A cura di Thomas Ciapponi
Usciti a dicembre con l’annunciatissimo quarto capitolo della saga del culto di Ra, edito dalla irraggiungibile Neurot Recordings e “benedetto” persino dallo stesso Scott Kelly, gli Amenra si armano di chitarre, incensi e proiezioni e fanno marcia su tutta l’Europa per espandere ulteriormente il proprio verbo oscuro. Una marcia che si defila, passa in sordina e tende a colpire solo quando è necessario, come ad esempio nel caso delle tre date italiane scelte per promuovere l’evento, di cui vi racconteremo, nello specifico, quella presso il Lo-Fi di Milano, per l’occasione prevedibilmente desolato ma saturo di un’atmosfera in perfetta linea con gli intenti semi-liturgici in possesso dei quattro misteriosi belga. A completare la scaletta, troviamo i padroni di casa Rise Above Dead, formazione oramai super collaudata in sede live, anch’essa intenta a promuovere la propria ultima fatica, “Stellar Filth”. Un giro al ricco banco del merchandise, un po’ di attesa e finalmente si inizia…
RISE ABOVE DEAD
Ci siamo occupati già diverse volte di questa interessante band nostrana e sappiamo quindi a cosa andare incontro quando assistiamo ad una loro esibizione. A locale ancora tristemente vuoto, i Nostri attaccano questa volta in formazione completa rispetto alla data di supporto ai Voivod, inizialmente in assetto strumentale per poi essere raggiunti, sul secondo pezzo, dal frontman Andrea Rondanini. Le intenzioni del quintetto non sono cambiate e lo show si basa, quindi, sopra un tematico sludge/doom, ora melodico ora pesante e contemplativo, pescando brani tratti dall’apprezzato esordio e concentrando le proprie possibilità sulla coppia di chitarre saldamente rappresentata dal duo Stefano Bigoni e Matteo Sala, fautori di un egregio lavoro che tende a sottolineare soprattutto le poderose ritmiche. Il loro set si conclude in poco più che mezz’ora e, nonostante non privi di qualche sbavatura in fase esecutiva, i ragazzi vanno a colpo sicuro con i presenti, senza troppi giri di parole e con la testa fissa sulla propria musica; una musica apprezzata e da continuare a tenere sott’occhio. L’esperienza che stanno maturando in questo genere di contesti è quella giusta.
AMENRA
Dopo un lungo cambio palco deliziato da incensi fungenti da preludio alla messa profana alla quale stiamo per assistere, Mathieu Vandekerckhove è il primo degli Amenra a presentarsi di fronte al pubblico. Non si capisce se siamo ancora in fase di sound check o che altro: un dubbio che si dissolve improvvisamente quando il resto della formazione fa il suo ingresso e le pesantissime note di “The Pain. It Is Shapeless. We Are Your Shapeless Pain.” iniziano a rieccheggiare nella sala. Lo scenario è di quelli già visti: odori, luci ridotte all’osso, proiezioni, presenza scenica limitata alla sola presenza fisica dei corpi; nulla che i Neurosis non abbiano mai fatto, tuttavia, assistere ad un vespro musicale di questo tipo è sempre una goduria. Come al solito, il frontman e profeta urlatore Colin H. Van Eeckhout canta voltando le spalle al pubblico, quasi a voler sottolineare la sua insignificante presenza e la sua totale devozione dinanzi agli scenari catastrofici post-bellici, ma anche contemplativi, che gli si parano di fronte in sequenza. Atteggiamento in perfetta linea con il personaggio, rapidamente voltatosi verso la folla solo in un minuscolo frangente di rabbia. Il resto della band, seppur guardando gli astanti, si defila a sua volta da una concreta interazione con il pubblico, limitando qualche sguardo severo e donando il proprio contributo solo ed esclusivamente al vespro innalzato al culto del dio Ra, vera e propria ossessione dei Nostri. Con “Deadborn And Buried” e con la successiva “Razoreater” si calca ulteriormente il tiro per una compattezza dei suoni fuori dal comune, riassumibile come un costante flusso di pesantissime e stordenti ritmiche che procedono come un rullo sull’asfalto senza la minima soluzione di continuità. Ogni nota è sentitissima, non c’è spazio per alcun tipo di pausa tra un brano e l’altro, l’asfissiante atmosfera iper-tesa che ne scaturisce sembra rapire in primis gli stessi membri della band, che in più di un frangente si lasciano andare a headbanging sfrenati. Si assumono toni più ambientali con “Boden”, introdotta da rumori suggestivi e da immagini tanto affascinanti quanto disturbanti, rigorosamente in bianco e nero. Gli astanti partecipano mentalmente senza battere ciglio, in un silenzio venerante che, assieme all’assenza intelligente di applausi, si rivela un contributo fondamentale alla resa sonora e scenica dello show. Le ore si fanno piccole e il pubblico va via via scemando verso casa. Per gli Amenra c’è però ancora il tempo di immergere i decimati presenti nella propria cattedrale sconsacrata e proporre in chiusura una apprezzatissima “Silver Needle/Golden Nail”, che di punto in bianco pone la parola fine ad un concerto salutato con un lunghissimo e sentito applauso, l’unico della serata. Questa band dalle nostre parti passa poco e quando lo fa è il caso di approfittarne, non capita tutti i giorni di assistere ad un’esibizione così curata e intrisa di un’aura tanto mistica. Nulla è lasciato al caso, tutto funziona alla perfezione come un disegno biblico che finalmente prende vita. Se possiamo considerare gli Amenra dei follower, allora, beh, sono dei follower di prim’ordine. Al contrario, se li consideriamo dei leader, il loro trono sarà molto duro da spodestare. La messa è finita, andate a casa con i timpani rotti.