Foto di Simona Luchini
Report di Carlo Paleari
Parlando di una giornata che prevede le esibizioni di numerose formazioni metal, abitualmente useremmo il termine ‘festival’, ma Feudalesimo e Libertà, celebre pagina satirica a tema medievale, non si può accontentare di un semplice festival! La loro, infatti, è un’Adunata, una chiamata alle armi per tutti i ‘sodali’, accorsi numerosi al Live Club di Trezzo sull’Adda per rendere omaggio all’Imperatore, combattere gli infedeli e bere cervogia, festeggiando l’ennesima vittoria.
Quest’anno l’Adunata raddoppia gli appuntamenti, con il sabato dedicato alle sonorità metal e la domenica più vicina al mondo del folk. Un palco principale, quello all’interno del Live Club, su cui si alternano le band più note e poi l’Hostaria, un secondo palco più piccolo, posto sotto il tendone, dove è possibile mangiare e guardare altre esibizioni, non meno interessanti.
All’esterno, come vuole la migliore tradizione medievale, una piccola fiera dove acquistare monili, magliette, sidro e tanto altro, oppure dove affrontarsi in una singolar tenzone armati di spade imbottite. E ancora un’area dedicata ai giochi di ruolo al piano superiore del locale, per arrivare poi all’imponente banco del merchandising di Feudalesimo e Libertà.
Non volevamo mancare a questo evento e, fedeli alla nostra linea, abbiamo scelto la prima giornata, quella più spiccatamente metal, per raccontarvi questa sesta Adunata. Ecco il nostro resoconto.
Sono circa le 15.30 quando entriamo al Live Club, giusto in tempo per assistere alla prima performance sul Palco Imperatore (quello principale). Si tratta, però, di un inizio anomalo, perché il primo show a cui assistiamo non è un concerto: SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA METAL è un podcast creato da Denis Bonetti (che i lettori più attenti avranno visto anche tra le nostre firme) e da Stefano Lolli, in arte Benzo e Viking.
Con più di cento episodi alle spalle ed una cadenza più o meno settimanale, i due hanno creato un format coinvolgente e sempre interessante che, partendo da un argomento specifico, si allarga a pensieri, riflessioni e consigli metallici, solitamente con il contributo di ospiti e addetti ai lavori.
Per l’occasione il podcast fa il suo debutto dal vivo, con una chiacchierata a quattro con Simone Pisano, uno dei patroni di Feudalesimo e Libertà, e con Don Alemanno, content creator e fumettista autore di “Jenus di Nazareth”.
I quarantacinque minuti a loro disposizione, meno di una puntata media del podcast, ci sono sembrati molto efficaci anche in questa veste live e siamo certi che questo formato potrà trovare spazio in altri luoghi ed altre occasioni simili. A questo punto, se ancora non avete avuto occasione di farlo, non vi resta che cercare Si Stava Meglio Quando Si Stava Metal sulle principali piattaforme di podcast o su YouTube: Benzo e Viking hanno confermato dal palco del Live Club che anche questo appuntamento è stato registrato e quindi potrete tranquillamente recuperare questa e tutte le altre puntate sui loro canali ufficiali.
Tocca quindi ai DERDIAN il compito di dare il via ai concerti sul Palco Imperatore. La formazione milanese con il suo power metal a tinte fantasy si incastra abbastanza bene nel contesto dell’Adunata e la band si rende protagonista di un set breve ma d’impatto.
Canzoni come “Human Reset”, “Battleplan” e “The Hunter” mostrano una band coesa, capace di scrivere canzoni classiche ma non banali, con il giusto equilibrio tra la potenza tipica del genere e le melodie semplici ed immediate. Il pubblico del Live Club non è ancora numerosissimo e molte persone stanno ancora bighellonando tra stand e banchetti vari, complice anche la bella giornata di sole dopo una settimana infinita di pioggia; ciononostante i presenti sembrano apprezzare la proposta e i Derdian si possono congedare tra gli applausi.
Il cambio di palco in attesa dell’arrivo dei VALLORCH segna una piccola battuta d’arresto nella scansione dei tempi del festival, a causa di non meglio precisati problemi tecnici che finiranno per incidere anche sulla durata dello show dei veneziani. I Vallorch si presentano al pubblico con uno stile perfetto per l’ambientazione: un folk metal sinfonico, caratterizzato dalla voce e dal flauto di Sara Tacchetto, che evoca paesaggi fiabeschi e leggende del passato.
