A cura di Matteo Cereda
Per gli Airbourne è venuto il momento di saldare il debito con il pubblico italiano. La band australiana si vide costretta nel luglio di quest’anno ad annullare l’unica data sul suolo italico prevista in quel di Genova per problemi in verità attribuibili alla location stessa, ed allora ecco che, per celebrare l’uscita del soddisfacente “No Guts No Glory”, i fratelli O’Keeffe si presentano puntuali a Milano in compagnia degli emergenti Enforcer.
ENFORCER
Gli Enforcer suonano uno speed metal vecchio stampo ricco di riferimenti alla scena classic e thrash anni ’80 e, per lo meno dal punto di vista visivo, convincono la maggior parte dei presenti che tributerà loro nel corso dello spettacolo una meritata dose di applausi. Discutibile nel songwriting derivativo e nel look a dir poco tamarro, la band svedese convince soprattutto grazie ad una prestazione grintosa e contagiosa al tempo stesso. Il quintetto scandinavo nella mezz’ora abbondante a disposizione si muove, suda e suona con trasporto le varie canzoni con l’eccitatissimo singer Olof Wikstrand a dominare la scena, grazie a continui incitamenti e per la verità fastidiosi vocalizzi da sirena. La performance a dir poco movimentata degli Enforcer incontra più di una pecca dal punto di vista tecnico, ma d’altra parte la dispendiosa presenza scenica, la giovane età dei musicisti e una resa sonora non eccelsa sono scuse attendibili e poi il fatto sembra irrilevante per il pubblico, visibilmente rapito dall’entusiasmo di questi ragazzi.
AIRBOURNE
L’Alcatraz di Milano in versione ridotta è ormai pieno quando gli Airbourne salgono in cattedra sulle note dell’ottima “Raise The Flag”. Alle spalle della band capeggia lo striscione con il logo, e l’entusiasmo tra i presenti di tutte le età è palpabile. La resa sonora appare sin dal primo istante pulita e potente al tempo stesso, garantendo il giusto supporto alla band australiana che dal canto suo ingrana subito la quarta con una prestazione concreta e trascinante al tempo stesso. Dal punto di vista tecnico le uniche sbavature sono attribuibili al leggero calo di voce che colpisce il leader Joel O’Keeffe nel finale, ma il cantante-chitarrista saprà farsi perdonare con una presenza scenica di spessore che raggiunge l’apice nella scorribanda tra il pubblico in spalla ad un uomo della sicurezza. Gli Airbourne incalzano le varie canzoni concedendosi poche pause tra un pezzo e l’altro, giusto il tempo per il solito Joel di aprire qualche lattina di birra spaccandosela in testa tra lo stupore e la gioia dei presenti. La scaletta pesca equamente dall’ultima release “No Guts, No Glory” e il debutto “Runnin’ Wild”, e ascoltando le varie “Hellfire”, “Blonde Bad And Beautiful”, “Girls In Black” o “No Way But The Hard Way” appare chiaro come entrambe le due release sin qui pubblicate dalla band funzionino a meraviglia in sede live a dispetto della scarsa originalità della proposta. Dopo la pausa si scatena un vero delirio tra il pubblico durante le esecuzioni dei bis “Runnin’ Wild” e “Stand Up For Rock N’ Roll”, prima del congedo finale che lascia il pubblico visibilmente soddisfatto. Gli Airbourne si dimostrano una band che trova la propria dimensione ideale proprio in sede live, i musicisti suonano con sfrontatezza e disinvoltura, e sembrano divertirsi un sacco proprio come noi che li abbiamo visti all’opera.