Introduzione e report a cura di Bianca Secchieri
Fotografie a cura di Giuseppe Melone
E’ la nostra prima volta all’Agglutination Metal Festival e purtroppo qualche problema legato alle tempistiche del viaggio e alla necessità di fronteggiare l’improvvisa malattia di un componente della piccola delegazione in terra lucana ci costringe ad un certo ritardo sul tabellone di marcia del festival. Per questi motivi non abbiamo potuto assistere alle prime esibizioni del pomeriggio, ovvero Rome In Monochrome (i vincitori del concorso Take Of Contest chiamati ad aprire la giornata) e Circle Of Witches, mentre durante il resto della giornata la nostra partecipazione è stata intermittente.
Quella di quest’anno è un’edizione quasi interamente dedicata al metallo tricolore – unica rilevantissima eccezione gli olandesi Pestilence – che abbraccia sottogeneri e generazioni di musicisti diversi. Prima di entrare nel dettaglio delle band in scaletta, un plauso va fatto ad una realtà quasi unica nel suo genere, capace di resistere alle difficoltà e agli scossoni del tempo, in grado di portare il metal italiano ed internazionale in tutte le sue sfaccettature (la varietà della proposta è una costante nei bill dell’Agglutination) in una realtà territoriale il più delle volte ignorata dai grandi nomi dalla bellezza di ormai ventiquattro anni! E’ per questo che il pubblico della giornata appare composto da fedelissimi del metal arrivati per lo più dalle regioni limitrofe, ma anche da giovani (e meno giovani) non così ‘eruditi’ e però molto curiosi di assistere e partecipare ad un evento di musica e, diciamolo pure, spettacolo.
Passione, impegno, un approccio solare e genuino, ma anche professionalità: queste le parole chiave utili a descrivere l’Agglutination Metal Festival, che si é svolto senza intoppi e ha assicurato (quasi) sempre un’ottima qualità del suono.
AD NOCTEM FUNERIIS
La band barese negli ultimi anni si è conquistata una posizione di rispetto nell’underground estremo, portando il proprio black metal violentemente anticristiano ovunque nella penisola, dal Molise del Magma Pure Underground Festival al Veneto del Verona Nera. Corpsepaint, cinturoni con borchie killer e croci rovesciate al collo, musicalmente i ragazzi pugliesi si collocano certamente nel punto più estremo dello spettro musicale proposto, grazie al black metal ruvido ed incentrato perlopiù su tempi veloci e d’impatto, con una struttura dei brani che mette in risalto le chitarre. Purtroppo, l’esibizione della band soffre di alcuni problemi tecnici, legati probabilmente proprio all’alto tasso di estremismo sonoro della loro proposta, black metal di matrice scandinava dal piglio old school. Forse abituati a contesti un po’ più raccolti e meno ‘generalisti’, gli Ad Noctem Funeriis non appaiono totalmente a proprio agio (la luce di metà pomeriggio, che pure è leggermente velata dalle nuvole, non è mai la scenografia ideale per set al fulmicotone di tetro metallo nero), ma, nonostante queste piccole problematiche, riescono comunque a tenere bene il palco, dimostrando la loro attitudine fiera e lontana dai compromessi e vomitando una manciata di brani neri e gelidi, che riesce ad avere buona presa sui presenti.
WITCHUNTER
Con i Cacciatori di Streghe abruzzesi facciamo invece un deciso salto nei dorati anni ‘80. La band originaria del teramano si rivela molto capace nell’intrattenere e coinvolgere un pubblico che dimostra di gradire parecchio il classico heavy/speed metal proposto (come dimostrato nell’omonimo cavallo di battaglia). La band non inventa nulla ma reinterpreta la lezione proveniente dalla NWOBHM e dal power/speed teutonico in maniera divertente e convincente, dimostrando di avere l’attitudine e le capacità giuste per stare sul palco. Fortunatamente i problemi di suono non si ripetono – avvalorando la tesi che lega questi ultimi alla pesantezza dei suoni richiesta – e i Nostri possono completare il proprio apprezzato set, all’interno del quale ci sembra di riconoscere “Hell For Leather”, anthem dal ritmo tirato risalente alla prima demo dei Witchunter.
