Report di Denis Bonetti
Foto di Nicolette Radoi
Organizzare concerti durante la settimana in Italia è sempre un’incognita: stiamo parlando di un dato di fatto sicuramente per i promoter e gli addetti ai lavori, ma crediamo che ormai questo ‘rischio’ risulti piuttosto evidente anche ai semplici appassionati.
Senza voler per forza addentrarsi in discorsi molto complessi, gli eventi infrasettimanali anche di nomi piuttosto noti nel nostro Paese non sempre ottengono il successo sperato, ed è con queste riflessioni in testa che ci siamo recati, alcuni giorni fa, verso il non proprio comodissimo Centrale Rock Pub di Erba, con l’intenzione di verificare se la prima data italiana degli Akhlys fosse in grado di sostenersi con un numero di paganti soddisfacente.
Di sicuro siamo partiti da casa con una buona impressione iniziale, vista la scelta di non riempire il bill con superflui opener e di conseguenza avere orari ‘umani’ e una conclusione prevista entro le 23.30. Se controllare il flusso e le scelte del pubblico nello Stivale è un compito difficile – Iron Maiden e Metallica a parte – il successo dei piccoli eventi dipende anche dalle scelte degli organizzatori e dei locali: in questo caso il nostro plauso va alla Necrotheism, che ha azzeccato il contenitore. Noi stessi, non residenti in Lombardia, senza una schedula di questo tipo probabilmente non saremmo mai partiti alla volta di Como, e invece siamo qui a raccontarvi come è andata.
L’unica esibizione prevista prima dei blackster statunitensi sono gli italiani NUBIVAGANT, progetto del batterista toscano Gionata Potenti, già con Frostmoon Eclipse e Darvaza. L’affluenza è già notevole e l’atmosfera in quel del Centrale sembra proprio quella giusta, quando i due membri dei Nubivagant salgono sul palco.
La proposta dei nostri parte sicuramente dal black metal, ma trova una sua originalità con la voce pulita proprio di Omega/Gionata Potenti, abile nel ricreare melodie affini a Bathory o ai tardi Enslaved. Radicate non solamente nel black metal classico, le chitarre si muovono invece in territori più vasti, meno confinati al metal estremo: per noi sono riconoscibili apprezzati spunti più vicini al filone più moderno del black metal dagli Agalloch in poi.
L’esibizione, strumentalmente parlando, è abbastanza dinamica ed interessante, ma rispetto a quanto abbiamo sentito nei due album in studio manca forse di una certa profondità nei suoni (sul palco ci sono solo due elementi ad occuparsi di chitarra, voce e batteria) e a lungo andare le melodie vocali sono forse troppo affini tra di loro, creando sì un suono coeso e personale, ma non ancora in grado di far spiccare questo o quel brano.
Sembra un suono in evoluzione, quello dei Nubivagant, e siamo curiosi di vedere quali saranno gli sviluppi futuri.
In perfetto orario dopo il cambio palco è il turno degli statunitensi AKHLYS, un nome che si conferma essere realmente apprezzato dalle nostre parti, visto che quando i quattro musicisti iniziano la loro esibizione il Centrale Rock Pub è decisamente pieno. L’affluenza, a quanto abbiamo appreso, si è assestata ben oltre le centocinquanta presenze, e per un concerto underground infrasettimanale ci sembra un grande risultato.
I blackster dal Colorado prendono posizione ma alla fine dell’intro purtroppo ci aspetta una brutta sorpresa, visto che il muro di suono che ci hanno abituato dischi come i bellissimi “The Dreaming I” e “Melinoë” non si realizza, acusticamente parlando; ovviamente dapprima speriamo che siano i soliti minuti di assestamento, ma purtroppo pezzo dopo pezzo non ci è mai parso, in tutto il set, che il mix dei suoni sia stato ottimale.
Abbiamo provato a spostarci in diversi punti del locale, ma le chitarre sono rimaste più o meno sepolte nel mix e anche la voce non è mai arrivata a graffiare del tutto: è un peccato, perché la prestazione della band sembra davvero buona a partire dalla disinvoltura dei singoli.
Due parole vanno spese per l’approccio scenico di Naas Alcameth e soci: un palco non grandissimo come quello del Centrale non lascia spazio a molto di più di un backdrop e ai costumi dei nostri, ma è più che sufficiente a realizzare un impatto visivo notevole. A metà tra l’infernale e il post-atomico, l’aspetto dei quattro musicisti è molto bello da vedere e, aiutato dai giochi di luce, si è davvero davanti ad una performance, più che ad una semplice esibizione musicale (allo stesso modo, i nostri scelgono di non interagire con il pubblico più di tanto, altra scelta azzeccata, capace di contribuire all’alone di mistero).
I tempi di esecuzione sono serrati e si alternano estratti dai due album citati in precedenza: se, con le chitarre in sofferenza nel mix, le bordate più veloci perdono un po’, restano evocativi gli intermezzi cadenzati e sulfurei.
A livello di scaletta, riconosciamo i singoli “Ephialtes”, “Pnigalion” ed “Incubatio” da “Melinoë”, più alcuni estratti dal precedente e notiamo come il pubblico apprezzi davvero l’esibizione, nonostante tutto. Certo, ci sarebbe piaciuto essere davvero investiti dal muro di oscurità che Naas è stato in grado di proporre in studio negli ultimi anni, ma non possiamo dire di essere tornati a casa del tutto scontenti.
Adesso, semplicemente, ci verrebbe voglia di vederli un fest all’aperto, con un palco e un impianto differenti per capire se esiste un’altra versione live degli Akhlys.
NUBIVAGANT
AKHLYS