Report di Alessandro Elli e Sara Sostini
Ci sono date che sembrano quasi impossibili, quando annunciate: la tappa del tour europeo degli Abyssal al Centrale di Erba, in provincia di Como, rientra in questa categoria.
La prima apparizione in Italia della schiva formazione inglese ha tutte le carte in regola per essere uno di quei momenti ‘da non perdere’ per chi sguazza volentieri nelle profondità più oscure del metal estremo, e la risposta alla data organizzata dalla Necrotheism Prod. sembra essere, se non entusiasta come successo ad esempio per il concerto degli Akhlys nello stesso locale lo scorso settembre, comunque molto buona, specialmente se pensiamo al fatto che sia di martedì sera e in un locale ben fuori dalla ‘solita’ Milano.
Piccola nota (positiva) a margine, un’età media leggermente più bassa del solito: forse merito della scelta della Necrotheism di far entrare gratuitamente i minori di diciotto anni nelle proprie date (una scelta certo non semplice da fare, ma che ci sembra positiva), forse sintomo di un rinnovato interesse per note difficili e nerissime o magari un mix delle due, ma senza dubbio un aspetto bello e rinfrescante da avere sott’occhio in una serata del genere.
Sicuramente, in ogni caso, la proposta della serata è come dicevamo ghiotta per gli appassionati: a fiancheggiare le storture black dei britannici, infatti, troviamo i compagni di tour Aphotic, formazione italiana death-doom che vede tra le proprie fila membri di Fuoco Fatuo (tra gli altri) e qui al proprio ‘battesimo del fuoco’ in suolo natio, e gli italo-polacchi Amalekim, neo-adepti black metal freschi di pubblicazione su Avantgarde.
A voi il resoconto della serata.
Entriamo nel locale – popolato, ma ancora non proprio gremito – qualche minuto prima dell’inizio previsto del concerto, ma a causa di qualche problema tecnico gli AMALEKIM cominceranno a suonare solo una mezz’oretta dopo (con suoni all’inizio leggermente impastati ma poi migliorati nel corso del concerto).
Quando lo fanno, però, non passano certo inosservati: incappucciati e imbrattati di nero in volto come da manuale, con il logo/sigillo del nome a nascondere quasi interamente il cantante, i quattro, senza troppi preamboli, provvedono a scaraventare sugli astanti un black metal velenoso e tirato, che prende le movenze dalla scuola polacca di Mgła e Groza, con un occhio nostalgico all’operato dei Dissection, soprattutto nella costruzione di alcune melodie e un altro giustamente attento a quanto realizzato, in termini di reinterpetazione e personalità, da epigoni dei suddetti gruppi (leggasi ad esempio alla voce Gaerea, ma anche Uada).
Eravamo curiosi di testare la tenuta sul palco del gruppo, specialmente dopo aver ascoltato il recente “Avodah Zarah”: quello che vediamo è una band impegnata a costruirsi una propria dimensione live (ma d’altronde anche la formazione stessa di essa risale ‘solo’ al 2020), determinata sì a prendere a schiaffi (vagamente mistici, nichilisti quanto basta) in faccia la propria platea a suon di riff acuminati, intrecci in screaming e batteria drittissima, ma ancora senza quella forte coesione che deriva, solo ed inevitabilmente, dal macinare date su date dal vivo.
Il materiale su cui lavorare c’è (e non è certo di cattiva qualità), la volontà anche: ci riproponiamo di vederli ancora tra qualche tempo, se ne avremo occasione, per vedere come se la cavano. (Sara Sostini)
Restiamo sempre in ambito estremo, ma cambiamo totalmente sonorità con gli APHOTIC: il secondo gruppo italiano della serata non è ancora molto rodato in quanto ad attività live – anche se tra le poche date finora sostenute si può fregiare di un debutto ‘d’onore’ al passato Kill-Town Death Fest – ma i suoi componenti sono musicisti con una certa esperienza (Fuoco Fatuo, Blasphemer e Ekpyrosis tra le band precedenti) e probabilmente per questo motivo la band può già vantare una coesione invidiabile.