NECRODEATH
Arriviamo alla storica band genovese, fresca di nuova uscita (Hot Album su Metalitalia.com, leggi la recensione qui). Quella dell’Agglutination è l’ultima data in programma prevista per la primavera/estate, a chiusura di un tour promozionale che ha portato i Nostri ad esibirsi in quasi tutta Italia e anche Oltralpe. Purtroppo, come chi li ha preceduti, i liguri soffrono di qualche problema ai suoni, che per fortuna si risolvono con il procedere dell’esibizione. Nonostante ciò, abbiamo di fronte un gruppo compatto e ben rodato, nel quale si distinguono l’eccellente lavoro dietro le pelli di Peso e le trame chitarristiche di Pier. Flegias si dimostra ancora una volta frontman carismatico, nonostante la voce non sia proprio al massimo della forma, e commuove il suo pensiero rivolto alla collega e amica Cadaveria in questo delicato momento della sua vita. Il black/thrash putrido dei quattro trascina il pubblico, tra vecchi classici (“Mater Tenebrarum”, “The Creature”) e nuovi pezzi, che dimostrano di funzionare benissimo in sede live (“The Whore Of Salem”). Chiudono una performance memorabile la sublime “Hate And Scorn” – capace di accendere ulteriormente gli animi e far muovere teste e gambe – e la cover di un classicone a firma Slayer chiamato “Black Magick”. Una conferma da una band che riesce a rimanere vitale ed interessante nonostante i molti anni di attività. Speriamo di rivederli presto.
FOLKSTONE
E’ la volta dei bardi bergamaschi, i quali portano un deciso cambio di atmosfera. Nonostante siano parecchio lontani dalla loro terra d’origine e zone limitrofe (nelle quali i Nostri godono di fan fedelissimi), possiamo constatare come il loro seguito sia notevole anche qui all’Agglutination, festival che li ha peraltro già ospitati nel 2013. Gli otto musicisti appaiono perfettamente a loro agio e con il loro folk metal/rock guadagnano consensi anche tra chi è tra il pubblico in veste di semplice curioso, tra accenni di ballo e battimani. La formula dei Folkstone è semplice e vincente: strumenti tradizionali (cornamuse e bombarda la fanno da padrone), ritmo e testi in italiano. Sebbene siano relativamente freschi di uscita (“Ossidiana” è fuori da fine 2017), la scaletta è costituita principalmente da brani più datati: “Nebbie”, chiaramente dedicata alle bianche coltri che invadono la Pianura Padana; l’omonima e allegra “Folkstone”, il cui ritornello risulta contagioso anche per chi non conosce il brano; sino al vecchio cavallo di battaglia “Con Passo Pesante”. La proposta dei Folkstone può non piacere e si può discutere sulla loro presenza così alta in un contesto fondamentalmente estremo e a confronto con una band storica come i Necrodeath, ma non si può negare che la band del frontman Lore svolga bene il suo mestiere, mettendoci anche una bella dose di cuore e anima, caratteristica che – insieme all’accessibilità del sound – fa di loro uno dei gruppi più apprezzati dal pubblico di questo festival.
PESTILENCE
Siamo giunti ai co-headliner del festival, i controversi deathster olandesi Pestilence. Accuse di una reunion dettata dal mero interesse economico, tour annullati, prese di distanza da parte di altri gruppi: la band capitanata da Patrick Mameli ultimamente è sulla cresta del gossip metallaro e al centro del boicottaggio della critica più ideologizzata. A noi di tutto questo non frega nulla e ci approcciamo all’esibizione con viva curiosità, memori anche del buon lavoro svolto durante le date italiane lo scorso febbraio (potete dare uno sguardo ai report di San Donà Di Piave e Milano qui e qui). Rompiamo immediatamente gli indugi: quella che abbiamo di fronte è una band compatta e in ottima forma, che snocciola principalmente – e saggiamente – vecchi classici con perizia tecnica e cattiveria assassina. “Twisted Truth” e “Land Of Tears” deliziano un pubblico attento ed animato, con il loro mix perfetto di brutalità e classe nel quale brillano i lunghi e intricati assoli. Nessun appunto da fare, resta solo da godersi un death metal che sa essere tecnico e fantasioso allo stesso tempo, capace di creare atmosfere oscure che sembrano provenire da tempi e luoghi lontani. La scaletta tende ad omaggiare i primi tre capolavori della band e ci fa ascoltare qualcosa dall’ultimo uscito, il buon “Hadeon”. Complice l’ottimo settaggio dei suoni, l’esibizione scivola via che è un piacere e gli olandesi terminano il set con un’ultima killer track, “Out Of The Body”. Operazione di marketing? Probabile, sicuramente ci resta una bella esibizione da parte di una band che sa divertire e sembra anche divertirsi.
