24/05/2011 - AMON AMARTH + THE BLACK DAHLIA MURDER + EVOCATION @ Magazzini Generali - Milano

Pubblicato il 29/05/2011 da

Introduzione a cura di Marco Gallarati
Report a cura di Marco GallaratiFabio Galli
Foto a cura di Francesco Castaldo

Sono arrivati i primi caldi, l’estate si avvicina e, con essa, l’epica stagione concertistica e festivaliera in programma in questo memorabile 2011. Prima di entrare nel vivo dei grossi happening futuri, Milano accoglie però con piacere e gran partecipazione la possente calata della viking-death metal band per eccellenza, il drakkar svedese Amon Amarth, forte del nuovo disco “Surtur Rising”, fuori da un paio di mesetti. Ad accompagnare Johan Hegg e soci, ecco una doppietta di gruppi veramente ad hoc, gli scatenatissimi americani The Black Dahlia Murder e gli esperti Evocation, conterranei degli headliner. Poche volte abbiamo visto i Magazzini Generali riempirsi così tanto e crediamo forse che una location più grande – magari l’Alcatraz settato in versione B – avrebbe reso lo spettacolo più piacevole e meno appesantito dal caldo dell’interno della venue. Ma bando alle ciance, si parte con gli Evocation… 


EVOCATION

Il compito di apripista per la serata tocca agli svedesi Evocation, combo attivo sulle scene da quasi due decadi ma arrivato a pubblicare il proprio debut solo nel 2007: le coordinate classiche dello swedish death della formazione sono assolutamente perfette per scaldare l’atmosfera, complice anche l’affabilità dei componenti della band e il continuo contatto con il pubblico cercato dal cantante Tjompe. I suoni purtroppo non sono dalla parte della formazione: un mix approssimativo non rende giustizia all’irruenza del suono delle chitarre, vero fulcro del suono della band. Tjompe e soci ci danno comunque dentro e tra headbanging, cinque dispensati alle prime file e continui cambi di posizione riescono a catturare l’attenzione dei presenti: pugni all’aria, incitamenti durante i break e applausi alla fine di ogni canzone rincuorano non poco la formazione che sembra quasi incredula dell’accoglienza ricevuta. “Psychosis Warfare”, “Tomorrow Has No Sunrise” e la titletrack dell’ultimo “Apocalyptic” riescono a far breccia tra il pubblico tanto che qualche presente inizia a smuovere gli animi tra le file antistanti al palco anche se tutti sembrano essere in trepida attesa solo degli headliner. Un buon inizio.

(Fabio Galli)

THE BLACK DAHLIA MURDER

Velocissimo cambio di palco e rapido settaggio degli strumenti per i The Black Dahlia Murder, band che, pur attestandosi sempre su buoni/discreti livelli compositivi, non è ancora riuscita a fare il grande salto fra i big della musica estrema americana e non. Il loro death-black metal abrasivo e tecnico è chiaramente penalizzato dalla resa sonora dei Magazzini, ma la folla non pare troppo dare importanza alla lacuna e si riversa in un pogo feroce non appena il concerto ha inizio. Trevor Strnad ha la fortuna e la bravura di essere un frontman spontaneamente simpatico – sarà che fino a pochi secondi dal via indossava un paio di occhiali da mega-nerd, sarà che uno dei momenti-clou della performance si ha quando, levandosi la T-shirt, Trevor mostra a tutti la sua notevole panza – quindi chiunque ascolti i ragazzi non può non convenire che ci sanno fare e si sbattono alla grande, comunque abili a svariare nel loro ormai cospicuo repertorio, passando dalla nuovissima “Moonlight Equilibrium”, presente sul prossimo all’uscita “Ritual”, ai classici “Statutory Ape”, “Miasma” e “What A Horrible Night To Have A Curse”. Sono veraci i TBDM, rodati da concerti su concerti e da un’umiltà tipica dei gruppi ancora legati all’underground. A noi son piaciuti e hanno divertito, un’ulteriore botta d’adrenalina e calore nonostante i suoni deficitari e confusi. Al solito, una band che dal vivo conferma di avere un bel tiro e fan fomentati.

(Marco Gallarati)

AMON AMARTH

Dopo l’esibizione dei Black Dahlia, assistiamo all’incessante lavoro dei tecnici che sgomberano il palco dalla strumentazione per fare spazio all’imponente coreografia che gli AA hanno preparato per questo tour. Di pari passo con la sobrietà delle copertine della band il palco riprende la grafica dell’ultimo “Surtur Rising” arricchita da numerose luci posizionate su dei gradini che portano alla batteria rialzata. Per tenere fede alla scaletta i vichinghi salgono sul palco alle nove in punto – l’attesa si era fatta estenuante – attaccando con la nuova “War of the Gods”: headbanging furioso, cambi di posizione e la figura imponente di Johan Hegg contribuiscono a creare un’atmosfera andrenalinica che ben si staglia con l’epicità delle melodie che caratterizzano la musica degli AA. Come era logico prevedere “Surtur Rising” è il vero protagonista della serata con ben cinque estratti: il resto della tracklist pesca a piene mani dagli ultimi due fortunati “With Oden on Our Side” e “Twilight of the Thunder God”, album che hanno definitivamente siglato il successo commerciale della band svedese, affiancati a qualche singolo brano pescato dal resto della discografia. E’ un Johan Hegg sornione e decisamente lontano dal suo tipico timbro gutturale quello che scherza con i presenti tra una canzone e l’altra e che accenna – con buoni risultati – qualche frase in italiano che ovviamente scatena gli apprezzamenti del pubblico: dal vivo gli AA non sbagliano un colpo, sono una formazione rodata e sanno il fatto loro quando si tratta di salire sul palco. Purtroppo il suono lontano dalla perfezione – anzi, diciamo pure inadeguato – dei Magazzini Generali non ci permette di apprezzare al meglio il suono delle chitarre che appare completamente comprensibile solo nei momenti di ampio respiro dove la melodia prende il sopravvento. L’apice del concerto per chi scrive con la riproposizione della storica “Victorious March” unita in un medley con “Gods of War Arise”: arrivati ad un’oretta dall’inizio del concerto è già tempo della riproposizione dei bis. L’introduzione a “Twilight of the Thunder God” e le successive “Runes to My Memory” e “The Pursuit of Vikings” calano il sipario su un concerto piacevole e che sembra aver accontentato tutti: buona scaletta, ottime luci ed effetti, tenuta su palco invidiabile. C’è ancora tempo per qualche ringraziamento e la classica distribuzione di plettri (numerosi) e bacchette e tutti si avviano verso l’uscita del locale: in definitiva una bella serata.

(Fabio Galli)

Setlist:

  • War of the Gods
  • With Oden On Our Side 
  • Destroyer of the Universe 
  • Masters of War 
  • Live for the Kill 
  • Guardians of Asgaard 
  • Doom Over Dead Man 
  • Slaves of Fear 
  • God, His Son and Holy Whore 
  • Varyags of Miklagaard 
  • For Victory or Death 
  • Victorious March / Gods of War Arise / Death in Fire 

Encore:

  • Twilight of the Thunder God 
  • Runes to My Memory 
  • The Pursuit of Vikings 

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