ma la normale evoluzione di una band che fa della ricerca, della sperimentazione e della libertà espressiva la propria bandiera.
VI VEDO TRAFELATI: QUANDO SIETE ARRIVATI?
Luca Mai: “Due ore fa, eravamo in Belgio. Siamo in giro da tre settimane, va tutto bene, ma è intenso: abbiamo avuto un day off finora e ne avremo uno domani… per modo dire, perché si guida”.
AVETE UN’ARIA BELLA PROVATA, IN EFFETTI.
Luca: “Sì, da vent’anni (ride, ndR)! Invecchieremo in furgone!”.
PARTIREI DA QUESTO: SIAMO QUI A INTERVISTARVI AL ROADBURN, A TESTIMONIANZA DI QUANTO LA VOSTRA VITA TRASCORRA IN TOUR E DI COME L’ESTERO SIA UN MERCATO IMPORTANTE PER VOI, SIETE D’ACCORDO?
Massimo Pupillo: “Sì, anche se più che altro non ci siamo mai posti un confine, né mentale né musicale; e non ci siamo mai posti il problema di diventare grossi in Italia o da altre parti: volevamo solo suonare. Viste le nostre scarse possibilità abbiamo fatto di necessità virtù”.
MA NEGLI ANNI VI SIETE CREATI UNA BASE E UNA RETE SOLIDA, BASTA LEGGERE I NOMI DELLE VOSTRE COLLABORAZIONI, C’È DA ESSERE SOLO ORGOGLIOSI. IL FAMOSO ‘ORGOGLIO ITALIANO’ (RISATE GENERALI, NDR).
Massimo: “Sì, portiamo anche le bandiere (ride, ndR)! beh, sai sono festival come questi, dove ti incontri, chiacchieri col vicino di camerino che hai visto a un altro festival… sono tutte cose uscite così, senza grossa pianificazione”.
VA DETTO, PERÒ, CHE A PARTE VOI O BRUNO DORELLA (RONIN, OVO) NON MI VENGONO IN MENTE MOLTI NOMI ITALIANI CHE, IN QUESTA SCENA, POSSANO VANTARE UN TALE NUMERO DI COLLABORAZIONI CELEBRI.
Massimo: “Sì, penso dipenda da dove decidi di mettere la tua ambizione: non è una parola che mi piace molto, comunque diciamo che se la incanali per migliorarti, per proporre cose nuove funziona. La strada comune sarebbe quella di rivolgere l’ambizione al cachet e ai numeri, al vendere e ad avere pubblico, come un’azienda”.
PENSO SIA ANCHE DIFFICILE, IN AMBITO ARTISTICO, NON SVENDERSI, SE SI PUNTA SOLO A QUELLO.
Massimo: “Sì, sono proprio ambiti diversi; e in questo Bruno, che hai citato, è un esempio, oltre che un amico; a parte le differenze musicali, conta come si affrontano le cose”.
E SU QUESTO TEMA POSSIAMO PARLARE DELL’ALBUM NUOVO: FIN DAL PRIMO ASCOLTO CI HA CONQUISTATO, MA CERTO SE PRIMA C’ERA UNO ‘ZU SOUND’, PER COSÌ DIRE, AVETE DECISAMENTE STRAVOLTO LE CARTE IN TAVOLA. IL PRIMO RIFERIMENTO MUSICALE CHE MI VIENE IN MENTE SONO I TANGERINE DREAM.
Massimo: “Madonna, i Tangerine Dream! Guarda, entrambi li ascoltavamo ben prima di ‘Jhator’, fin da piccoli, proprio; sono strati musicali che abbiamo da sempre dentro di noi”.
COM’È STATO ACCOLTO L’ALBUM, DA QUELLO CHE PERCEPITE VOI?
Massimo: “Stranamente in maniera ottima, soprattutto all’estero. Negli Stati Uniti e in Inghilterra vedi che l’hanno ascoltato e l’hanno capito, cosa che non ci aspettiamo… in Italia, invece, lasciamo perdere, ma si parla in generale, chiaramente”.
UN’ALTRA COSA CHE CI HA COLPITI, E MI RIFACCIO AI CITATI TANGERINE DREAM, VISTI DA MOLTI COME IL LATO LEGGERO DI UNA CERTA PSICHEDELIA, È COME AL PRIMO ASCOLTO SEMBRI UN LAVORO MINIMALISTA, MENTRE C’È IN REALTÀ UNA STRATIFICAZIONE MOSTRUOSA, SOTTO. AVETE LAVORATO IN MANIERA DIFFERENTE, RISPETTO AL PASSATO?
Luca: “Sì, c’è stato proprio tutto un altro approccio. Abbiamo lavorato molto in studio, con un approccio che definirei quasi amanuense. Tanto è vero che non ho nemmeno usato il sassofono”.
INFATTI VOLEVAMO CHIEDERVI COME MAI FOSSE ASSENTE, VISTO CHE ERA UN ELEMENTO IDENTIFICATIVO DEL VOSTRO SOUND.
Luca: “A dirla tutta è stato importante mettere finalmente una parte di me, come l’elettronica e l’editing, su cui lavoro molto e con cui mi diverto tantissimo, ma che magari non ho mai tirato fuori, se non in altri progetti. E mi piaceva mettere in gioco anche negli ZU questa dimensione, visto che sono la mia famiglia. Quindi ho trovato altri modi per esprimere la mia musicalità”.
Massimo: “Col tempo ti accorgi anche che certi limiti sono solo tuoi, o nascono dai giudizi di chi ti fa pensare, ‘no, questo non lo possiamo fare’, ma in realtà possiamo suonare tutto quello che ci va, anche del neomelodico napoletano, se ci andasse”.