DEATH SS
Avevamo lasciato il Vampiro e le altre creature demoniache lo scorso settembre, con l’esplosiva esibizione come headliner del secondo giorno del Metalitalia.com Festival in quel di Trezzo sull’Adda. Nell’anno ormai quasi trascorso è cresciuta l’attesa per il prossimo capitolo della band, quel “Rock‘N’Roll Armageddon” di cui potete leggere un resoconto traccia per traccia in anteprima qui, e che troviamo disponibile – a sorpresa, essendo ufficialmente in uscita il prossimo 7 settembre – allo stand ufficiale dei Death SS, assieme all’omonimo singolo. Ci colpisce come, durante il cambio palco, il pubblico abbandoni tranquillamente le prime file per una sosta agli stand del merchandise o per una birra, permettendoci di raggiungere un fortunato posto alle transenne, chiaro segno dell’atmosfera rilassata che anima il festival.
L’attesa per fortuna non è lunga e il classico “Ave Satani” ci annuncia che il rituale sta iniziando: la tripletta iniziale – “Peace Of Mind”, “Horrible Eyes”, “Cursed Mama” – è da infarto e riporta alla mente lo storico live “The Cursed Concert” del 1992. La band appare sin da subito in splendida forma, coesa e carica di energia. Il palco dell’Agglutination ospita perfettamente la scenografia che supporta lo show, che come è usuale prevede vistosi microfoni con l’asta a forma di croce cristiana, coriandoli e fuochi pirotecnici, oltre a video proiettati alla spalle dei musicisti e alle piccole rappresentazioni sceniche che animano molti pezzi. Un’odalisca mascherata entra appunto in scena durante “The Crimson Shrine”, primo momento nel quale i Nostri allentano un po’ il ritmo in favore del loro lato più romantico, che viene presto però spezzato da un altro grande classico, una “Where Have You Gone” al fulmicotone. La doppietta successiva è dedicata a “Do What Thou Wilt”, dal quale vengono estratti “Baron Samedi”, che vede Steve Sylvester, in veste di traghettatore dei morti, attirare a sé tre giovani anime rapite dal suo potere, e l’immensa “Scarlet Woman”, sulle note della quale interviene una performer in tenuta decisamente piccante. Non possiamo continuare non citando “Terror”, uno dei primissimi brani composti e registrati dalla incarnazione primigenia della creatura Death SS, che affascina sempre con il suo crescendo di mistero sino all’epilogo finale, con uno Steve Sylvester vinto da esseri mostruosi (ancora le versatili performer). Non c’è tempo per rilassarsi, sirene minacciose introducono il nuovo singolo “Rock’N’Roll Armageddon”, che dimostra tutto il suo potenziale anthemico: il pubblico canta un ritornello che sembra scritto proprio per i live, in un clima che si dimostra caldo e divertente, anche se l’audience dell’Agglutination è attentissima ma non scatenata. L’ultima parte dello show si dipana tra classici vecchi e nuovi: “Baphomet”, “Dionysus” – che vede nuovamente sul palco una danzatrice mascherata – la cantatissima “Hi-Tech Jesus” e “Panic”. La chiusura è affidata all’immancabile e rocciosa “Heavy Demons”, unico encore (“Let The Sabbath Begin”, “Family Vault” e “Inquisitor” devono purtroppo essere sacrificate) al quale partecipano tre diavolesse in rosso, che offrono ostie al pubblico delle prime file secondo un copione conosciuto ma che non è mai perfettamente uguale a se stesso, e per questo capace di intrattenere ogni volta.
Ci resta negli occhi e nel cuore un grandissimo show, l’unione perfetta di heavy metal, teatralità horror e cura per i dettagli. Tutto in questa serata si è infatti incastrato perfettamente, ennesima dimostrazione che i Death SS, a più di quarant’anni dalla loro nascita, sono un’entità viva e pulsante. Lasciamo il festival col sorriso, cogliendo commenti estasiati di chi, pur non conoscendo bene il gruppo, afferma che il live appena terminato è stato il più bello mai vissuto sotto al palco dell’Agglutination.
Guarda la gallery completa dell’Agglutination Metal Festival 2018 qui.