Il loro debutto “Abyssgazer” è stato una delle sorprese dello scorso anno, tanto che non è azzardato affermare che molti siano qui proprio per assistere all’esordio casalingo dei lombardi, tenuti a confermare quanto di buono prodotto su disco: non deve essere semplice riproporre su un palco il loro death/doom metal a tinte scure e lisergiche, ma i quattro ci riescono alla perfezione, con una prestazione che stupisce per maturità ed efficacia.
I melmosi riff prodotti dalle due chitarre acquistano un suono ancor più sinistro, la sezione ritmica convince nelle parti più veloci come nei frequenti rallentamenti e N. Gazer alla voce cambia registro con frequenza, utilizzando due diversi microfoni a seconda della tonalità in cui sta cantando. L’effetto è quello di una staticità paludosa, che per quaranta minuti ipnotizza il pubblico con sonorità che si sviluppano su più livelli e che spiccano per profondità senza perdere nulla in sostanza o dinamicità.
La resa sonora è ottimale, inclusa la scelta di un volume equilibrato che consente di apprezzare ogni singolo passaggio, e quella in cui si trovano stasera sembra essere la dimensione ideale per i lombardi, liberi di esprimere tutto il loro potenziale. (Alessandro Elli)
Se dovessimo invece riassumere in una sola parola l’esibizione degli ABYSSAL, diremmo ‘impegnativa’.
Un’ora abbondante di note nere, gravi e tormentate sono un macigno pesantissimo sia per le orecchie più allenate che per chi ne è artefice ed esecutore: eppure, se il pubblico ha ‘retto botta’ magari uscendo a respirare qua e là durante il set, da parte della band non c’è stato alcun tentennamento di sorta.
I cinque – anche loro incappucciati secondo tradizione, con il cantante e mastermind G.D.C. completamente foderato di nero tra veste, guanti, maschera sulla parte inferiore del viso e cappuccio – aprono letteralmente le cataratte del buio più nero, rovesciando sui presenti un flusso denso e compatto di note soffocanti, cupe e senza alcuna promessa di luce. I cinque musicisti sul palco a malapena interagiscono con il pubblico, troppo impegnati a declinare il proprio paradigma musicale in sfumature death (soprattutto in alcuni scambi tra chitarre e comparti ritmico, schizoidi e mirabilmente dissonanti), doom (nei rallentamenti pesanti, furibondi) e black metal, midollo spinale di tutto l’operato.
In alcuni passaggi ci ricordano quasi l’asfissiante follia dei Portal (anche a livello visuale), con un sentore generale opprimente simile a quello che si ha vedendo suonare gli Esoteric di Greg Chandler, pur essendo ovviamente diversa la proposta: in ogni caso non possiamo fare nient’altro se non accettare le taglienti bordate che con cieca dedizione gli Abyssal lanciano nei nostri padiglioni auricolari, notando al tempo stesso come, al netto di una certa staticità nelle movenze (con il solo frontman a muovere le mani in gesti evocatori di chissà quale forza distruttrice di psiche, mentre gli altri sono piegati sui propri strumenti), quello cui assistiamo è tutto fuorchè un concerto ‘distaccato’. Anzi, forse proprio l’economia di gesti, movimenti e interazione contribuisce a restituire uno show quadrato e granitico, con gli estratti dal bellissimo “Antikatastaseis” del 2015 a spiccare nel maelstrom gorgogliante che inghiotte l’intero locale.
Quando le ultime note si attenuano, quello che rimane sono orecchie che fischiano, un leggero boccheggiare generale, e la sensazione di aver assistito ad un concerto unico, nel grado di intensità e astrazione che gli Abyssal riescono ad evocare; non facile da vivere, ma questo tipo di musica non lo è mai, per genesi e natura – e se continuiamo, inevitabilmente, a trovarci un proprio senso, allora vuol dire che va bene così. (Sara Sostini)