22/03/2016 - AMON AMARTH @ London Underworld - Londra (Gran Bretagna)

Pubblicato il 26/03/2016 da

Vedere gli Amon Amarth esibirsi in un piccolo club è ormai cosa rara; a maggior ragione in Gran Bretagna, dove il gruppo è da qualche anno popolarissimo e capace di richiamare ad ogni show diverse centinaia o persino migliaia di fan. Per scaldare ulteriormente l’ambiente in vista della pubblicazione dell’atteso “Jomsviking”, gli svedesi hanno tuttavia deciso di imbarcarsi in un breve tour promozionale facendo tappa esclusivamente in piccoli locali. Un modo per rendere gli eventi ancora più esclusivi e magari per rivivere certe vecchie sensazioni, prima che il vero e imminente “Jomsviking” tour li porti ad esibirsi su palchi ben più ampi e importanti. I biglietti per l’Underworld di Londra – nel quale la band non suona dal 2006 – sono andati esauriti in poche ore e l’appuntamento può dirsi ancora più speciale vista la presenza dei discografici della band e di un piccolo contorno sotto forma di figuranti agghindati da vichinghi o guerrieri medievali, i quali accoglieranno i fan all’ingresso per poi mescolarsi tra la piccola folla durante il concerto. Non vi sono gruppi di supporto: la serata è interamente dedicata agli Amon Amarth e alla presentazione del loro nuovo lavoro, senza altre parentesi o distrazioni. Si respira aria di festa e i fan sembrano decisamente su di giri vista la possibilità di essere così a stretto contatto con i propri idoli…

amon amarth - london 2016

AMON AMARTH

Sono le 20:30 in punto quando la formazione si presenta sul piccolo palco dello storico club londinese, accolta da applausi scroscianti e da urla al limite dell’isteria. Chiaramente ogni fan in sala è sollevato e allo stesso tempo orgoglioso per essere riuscito ad acquistare uno dei pochi biglietti a disposizione: si ha l’impressione che gli astanti siano pronti a tutto per gli Amon Amarth e, non a caso, il primo brano – “The Pursuit of Vikings” – viene praticamente cantato da loro. Si parte con una traccia dal ritmo controllato, ideale appunto per coinvolgere il pubblico: Johan Hegg detta i tempi e il gruppo più volte si ferma per lasciare che la folla intoni il chorus a più riprese. Solitamente si attende la seconda parte o il finale del set per simili giochi, ma questa sera è tutta all’insegna dello “scream for me, London!”, già a partire dall’opener. I richiami ai maestosi show degli Iron Maiden non si fanno aspettare nemmeno sul versante musicale: il quintetto sceglie di proporre molti dei suoi pezzi più agili e ritmati di ultima generazione, quelli colmi di echi NWOBHM/classic metal, e i presenti non si fanno pregare per replicare in coro le armoniose linee di chitarra. Non serve chissà quale analisi per capire che negli ultimi tempi il seguito degli Amon Amarth si sia nettamente svecchiato: sono tantissimi i giovani in sala e, in generale, giudicando da t-shirt e attitudine, il pubblico sembra per lo più di estrazione power e folk metal; un pubblico quindi caldo, abituato alla melodia e voglioso di ritornelli di facile presa. Non sorprende quindi che la più composta e strutturata “Thousand Years of Oppression” venga accolta in maniera piuttosto fredda. Ci pensa comunque il nuovo “Jomsviking”, dal quale vengono proposti in anteprima una manciata di pezzi, ad accontentare le richieste: le idee di base appaiono un po’ trite, ma le canzoni possiedono uno sviluppo intuitivo e sono quasi tutte basate su trame chitarristiche scattanti e chorus insistenti. Canzoni insomma ideali per essere eseguite live. Di certo gli svedesi hanno sempre vantato influenze più classiche in odore di Running Wild, ma di recente queste ultime hanno preso il sopravvento su tutto il resto, lasciando le briciole a chi ancora vedeva negli Amon Amarth una realtà appartenente alla scena death metal. La proposta dei Nostri è oggi più vicina ad una sorta di metal classico con cantato roco e i loro concerti, così come il pubblico che vi partecipa, riflettono in pieno questo cambio di tendenza. Come dicevamo, tra canti, cori e pose maideniane, lo show ha ben poco di truce ed estremo: tutti sembrano qui per distendersi, divertirsi e cantare; in questo senso, non si può fare altro che parlare di grande successo per Hegg e compagni, ormai davvero abili nel tenere il palco e comandare la folla. Gli applausi e gli incintamenti sono puntuali dopo ogni brano, ma ovviamente sono le hit “Victorious March”, “Guardians of Asgaard” e “Twilight of the Thunder God” ad ottenere i consensi maggiori. Un discorso a parte va invece fatto per la nuova “Raise Your Horns”, canzone quasi sicuramente destinata a diventare un altro singolo, ma al tempo stesso quanto di più pacchiano e kitsch sia sinora uscito dal repertorio del gruppo. In effetti, in questo caso le critiche di eccessivo ammorbidimento e ruffianaggine trovano pieno fondamento: qualche sforzo in più avrebbe magari portato alla composizione di un inno meno banale, senza ridursi a suonare come una qualsiasi sgangherata band del boom power/epic dei tardi anni Novanta. In ogni caso, i fan cantano e acclamano e alla fine non si può fare a meno di riconoscere l’orecchiabilità e il tiro del pezzo. Infine, lungi da noi criticare l’attitudine degli Amon Amarth, i quali sul palco sembrano dare veramente tutto, confermandosi una band che, al di là degli ultimi scivoloni e ingenuità, pare credere fermamente in ciò che sta facendo, oltre ad avere davvero a cuore il rapporto con i propri fan. Solo applausi per loro, alla fine di questo piccolo grande concerto.

Setlist:

The Pursuit of Vikings
As Loke Falls
First Kill
The Way of Vikings
At Dawn’s First Light
Deceiver of the Gods
Cry of the Black Birds
Death in Fire
Thousand Years of Oppression
Destroyer of the Universe
Runes to My Memory
One Against All
One Thousand Burning Arrows
Father of the Wolf
War of the Gods
Victorious March

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Raise Your Horns
Guardians of Asgaard

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Twilight of the Thunder God

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