08/02/2014 - ALCEST + HEXVESSEL + THE FAUNS @ Colony Club - Brescia

Pubblicato il 10/02/2014 da

A cura di Thomas Ciapponi

E’ consuetudine della band francese gettarsi a capofitto in un tour europeo immediatamente dopo la pubblicazione di un nuovo album. Così accade anche nel 2014, dove Neige e soci sembrano intenzionati a proporre gli Alcest nella loro nuova versione “pura” e “disintossicata” dopo la pubblicazione di “Shelter”, opera che getta definitivamente le basi verso un’irrimediabile apertura a sonorità pulsanti e dai colori più vivi. Anche i gruppi chiamati ad affiancare i parigini sembrano essere stati selezionati proprio seguendo quel discorso di purificazione interiore ed esteriore al centro dell’orbita-Alcest: i britannici The Fauns, anche loro freschi di pubblicazione con il nuovo “Lights”, e i finnici Hexvessel, gli outsider della serata, miracolosa compagine neo-folk che con l’acclamato “No Holier Temple” è riuscita a portare la psichedelia nelle profonde evocazioni druidiche per un risultato strabiliante. Una carovana musicale impregnata di fluidi vitali e sensazioni vive, quindi, non più contornata da quella malinconia onnipresente nelle score uscite degli headliner. Un viaggio che si chiude proprio nel nostro paese in quel di Brescia, in un piovoso e nebbioso sabato sera di inizio febbraio ad un Circolo Colony certo non straripante ma comunque carico di numerosi avventori presenti – giustamente – soprattutto per i francesi.

alcest - tour - 2014

THE FAUNS
Nel massimo rispetto degli orari in scaletta, i The Fauns fanno il loro ingresso sul palco del locale capeggiati dalla cantante Alison Garner, concedetecelo, per una volta finalmente risparmiata dalle classiche urla di approvazione sessuale del pubblico. In molti si chiedono chi sono questi inglesi: la risposta è da trovarsi all’interno di un circuito nu shoegaze invero poco conosciuto nei “nostri” ambienti. C’è dunque un gran silenzio ed una grande attenzione nelle battute iniziali di un’esibizione di certo non memorabile, sicuramente non tra le più energiche alle quali abbiamo mai assistito, ma comunque impeccabile dal punto di vista della performance e della maturità artistica che questi musicisti sono riusciti a trasmettere. Al contrario di quanto si possa pensare, non è certo la voce di Alison il vero punto forte della band – in effetti, la sua esibizione ci è sembrata piuttosto timida – ma, al contrario, una sicurezza dell’apparato strumentale rintracciabile in brani colorati e ricchi di sfumature che si sono via via susseguiti senza soluzione di continuità per circa quarantacinque minuti, alternandosi tra episodi più cupi e introspettivi – quelli secondo noi meno solidi – e ad altri maggiormente propensi ad aperture pop come l’ottima “Seven Hours”. Qualche nuovo fan potrebbero esserselo guadagnato.

