In una prima metà di febbraio davvero ricca di appuntamenti più o meno imperdibili – almeno per i metalfan milanesi – ci mancava solo l’opzione ‘due concerti in contemporanea’: dovendo lottare con il pienone dell’Alcatraz per Children Of Bodom e Cannibal Corpse, la serata di ‘serie B’ allo Zoe Club si è rivelata comunque piacevole e di buon livello, peraltro contornata da un pubblico scatenato, composto perlopiù dalla frangia metal-core della popolazione concertistica, e anche numeroso. Gli All That Remains – vere e proprie star in America, non così popolari qui da noi – hanno richiamato un bel po’ di gente e non hanno per niente deluso, affiancati poi da quelle vecchie volpi dei The Haunted e dagli emergenti tedeschi Deadlock, i quali hanno aperto la serata musicale ad ora di cena al cospetto di una quarantina circa di presenti…
DEADLOCK
Alle 19.30 in punto, quindi, sono saliti sul piccolo e stretto palco dello Zoe i Deadlock, sestetto germanico in costante crescendo di popolarità e consensi, nonostante il nuovo “Manifesto” – come più volte ripetuto in sede di recensione e di intervista – non si sia dimostrato all’altezza dei due lavori precedenti, “Wolves” ed “Earth.Revolt”. La band è volenterosa e si è impegnata il più possibile per far smuovere le tre-quattro file di ragazzi presenti ad acclamarli, riuscendoci anche bene in occasione delle parti più veloci ed aggressive della setlist proposta. Con un minutaggio di mezzora a disposizione, inaugurato dall’intro techno “The Moribund Choir Vs. The Trumpets Of Armageddon”, i ragazzi si sono affidati ai brani più conosciuti della loro discografia, canzoni epiche, melodiche e potenti quali la stupenda “Code Of Honor”, la straziante (almeno nel finale con voce femminile solista) “Awakened By Sirens” e la più tamarra e contaminata “End Begins”. “Martyr To Science” e la song di punta di “Manifesto”, “The Brave/Agony Applause”, hanno rappresentato bene l’ultimo album. Suoni un po’ bassi e cupi hanno limitato leggermente la performance del gruppo, che ha sfruttato in modo capace l’energica verve del singer Johannes Prem e la graziosissima presenza della mingherlina Sabine Weniger, in possesso però di una voce davvero poderosa. Non ci aspettavamo enormi cose dai Deadlock, ma una degna prestazione di riscaldamento animi. E così è stato. Devono crescere in una scena satura, ma la band c’è tutta!
THE HAUNTED
E’ da qualche anno che i The Haunted, nel tentativo di scrollarsi di dosso l’etichetta di ‘ex-At The Gates’, sembrano essersi infilati in un tunnel compositivo non proprio chiarissimo e dai fin troppo molteplici dietro-front: dall’uscita di “rEVOLVEr” in poi, infatti, la band ha cominciato a dividere nettamente pareri ed opinioni, dando l’impressione di essere un po’ confusa. Con l’ultimo “Versus”, l’allontamento dalle sperimentazioni prog di “The Dead Eye” sembra aver giovato alla formazione svedese che, nella sua dimensione più consona, il live, può tornare a sfogarsi come agli albori. Per la verità, la prestazione dei The Haunted in quel dello Zoe ha riscosso un buon successo ed un discreto livello di pogo, ma è stata lontana dal risultare esaltante: Peter Dolving, si voglia per problemi al mixer o per problemi suoi, ha fornito una performance un po’ sottotono, troppo altalenante e poco arrabbiata, anche durante i brani più datati ed abrasivi quali ad esempio “In Vein”, “Bury Your Dead” o la conclusiva, superba “Hate Song”. Da parte loro, si sa che gli altri membri del gruppo sono soliti pensare a suonare e basta, e mai vedremo i gemelli Bjorler far roteare chitarra e basso sul collo oppure dispensare tanti sorrisi quanti riff suonati. Tecnicamente ci si è trovati di fronte ad un’ottima prestazione e con tutta probabilità le chance migliori i The Haunted se le sono giocate sui pezzi più melodici e strutturati, come “The Flood” e “The Medication”. “Moronic Colossus” è stata accolta con trepidazione da tutti gli astanti, ma dobbiamo ribadire, con non poco dispiacere, l’impressione che i ragazzi stiano perdendo un po’ di smalto e grinta col passare degli anni. Magari non era proprio il pacchetto band ed il pubblico adatto a loro, ma non ci devono essere troppe scuse: gli All That Remains sono stati tre spanne superiori a loro…
ALL THAT REMAINS
E’ palese che il pubblico dello Zoe è presente solo per gli All That Remains: lo dicono le facce, l’abbigliamento, l’età media del locale. Forse non tutti sanno che la formazione fa parte, assieme ai soci del Massachussets, del calderone che ha portato alla nascita della New Wave Of American Heavy Metal (volgarmente metalcore); è invece certo che se il frontman Phil Labonte fosse diventato l’ugola dei Killswitch Engage, come si è rischiato accadesse, gli ATR non sarebbero qui stasera. Da subito il combo si dimostra in grado di attirare l’attenzione suonando in maniera pulita e dando vita ad un live act che sembra rodatissimo: si parte con “The Air That I Breathe” dall’apprezzato “The Fall Of Ideals” e si ripercorre la breve storia del gruppo in cinquanta minuti senza sbavature. L’ex-Shadows Fall al microfono è sicuramente un frontman di razza, è forse il resto della band a risultare leggermente anonima, a partire dalla piccola bassista Jeanne Sagan, che orfana della bellezza delle sue colleghe non riesce a brillare nemmeno per la sua performance. Parte anche un accenno di mosh, spezzato da un energumeno yankee che decide di travolgere (e imbrattare col suo copioso sudore) tutti quelli che gli si trovano davanti. Rendono bene i pezzi più melodici, provenienti dall’ultimo “Overcome” – troviamo la title track, “Undone”, “Chiron”, “Before The Damned” e “Two Weeks” – ma il picco di esaltazione è raggiunto nella tiratissima “Six”, benedetta dall’apparizione in Guitar Hero III. Vedere gli All That Remains dal vivo non fa che confermare l’impressione che danno su disco: un buon gruppo “di genere” che senza sforzarsi di essere troppo personale riesce ad essere facilmente godibile, pur senza travolgere l’ascoltatore. Discreti.
Setlist:
The Air That I Breathe
Undone
Become The Catalyst
Not Alone
The Weak Willed
Chiron
For Salvation
Before The Damned
Tattered On My Sleeve
Six
Overcome
We Stand
Two Weeks
This Calling