Il pubblico inizia ad essere più numeroso e, soprattutto, la proposta della band sembra coinvolgere la platea, che si lascia trasportare dalle sonorità celtiche, scatenando balli, girotondi e perfino qualche momento di pogo.
Anche in questo caso, il set prevede giusto una manciata di canzoni, e sarebbe utile rivedere la band in un contesto da protagonisti per poter formulare un giudizio più accurato. Sicuramente avere davanti un pubblico così aperto e ben disposto verso la musica folk ha giocato più a favore dei Vallorch, rispetto ai pure solidissimi Derdian.
Se fino a questo momento abbiamo assistito a due esibizioni di buon livello, tocca ai TRICK OR TREAT alzare ulteriormente l’asticella con uno show veramente eccellente, che potrebbe tranquillamente candidarsi a migliore della giornata.
Il palco del Live Club viene rapidamente agghindato come un party di Halloween, con tanto di fantasmi gonfiabili e la band di Alle Conti si catapulta sul palco vestita da scheletri per una devastante “Creepy Symphony”, seguita a ruota da “Hungarian Hangover”.
I Trick Or Treat sono una certezza del power metal nostrano e la loro capacità di scrivere grandi canzoni senza mai prendersi troppo sul serio, in un continuo omaggio tra cultura pop e momenti nerd, è senza pari.
Così, ci ritroviamo a rievocare le gesta dello scontro tra Crystal il Cigno e Aquarius (anzi, tra Hyoga e Camus… perché se bisogna fare i nerd, non ci tiriamo certo indietro!) con “Aquarius: Diamond Dust”, per passare poco dopo a “Prince Valiant”, la sigla dell’omonimo cartone animato, che vede la presenza di Potowotominimak dei Nanowar Of Steel alla voce e il buon Alle Conti con un testa una maschera da ronzino. “Evil Needs Candies Too” è un altro momento di follia, con Jason Voorhees che fa il suo ingresso sul palco per distribuire caramelle mentre sul pubblico vengono lasciati palloni a forma di occhi e lecca-lecca, per poi arrivare alla chiusura affidata a “Crazy”.
La performance della band è eccellente sotto ogni punto di vista, da quello strumentale fino al coinvolgimento e al carisma sul palco. I Trick Or Treat meriterebbero davvero di più e fa al tempo ridere e riflettere la battuta fatta dal cantante poco prima di presentare la già citata “Prince Valiant”: “ventidue anni di carriera e il pubblico ci conosce soprattutto per un disco di canzoni di Cristina D’Avena!”. Di certo, anche alla luce dell’esibizione di cui andremo a parlare a breve, un posto più in alto in scaletta sarebbe stato davvero gradito.
Assistere ad un concerto degli ALL FOR METAL è un’esperienza estremamente interessante. Non da un punto di vista artistico, perché la loro proposta è risibile, totalmente priva di spunti artistici degni di nota, ma è utile per ragionare più sul suo pubblico che non sulla band in sé.
Partiamo dalla pura cronaca dei fatti: questa formazione ha debuttato nel 2023 con un album che puzza tanto di progetto creato a tavolino. Canzoni banali piene di tutti gli stereotipi dell’epic metal tedesco a tema vichingo, una versione ancora più fumettosa e cartoonesca dell’immaginario dei Manowar, con tutto l’armamentario annesso fatto di spadoni, martelli, cotte di maglia, muscoli in bella vista e via dicendo.
Il loro spettacolo è quasi totalmente visivo: c’è il gigantesco Tim ‘Tetzel’ Schmidt con l’asta del microfono a forma di spadone; c’è il bassista Florian Toma che si agita come un ossesso con movenze scimmiesche e una strana maschera da teschio; ci sono i due cantanti che si sfidano a vedere chi è ‘degno’ di sollevare il leggendario martello di Thor (e pensate, alla fine ci riesce una bambina! Che matti!); poi ci sono le ballerine-cubiste che ballano e c’è anche il momento della pubblicità, in cui la band interrompe il concerto (sì, avete letto bene, interrompe il concerto!) per mostrare le nuove bellissime t-shirt, indossate per l’occasione dalle ballerine e poi gettate in omaggio a due fortunati spettatori dopo un mini spogliarello al grido di “Take-it-off! Take-it-off!“.
Ecco, mentre guardavamo tutto questo, ci siamo interrogati a lungo su come interpretare un progetto come questo. Ci sono venute in mente tre possibili opzioni e lasciamo a voi decidere quale vi sembra la più probabile.
