29/06/2022 - ALICE COOPER + MICHAEL MONROE @ Alcatraz - Milano

Pubblicato il 04/07/2022 da

Report a cura di Carlo Paleari
Foto di Moira Carola

Si può rimanere ancora a bocca aperta di fronte all’esibizione di un artista che si è già visto dal vivo più e più volte? Certamente sì, se parliamo di Alice Cooper, un artista che, alla veneranda età di settantaquattro anni, è ancora capace di mettere in piedi uno spettacolo clamoroso, supportato da una band coesa e perfettamente calata nel suo immaginario horror. Ed è ancora più vero, se ad aprire la serata troviamo un altro performer pazzesco come Michael Monroe, un frontman che ha preso l’Alcatraz e l’ha letteralmente spazzato via con il suo carisma, riuscendo nella difficile impresa di tenere il passo con una leggenda del palco del calibro di Alice. Un’accoppiata esplosiva che ha infiammato il pubblico dell’Alcatraz e che ha segnato una delle migliori date a cui abbiamo avuto il piacere di assistere. Vi lasciamo quindi ai nostri scatti e alla cronaca di una serata praticamente perfetta.

 

 

Ad aprire le danze, come abbiamo anticipato, ecco arrivare come un ciclone MICHAEL MONROE, accompagnato dalla sua solidissima band, che attacca subito con “One Man Gang”. La prima parte del concerto rende subito evidente come il cantante non abbia alcuna intenzione di arrendersi ad un set puramente nostalgico, concentrandosi invece sui suoi lavori solisti degli ultimi dieci anni, una scelta che, vista la qualità delle canzoni proposte, ci è parsa tutt’altro che disprezzabile. Tutta la band è carica e potente, ma è ovviamente Monroe a catalizzare l’attenzione di tutti, sfoderando tutto il mestiere di chi sa tenere la folla sul palmo di mano: Michael incita il pubblico, si sventaglia come una diva d’altri tempi, fa roteare il microfono (rigorosamente col cavo) e se lo attorciglia addosso con fare ammiccante, gioca con l’asta addobbata da foulard, il tutto senza mai stare fermo un attimo. Su “Trick Of The Wrist” fa la sua prima comparsa il sassofono, mentre durante l’esecuzione di “’78” il cantante inizia ad arrampicarsi per finire a cantare a cavalcioni di una colonna di amplificatori. Naturalmente non possono mancare un paio di episodi degli Hanoi Rocks, nello specifico “Malibu Beach Nightmare” e “Motorvatin'”, che scaldano ancora di più la platea già molto partecipe, mentre la cover del classico dei Creedence Clearwater Revival, “Up Around The Bend”, viene accolto da una vera e propria ovazione. Cinquanta minuti esplosivi, che si chiudono con “Dead, Jail Or Rock ‘n’ Roll” tra gli applausi e le urla del pubblico. La serata non poteva iniziare in modo migliore di così.

Un grande telo con gli occhi cerchiati di Alice copre la visuale del palco e quando, spentesi le luci, viene finalmente svelata la scenografia, notiamo con piacere il ritorno del castello dell’incubo, lo stesso set che avevamo avuto modo di apprezzare nella data di Torino di tre anni fa. Lo spettacolo comincia col botto con “Feed My Frankenstein” ed ALICE COOPER fa il suo ingresso sul palco vestito di pelle nera e con una alta tuba in testa. Il concerto prosegue e ci accorgiamo di come anche la scaletta sia fondamentalmente la stessa di tre fa, ma questa sera ci sembra che Alice sia ancora più in forma del solito: è come se gli anni della pandemia per lui non fossero passati e tutti i musicisti sul palco sembrano ancora più precisi e coordinati, diventando parte integrante dello show, in un perfetto timing tra musica, teatro ed effetti speciali. Con una discografia immensa come quella di Alice, è impossibile riuscire a coprire ogni album e così ci troviamo a saltare tra passato e futuro, ora indugiando sul materiale più ruffiano degli anni Ottanta (“Bed Of Nails”, “Hey Stoopid”), ora tuffandoci nei grandi classici dei Settanta (“No More Mr Nice Guy”, “Be My Lover”, “I’m Eighteen” e tante altre). Dall’ultimo album in studio viene scelta “Go Man Go”, con la sua carica punk, mentre “He’s Back (The Man Behind The Mask)” vede comparire sul palco il buon vecchio Jason Voorhees, pronto ad affettare a colpi di machete un paio di ragazzine vanesie impegnate a farsi selfie sul palco. La componente teatrale è sempre fondamentale in un concerto di Alice Cooper e ancora una volta possiamo vedere il mostro di Frankenstein attraversare ad ampie falcate il palco, vediamo un gigantesco neonato sbucare fuori dalla torre del castello in “Billion Dollar Babies”, mentre la sposa cadavere interpretata dalla moglie di Alice, Sheryl Goddard, viene prima baciata e poi uccisa di nuovo in “Roses On White Lace”. Come di consueto c’è un lungo momento strumentale dedicato alla band, sulle note di “Black Widow”, in cui ciascuno dei musicisti può ritagliarsi uno spazio sotto i riflettori: la parte del leone qui la fa Nita Strauss, diventata ormai una colonna portante nella band di Alice, ma anche il batterista Glen Sobel, con le sue facce e i suoi numeri con le bacchette viene accolto da una ovazione entusiasta. Proprio questa parentesi è ciò che segna l’inizio della parte più teatrale del concerto: Alice ricompare sul palco, fasciato dalla sua celebre camicia di forza e ci canta “Steven”. Ancora una volta, ma questa sera in maniera particolare, rimaniamo colpiti dalla capacità interpretativa del cantante che vive letteralmente ogni verso declamato, con gli occhi folli e spiritati. Una performance sublime che, assieme alla successiva “Dead Babies”, segna a nostro parere l’apice del concerto. Naturalmente non sarebbe un concerto di Alice Cooper senza una sana esecuzione e quindi ancora una volta ci troviamo ad invocare la pena capitale, con la lama della ghigliottina che scende a decapitare il cantante, con Sheryl ad esibirne la testa mozzata come un macabro trofeo. Ma Alice è morto migliaia di volte e non sarà certo l’ennesima decapitazione a fermarlo: il finale quindi viene suggellato da “Escape” e da “Teenage Frankenstein”. Già così potremmo parlare di un concerto fuori scala per chiunque, ma c’è un ultima sorpresa in serbo per il pubblico milanese: la festa finale è iniziata, come sempre sulle note di “School’s Out”, e sul palco torna ancora Michael Monroe, che duetta, visibilmente felice, con Alice in uno dei brani più iconici della sua intera carriera. Non sappiamo quale sia il segreto di questi artisti, che sembrano veramente sfidare le leggi del tempo, continuando a macinare chilometri di palchi, strade e città, senza cedere di un millimetro; quello che sappiamo, mentre saltiamo in un tripudio di coriandoli e palloni giganti, e che di serate così ne vogliamo ancora.

Setlist
Feed My Frankenstein
No More Mr. Nice Guy
Bed Of Nails
Hey Stoopid
Fallen In Love
Be My Lover
Go Man Go
Under My Wheels
He’s Back (The Man Behind the Mask)
Go To Hell
I’m Eighteen
Poison
Billion Dollar Babies
Guitar Solo (Nita Strauss)
Roses on White Lace
My Stars
Devil’s Food (band only)
Black Widow Jam
Steven
Dead Babies
I Love the Dead
Escape
Teenage Frankenstein

Encore:
School’s Out

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