Report a cura di Luca Paron
E venne il giorno… preceduto dalla scia delle sue stesse polemiche (probabilmente e molto furbescamente create ad arte da entourage e organizzatori vari per aumentare la visibilità e l’attenzione sull’evento), giunge alla fine in Italia, dopo un’assenza duranta circa dodici anni, uno dei gruppi storici più osannati a livello internazionale, uno dei cardini dell’hard rock americano: gli Aerosmith degli ex-"toxic twins" Steven Tyler e Joe Perry. La situazione sembrava delle più drammatiche: voci di abbandono, di ricerca di nuovi cantanti addirittura tra il gentil sesso, di band scoppiata che non si guarda più in faccia, oltre a lutti e diecimila problemi di salute; ma all’appuntamento dell’Heineken Jammin’ Festival 2010 al Parco San Giuliano di Mestre (VE), i cinque yankee si sono presentati uniti e in formissima, e anche se le leggende più incredibili hanno un fondo di verità, la sensazione comunicata dai "ragazzi" (sulla sessantina) dal palco è tutt’altro che quella di un gruppo con laceranti fratture interne. A contorno, in una giornata dove la colonnina di mercurio non è mai scesa sotto i trenta gradi neppure di sera, una immensa area verde costellata di alberi, stand di ogni tipo (da quello dei giochi ad acqua a quello dei preservativi) e tanta, tantissima gente (circa venticinquemila le presenze). Per dovere di cronaca, anche se relativamente meno interessante per i lettori di metalitalia.com, il bill della prima giornata dell’HJF 2010 ha visto esibirsi anche uno dei gruppi vincitori del contest dedicato, gli italiani La Fame di Camilla e Plan De Fuga, gli ottimi Stereophonics e i riformati Cranberries subito prima degli Aerosmith. Ma ecco il resoconto della portata principale…
AEROSMITH
Con qualche minuto di ritardo sull’orario previsto, e sotto una cappa di calore che non accenna a scemare malgrado il calare del sole, scende il tanto atteso sipario che precede l’ingresso dei musicisti. Pochi istanti ancora ed ecco che sulle note di "Love In An Elevator" fanno la loro comparsa gli americani e subito esplode la gioia infinita del pubblico, in un processo di spellamento delle mani e di affaticamento delle corde vocali che non cesserà per tutta la sera. La band impiega qualche canzone per carburare, così le iniziali "Back In The Saddle", "Falling In Love (Is Hard On The Knees)" e "Eat The Rich" sono buone ma ancora un po’ imbalsamate. Steven Tyler usa la (tanta) voce di cui è ancora provvisto in modo intelligente, e la scelta di non forzare gli acuti nei primi brani si farà apprezzare soprattuto verso fine show, quando darà il meglio di sé nei bis. Canzone dopo canzone gli Aerosmith crescono esponenzialmente e "Pink", "What It Takes" e "Mama Kin" fanno salire di molto la tensione. Su buonissimi livelli, ma non indimenticabili, a voler pettinare le bambole, "Livin’ On The Edge" e "Jaded": pur se ottimamente interpretate, la prima non è adattissima a esser suonata dal vivo, mentre la seconda è qualitativamente non paragonabile agli altri pezzi che troveranno posto in scaletta. I cinque non si fermano un secondo e non fanno pause tra i primi dieci pezzi: a diluire il ritmo dopo la cantatissima "Cryin’" un assolo di batteria di Joey Kramer, piuttosto di maniera ma efficace e condito dalle faccine divertenti dell’attempato batterista. Si riprende alla grande con "Rag Doll", la blues "Stop Messin’ Around" cantata da Joe Perry, e la obbligatoria e attesissima "I Don’t Want To Miss A Thing" che scatena il coro generale ancora una volta. E’ compito di Tom Hamilton introdurre al basso "Sweet Emotion", proveniente dal periodo che i fan più giovani dimostrano di non conoscere pienamente, ma che è suonata divinamente con tanto di jam finale da un gruppo che non sbaglia una nota e sembra davvero divertirsi a suonare insieme (alla faccia delle tante voci). Ancora blues con l’immortale e coverizzata da tutti "Baby, Please Don’t Go" di Big Joe Williams, seguita da "Draw the Line" che chiude tra gli applausi il concerto prima del rientro per i bis. Gli Aerosmith non si fanno attendere più di tanto ed è subito "Dream On" che, magnificamente interpretata da Tyler, sarà forse il punto più alto della serata. Gran canzone e gran gruppo. Ma le emozioni non sono finite: tocca ancora a "Walk This Way" e a "Toys In The Attic" prendersi gli ultimi consensi e lasciare un gran ricordo ai 25.000 presenti, chiudendo in bellezza una serata memorabile. Sarà perché forse mancavano dal Bel Paese da più di dieci anni, o perché è stata verosimilmente l’ultima occasione per goderseli, o ancora perché la band ha dimostrato di poter ancora mangiare il riso in testa alle miriadi di sbarbatelli dall’effimero successo, fatto sta che chi era al Parco di San Giuliano sabato tre luglio si è goduto uno dei concerti dall’anno, di una band che sembra tutto, meno che sul viale del tramonto. Grandissimi Aerosmith!
SETLIST
Love In An Elevator
Back In The Saddle
Falling In Love (Is Hard On The Knees)
Intro + Eat The Rich
Pink
Livin’ On The Edge
What It Takes
Jaded
Mama Kin
Cryin’
Drum Solo
Rag Doll
Stop Messin’ Around
I Don’t Want To Miss A Thing
Sweet Emotion
Baby, Please Don’t Go
Draw The Line
Encores:
Dream On
Walk This Way
Toys In The Attic