HEXVESSEL
In apertura li definivamo outsider della serata e così in effetti è stato. Gli Hexvessel hanno diviso il pubblico tra nuovi cultori e scettici poco convinti dalla reale efficacia della band finlandese, tra adoratori della natura e del suo potere psichedelico e inquietanti sguardi confusi verso un genere musicale difficile da inquadrare. Il druido Kvohst e i suoi migliori adepti questa sera rappresentano una parentesi poco chiara all’interno di un bill dalle indubbie intenzionalità struggenti e la cosa spaventa, stordisce. Presentarsi sul palco con “Tunnel At The End Of The Light” è da folli e Kvohst è un folle a tutti gli effetti, ben presto al centro dell’attenzione con mimiche e movenze da vero leader, una calamita in mezzo ad un pubblico sempre più abbondante e tutto sommato curioso verso quello che sta succedendo sul palco. Bastano cinque miseri brani per consumare il legame magico-mistico che questi musicisti sono stati in grado di creare tra accordi di una bellezza rustica ma anche epica, divagazioni psichedeliche, violini impazziti, macigni di riff doom e pura poesia primordiale. La band dal vivo guadagna in pesantezza e ruvidità, accentuando ulteriormente un taglio rock non del tutto scontato scorrendo via via i brani dei lavori fino ad oggi pubblicati. L’improvvisazione, poi, rende il prodotto finale molto più vero, quasi “palpabile”, come una sorta di naturale evoluzione primigenia di quello che era già stato scritto. Ad accompagnare Kvohst troviamo poi musicisti che, a discapito di un aspetto fisico molto rude e terra-terra, risultano preparatissimi e impeccabili quando si tratta di seguire il leader nelle sue esplorazioni psycho-folkloristiche sulle prolungate “His Portal Tomb” e “Yor Head Is Reeling”. “Sacred Marriage” e “Woods To Conjure” hanno invece dalla loro una carica emotiva senza precedenti, molto più gradite da un pubblico che, questa sera, predilige la classica forma canzone piuttosto che l’alternanza tra progressive e fumoso doom sciamanico. Il susseguirsi di queste note così diverse, la consapevolezza di non avere completamente in pugno il significato musicale degli Hexvessel e il pressoché totale spaesamento hanno contribuito a rendere la performance dei Nostri un vero e proprio (mini)evento da incorniciare. Con un nodo alla gola, li aspettiamo il prima possibile da headliner, magari ad un festival open air al chiaro di luna, sulla falsariga dell’inimitabile Stella Natura.

ALCEST
I francesi dovranno sudare freddo per non sfigurare di fronte all’immensa performance dei druidi, anche se, a dire la verità, la maggior parte dei presenti non aspettava altro che questo momento.  Il gruppo si presenta sul palco con la scontata “Opale”, singolone d’apertura del nuovo album, e già dalle prime battute si avverte che qualcosa è cambiato. Neige, oramai, viaggia in lungo e in largo l’Europa e il resto del mondo già da qualche tempo per promuovere la sua musica, quindi, di conseguenza, di quel ragazzo timido e schivo che restava immobile sul palco fino a qualche tempo fa non è rimasto più nulla. Largo ad un nuovo Neige sorridente ed euforico, non scatenato (non è nella sua personalità), ma indubbiamente coinvolgente, vero e proprio frontman a suo agio con il pubblico ed il palco. Un atteggiamento adatto per affrontare di petto il mood tutto nuovo dei brani più recenti del repertorio, quelli dotati di un maggiore tiro “rock” rispetto alle instabili inquietudini degli esordi. In questo senso, la band si è calata in un ruolo sicuramente adatto, un rinnovamento salutare e quasi obbligatorio per impedire alla vecchia formula di raggiungere un immobilismo artistico cancro del “nostro” genere ma anche della musica in generale. Detto ciò, la performance è risultata riuscita proprio in questo senso, prima penalizzata da qualche problema di troppo con i suoni, poi via via assestatasi su livelli gradevolissimi, dove i Nostri hanno mantenuto un’intensità di esecuzione lodevole, aiutata da un freschissimo stato di forma del leader, come sempre vero e proprio punto di incontro tra la sua musica e i piaceri del pubblico, forse non un grande catalizzatore, ma bravo quanto basta nel trasmettere alla gente anche il più piccolo stato d’animo infuso in ogni singola nota. Prevedibile la scaletta incentrata sugli ultimi due lavori, quelli più “rinnovati” e liberi dalle vecchie scorie, ben accolti da un pubblico visibilmente contento e appagato da quanto messo in mostra, particolarmente propenso ad accogliere a braccia aperte questo nuovo corso. Un cambio di rotta che sembra non aver intaccato minimamente la band e la sua resa, ben lieta di offrire ai propri supporter una serata piacevolmente pacata e, agli scettici, un motivo in più per poter sciogliere ogni dubbio circa le reali potenzialità attuali.

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