La prima ipotesi è quella dell’intento parodistico, una sorta di spettacolo di cosplayer che prendono in giro i cliché del metal, ipotesi supportata dal tour coi Lordi (che di certo seri non sono), oppure dal contesto stesso di Feudalesimo e Libertà. Ci sentiremmo però di escluderlo, perché la performance è sempre sopra le righe, ma non scade mai nella presa in giro – manca la satira, fondamentalmente.
La seconda ipotesi è che gli All For Metal ci credano veramente, che pensino che questo sia un modo per esprimere lo spirito fiero e guerresco dell’epic metal, che stia a loro raccogliere il testimone di album come “Into Glory Ride” e traghettarli nel 2024. Anche in questo caso, ci auguriamo di sbagliarci, perché questa interpretazione dell’epic metal è così grossolana e finta da risultare fastidiosa.
La terza, quella che scegliamo, è quella del puro e semplice entertainment da parco dei divertimenti. Avete presente quei grandi parchi tipo Disneyland o Gardaland, in cui spesso ci sono degli spettacoli dal vivo dedicati ai più piccoli, con combattimenti, costumi, effetti speciali e una platea che ride e fa “oooohhh” quando l’eroe cade indenne da una pedana con un doppio salto mortale? Ecco. E’ la stessa cosa. Gli All For Metal, ci auguriamo, sanno che non stanno cambiando le sorti del metal, ma non sono degli scappati di casa. Sanno suonare, sanno stare sul palco, sono dei professionisti, esattamente come l’attore vestito da Jack Sparrow o da Robin Hood che poi la sera recita l’Amleto nel teatro della sua città.
Va bene così, basta divertirsi? E’ un segno di come tutta la musica alla fine sia solo intrattenimento e/o business, heavy metal compreso? Scegliete voi, abbiamo speso già fin troppe parole su questo concerto.
La chiusura della prima giornata dell’Adunata è affidata ad un’altra eccellenza del metal italiano, i RHAPSODY OF FIRE, che tornano sul palco del Live Club per uno show di altissimo livello.
“The Dark Secret” ed “Unholy Warcry” aprono le danze e ci mostrano una band in formissima e coesa, la resa sonora è ottima e tutti i musicisti si rendono protagonisti di una performance curata e senza sbavature.
Giacomo Voli, in particolare, ci è parso veramente ai massimi livelli, un frontman davvero di valore capace di convincere non solo con la voce, ma anche con la sua fisicità e la sua interazione con il pubblico. Chi vi scrive aveva visto all’opera la band su questo stesso palco nel 2017, in occasione del nostro festival, e sebbene già all’epoca Voli ci era parso molto efficace, questi anni con la band l’hanno fatto crescere ulteriormente.
Ineccepibile anche il resto della formazione, con il mastermind Alex Staropoli che resta quasi nelle retrovie, lasciando ai suoi compagni il piacere di stare al centro del palco. La scaletta della serata ripercorre gran parte della carriera della band, dimostrando una continuità e una coerenza che non è stata intaccata dalla rivoluzione dell’epoca Turilli/Lione.
Così, canzoni recenti come “I’ll Be Your Hero” o la nuovissima “Challenge The Wind”, anteprima del nuovo album in uscita a fine mese, si affiancano a dei veri e propri classici come “The March Of The Swordmaster”, “Dawn Of Victory” (perfetta come chiusura), fino alla doppietta dei bis composta da “Land Of Immortals” e la leggendaria “Emerald Sword”. Il pubblico canta, salta, e si immerge totalmente nelle atmosfere fantasy della band, che in un contesto come quello di Feudalesimo e Libertà non può che sentirsi a casa.
Peccato solo non aver potuto ascoltare “Wisdom Of The Kings”, canzone suonata nelle recenti date del tour in Sudamerica e che, probabilmente per motivi di tempo, è stata sacrificata in questa serata. C’è però un’ultima sorpresa per il pubblico dell’Adunata: una volta concluso il set dei Rhapsody Of Fire, c’è spazio per un’ultima canzone, ovvero l’inno di Feudalesimo e Libertà, suonato per l’occasione da una superband, la Ad Astra Jam Band, formata da membri di Bardomagno, Nanowar Of Steel, Rhapsody Of Fire, Trick Or Treat e All For Metal (cubiste comprese). Un ultimo guizzo di follia che chiude con successo questa prima giornata dell’Adunata.
SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA METAL
DERDIAN
VALLORCH
TRICK OR TREAT
ALL FOR METAL
RHAPSODY OF FIRE
L’ADUNATA