Parlare di un libro di Burzum pone ormai in una condizione che ricorda una nota scena del terzo “Die Hard”, visto che è come presentarsi ad Harlem con un cartello razzista, pronti ad affrontare un massacro. Se però abbiamo ritenuto a lungo evitabile la recensione delle sue pubblicazioni di taglio antropologico, o legate al mondo dei giochi di ruolo – che scrive e sviluppa con una certa qualità, a ben vedere – un’autobiografia che parla candidamente anche degli anni di coinvolgimento nella scena black metal è oggettivamente un’uscita che non si poteva evitare.
Partendo dal puro prodotto, ci troviamo davanti a una breve autopubblicazione, quindi possiamo anche sorvolare sull’impaginazione modesta e sulle poche foto presenti, compensate da una copertina comunque di qualità, la cui illustrazione riprende evidentemente gli stilemi dell’amato e sfruttatissimo (da Varg) Kittelsen.
Meno perdonabile lo scarso lavoro di revisione, visto che abbondano refusi o frasi non proprio grammaticalmente eleganti, pur da parte di una persona che l’inglese, per fortuna, lo mastica bene – slang compreso.
Ecco, sul tema dello slang, colpisce un po’, in una prosa che al netto dei difetti sopra citati conferma la discreta cultura e intelligenza del personaggio, l’uso di sigle e il ricorso ai continui “sigh“, che ironicamente fan pensare proprio alle sottoculture tanto vituperate da Burzum stesso.
Passando ai contenuti, “My Black Metal Story” non è una biografia degli anni artistici in senso stretto. Certo, Varg racconta della nascita della sua passione per la musica, delle prime esperienze con gli Old Funeral, dello sviluppo del progetto Burzum e del rapporto con la scena, ma è tutto funzionale, di fondo, al tema centrale che desidera sviscerare: il rapporto con Euronymous, la tragica notte dell’omicidio, il processo e le conseguenze sulla sua vita, almeno nella fase immediatamente successiva. E visto che il titolo comprende un esplicito “Part. I”, è facile pensare che potremo leggere anche un seguito a questo racconto.
La narrazione scorre fluida e piuttosto avvincente, come accennato sopra non si può negare come al Conte non manchi la capacità di espressione e di costruire un racconto solido; per quanto sia sempre funzionale a un certo vittimismo e privo di qualunque autocritica, se non nei limiti del “sono stato stupido a farmi coinvolgere“.
In in dei conti, è lo stesso approccio a cui ci ha abituato sul blog o sulle pagine social, almeno finché non sono state oscurate, allorché ammanta di filosofia o di riflessioni antropologiche le sue sparate sulla superiorità di certi gruppi etnici o sul complotto di certe supposte élite, che compaiono, sporadiche ma funzionali, anche tra queste pagine.
Fatta la tara, nel bene o nel male a seconda della vostra sensibilità, su queste tematiche, è comunque molto interessante la franchezza con cui Varg racconta non solo della sua vita da tardo adolescente, preferendo passare quasi per uno ‘sfigato’ tra mille virgolette rispetto a incensarsi, ma ovviamente torniamo al tema del minimizzare in questo modo il suo coinvolgimento e legame con il resto dell’Inner Circle, anche a fini autocelebrativi.
Il sottotesto dell’Io, solo ed eroico contro il mondo, è forte e permea anche la descrizione, dettagliata e senza riserbo, dell’omicidio e del processo, e al di là della sospensione di giudizio che si può tenere sulla pura dimensione processuale, fa impressione la serenità con cui viene escluso qualunque rimorso o senso di colpa: tutto ciò che è successo a partire dal 10 agosto 1993 – ma anche prima, a ben vedere – è stato quasi naturale e necessario e Varg sembra quasi essere più risentito del livore della stampa, della presa di distanza da parte della scena black, che a suo dire odiava Euronymous in toto, e dalla realizzazione di un disegno a tinte fosche contro di lui, che non dalla condanna in sé; per quanto accanto a ciò ci sia spazio, umanamente anche comprensibile, per riflessioni su una vita defraudata dal Sistema.
Molto interessanti e condivisibili, infine, le considerazioni sulla collocazione delle prime band black metal norvegesi nella storia del metal estremo, sia in termini di rapporto con la supposta ‘first wave’ black metal che rispetto alla strabordante ondata di band che presero forma dopo quel magico e ristretto lasso di tempo.
Nel complesso, la maggior parte delle cose scritte sono sì note da tempo, ma decisamente inedite anche per chi ha seguito assiduamente le sue pagine: è una lettura che non si approccia a cuor leggero, che richiede di essere pronti ad affrontare il personaggio prima della persona descritta, ma quasi fondamentale per chiunque ami la scena black metal.
In cui, almeno negli anni iniziali, il legame tra vita privata e produzione artistica era del resto inscindibile (in barba all’idealismo e a un paio di secoli di Estetica…).
- Autore: Varg Vikernes
- Anno: 2024
- Pagine: 150
- Prezzo: € 12,33