Luca: “Sì, pensi di dover rispondere a una formula, ma è solo per il feedback che ricevi: ‘ah, non hanno fatto così! Era inaspettato’, e invece no: se vedi tutta la nostra discografia ce n’è di roba diversa. Abbiamo anche sempre avuto questa tendenza ai pezzi lunghi, con momenti di stasi, più oscuri… solo che ancora non avevano preso completamente forma”.
CERTO CHE UN DISCORSO DI COERENZA NEL VOSTRO CASO È INECCEPIBILE. PENSO A VARIE BAND CHE RICEVONO INVECE PARIMENTI OSANNA E CRITICHE FORTISSIME PER IL LORO PERCORSO, TIPO GLI ULVER, PER CITARE UN’ALTRA BAND CHE SUONA QUI.
Massimo: “Guarda, abbiamo una stima fortissima per Kris, adesso usciamo anche sulla stessa etichetta, e devo dire che a me in questa fase sono serviti tantissimo per convincermi che non siamo matti, che c’è altra gente che si permette questo coraggio di andare in una direzione completamente diversa, e non ci sono tanti esempi di questo. Mi vengono in mente i primi cinque/sei anni dei Pink Floyd, in cui tutti gli album erano diversi. Noi esploriamo qui e in questo momento, non concepiamo molto l’idea di fare sempre lo stesso album”.
Luca: “Che poi, adesso tutti identificano gli ZU col suono di ‘Carboniferous’, ma quando uscì quell’album, e avevamo lavorato sempre allo stesso modo, tutti ci accusavano di non far più… com’è che ci definivano? Jazz-core? ‘Ora siete diventati metal!’”.
NON SIETE COME GLI AC/DC, INSOMMA, CON TUTTA LA STIMA!
Massimo: “(Ride, ndR) no ma lì c’è un discorso diverso e che comprendo: quelle non sono nemmeno più band ma multinazionali; hai magari duecento persone che lavorano per te, non ti puoi permettere determinati rischi”.
Luca: “Noi al massimo dobbiamo fare benzina al furgone e cercare di evitare di sbagliare strada (ride, ndR)”.
ANCHE DAL PUNTO DI VISTA DELLA PRODUZIONE MI PARE DI CAPIRE CHE CI SIA SEMPRE UN’EVOLUZIONE, MA CHE CONTINUATE A FARE TUTTO VOI.
Massimo: “Sì, noi con Lorenzo, il nostro fonico, siamo un gruppo consolidato”.
AVETE GIÀ IDEE PER IL PROSSIMO ALBUM? IMMAGINO CHE ESSENDO IN TOUR COSÌ INTENSAMENTE NON SIATE PROPRIAMENTE GIÀ AL LAVORO.
Luca: “Diciamo che ci sono delle suggestioni, quelle arrivano continuamente. Scambiamo delle idee, abbiamo già un argomento, o un mood se preferisci su cui focalizzarci. Diciamo che non abbiamo nemmeno l’obbligo di fare un disco in due settimane: vogliamo prenderci il nostro tempo ed esprimere le nostre idee al meglio”.
Massimo: “Anche ‘Jhator’ è stato fatto così, del resto: ci abbiamo lavorato sei mesi, ma ovviamente in studio andavamo due giorni, poi lasciavamo passare due settimane, lasciavamo sedimentare e così via… o ci costava come ‘The Wall’!”.
E, SEMPRE PER IL FUTURO, AVETE IN MENTE ALTRE COLLABORAZIONI?
Luca: “Mah, in realtà no: tu non mi hai detto qualcosa? (ride e fissa Massimo, ndR)”.
Massimo: “No, però inizieremo sicuramente le session nello studio in Galles di Thighpaulsandra, che era in pratica il terzo membro dei Coil, band di cui siamo sempre stati fan, e lui ci ha detto di essere un nostro fan, è fantastico. Siamo già stati in studio da lui, sulle colline gallesi, un posto isolato dove ha tutta la strumentazione possibile, dei synth che appartenevano ai Throbbing Gristle… e insomma, si è creata questa sorta di forte connessione con lui. Quindi abbiamo sviluppato quest’idea di partire con delle immagini, una storia da raccontare e pian piano prende forma quello che stiamo vivendo”.
ABBIAMO IN EFFETTI SEMPRE AVUTO LA SENSAZIONE CHE LA VOSTRA MUSICA SAREBBE PERFETTA, DAL PUNTO DI VISTA CINEMATOGRAFICO, E SE NON SBAGLIAMO AVEVATE ANCHE REALIZZATO UNA COLONNA SONORA.
Massimo: “Sì, ma l’abbiamo riutilizzata per l’album con Eugene Robinson (degli Oxbow, ndR); era stata fatta per un film horror, ma è stata rifiutata perché ritenuta troppo sinistra. In generale è un ambito particolare, in cui lavorare quello delle colonne sonore”.
SAREBBE IN EFFETTI UN AMBITO PERFETTO, MA FORSE SI DÀ ANCORA POCA DIGNITÀ, IN ITALIA, ALLA MUSICA SPERIMENTALE E A QUESTO TIPO DI COSE. E DEL RESTO SIETE ATTESISSIMI, E PER LA SECONDA VOLTA, QUI AL ROADBURN, MENTRE CAPITA DI VEDERVI IN ITALIA AL COX18 CON TRENTACINQUE PERSONE NEL PUBBLICO…
Luca: “(Ride, ndR) peraltro uno dei posti più belli per noi dove suonare, davvero dei concerti in famiglia!”.