13/11/2022 - AMORPHIS + ELUVEITIE + DARK TRANQUILLITY + NAILED TO OBSCURITY @ Live Music Club - Trezzo Sull'Adda (MI)

Pubblicato il 15/11/2022 da

Report di Alessandro Elli
Foto di Simona Luchini

Una band come gli Amorphis non ha certo bisogno di presentazioni: tra i padri del death/doom metal interpretato con spunti progressive, negli anni si sono spostati verso lidi più melodici, senza mai tradire le loro origini e senza mai cedere in termini di qualità. Questa sera Esa Holopainen e soci si ripresentano al Live di Trezzo d’Adda che, curiosamente, è il locale che li aveva visti ospiti dalle nostre parti per l’ultima volta prima della pandemia, questa volta in compagnia di altre tre formazioni: i tedeschi Nailed To Obscurity, di supporto ai finlandesi anche nel tour del 2019, i Dark Tranquillity, glorie del melodic death metal svedese, e gli svizzeri Eluveitie, co-headliner del concerto e dediti invece ad un folk death metal ruspante e dalle atmosfere antiche. Vi raccontiamo come è andata.

I NAILED TO OBSCURITY vengono da Esens, in Sassonia, e suonano un death/doom metal che rilegge in modo invero poco personale le opere di Opeth, October Tide o Swallow The Sun, come d’altronde molte altre band. Si presentano sul palco addirittura in anticipo rispetto al programma ma, nonostante ciò, l’affluenza di pubblico è già discreta, preludio di una serata che, da questo punto di vista, sarà un successo. Se ci sono dei dubbi sull’originalità della musica proposta dai teutonici, bisogna ammettere che, al contrario, sopra ad un palco i cinque ci sanno decisamente fare: i loro pezzi scorrono fluidi tra growl, voce pulita, riff e qualche assolo, il cantante Raimund Ennenga ha una buona presenza scenica ed interagisce frequentemente con i presenti e la mezz’ora che hanno a disposizione si rivela buon antipasto di ciò che verrà in seguito.
Fa una certa impressione vedere una band che ha l’importanza storica dei DARK TRANQUILLITY posizionata così in basso nel bill di un concerto; tra l’altro, gli svedesi hanno subìto negli ultimi tempi alcuni drastici cambi di formazione, che hanno visto altri due membri storici, Niklas Sundin e Anders Jivarp, lasciare la propria posizione, tanto che il cantante Mikael Stanne è rimasto l’unico membro originale della band. Inoltre, come quest’ultimo ha ricordato, questo tour è stato visto come l’occasione per suonare pezzi raramente proposti dal vivo, idea sensata se si pensa che i sei erano passati da Milano solo qualche mese fa. La prestazione, invece, si è rivelata ottima, ovviamente al netto della mancanza dei veri classici della discografia: la voce del cantante è ancora graffiante, ed è lui il protagonista assoluto della scena, con le tastiere di Martin Brändström molto in evidenza soprattutto negli estratti dall’ultimo “Moment” ed i due arrivati già a loro agio, in modo particolare il navigato Christopher Amott; efficaci anche i visual utilizzati come sfondo. Tra i pezzi, spiccano sicuramente “Cathode Ray Sunshine”, da “Damage Done”, eseguita per la prima volta dal vivo in questo giro di concerti, e la potente “Hours Passed In Exile”, dallo stesso album, ma anche la recente “Atoma” non sfigura affatto. Non saranno più quelli di una volta ma, con i limiti attuali e con il poco tempo a disposizione, i ragazzi di Göteborg hanno fugato le perplessità iniziali con una buona prova.
Il folk metal è amato da molti appassionati e detestato da altri: per questo motivo, quando gli ELUVEITIE salgono sul palco, oltre alle grida di giubilo si può udire anche qualche commento non proprio entusiastico. Quel che è certo è che la band svizzera, con vent’anni di carriera alle spalle e otto album pubblicati, è da tempo uno dei pilastri del genere e non deve dimostrare niente in termini di popolarità e di consenso. Anche in questo caso parliamo di una formazione che è andata incontro a diversi rimaneggiamenti rispetto gli esordi, con il solo cantante e multistrumentista Chrigel Gianzmann superstite del nucleo iniziale, ma che è ormai consolidata ed affiatata quanto basta. Il colpo d’occhio è imponente, con nove musicisti sullo stage, e quando partono le note di “Exile Of The Gods” – nuovo singolo lanciato da poche settimane – ci si accorge subito di come gli elvetici siano in buona forma: il carismatico leader è al centro della scena ed è di certo l’elemento trainante dello spettacolo, ma il contributo di ogni singolo artista si sente in modo distinto e ciascuno di essi può usufruire del proprio momento di gloria nel corso dei brani, in particolare la voce di Fabianne Erni, che si interseca perfettamente con il growl di Gianzmann, così come ampio spazio è dedicato a tutti gli strumenti folk. Colpisce anche l’altro nuovo brano in scaletta, “Aidus”, probabilmente uno dei pezzi più pesanti e cupi composti dalla band, soprattutto dal punto di vista vocale. Non manca la versione italiana di “The Call Of The Mountains” (“Il Richiamo Dei Monti”), ma il momento più intenso dell’intero show è riservato agli ultimi due brani: la titletrack  di “Ategnatos”, l’album più recente, salutato da molti come un ritorno ai livelli qualitativi del passato e, ancor di più, “Inis Mona”, da “Slania”, vero e proprio inno nonché la loro canzone più nota in assoluto.
Sono le 21,50 e, puntualissimi, gli AMORPHIS iniziano il loro show, in un Live Club che si è ormai riempito come nei tempi migliori. Ad aprire le danze “Northwards” e “On The Dark Waters”, esattamente la doppietta introduttiva dell’ultimo album “Halo”, due brani che contengono molti degli elementi che da sempre hanno contraddistinto il suono dei finlandesi; non solo il tipico melodic death metal, ma anche quell’atteggiamento vagamente vintage che si è fatto più marcato ad un certo punto della loro carriera e che è evidente in alcune sonorità dal gusto prog entrate stabilmente nella miscela musicale, oltre che da alcuni dettagli del look dei cinque. “Death Of A King” viene proposta in una versione più dura rispetto a quella originaria su “Under A Red Cloud”, che appariva piuttosto limitata da suoni non molto metal, mentre “Silver Bride” conserva intatto tutto il suo fascino. La scelta dello sfondo è molto semplice con il solo logo della band che cambia colore grazie ad un gioco di luci, come a voler ribadire che ciò che conta è la musica; ed a colpire è soprattutto la duttilità della voce di Tomi Joutsen, dal vivo ancor più sorprendente, con l’incredibile capacità di cambiare timbriche e tonalità in un batter d’occhio, tra un growl compatto ed una voce carezzevole e dalle molte sfumature. Con “Into Hiding” ecco il primo tuffo nel passato, quello leggendario di “Tales From The Thousand Lakes”: il crescendo melodico, gli intrecci tra le chitarre sorrette dalle tastiere e quelle atmosfere inconfondibilmente nordiche ci fanno capire che, nonostante i cinque non siano più gli stessi del 1994, quel periodo è rimasto nel loro DNA e li accompagnerà per sempre. “Wrong Direction” non è un capolavoro immortale, pur suonando parecchio catchy, così come il ritornello di “Seven Roads Come Together”, mentre “The Moon” si conferma come uno degli episodi migliori di “Halo”. Il momento clou della serata arriva però con “Black Winter Day” e “My Kantele”, praticamente due tra i brani più iconici della band, proposti uno dopo l’altro in dieci minuti che da soli potrebbero valere l’intero concerto. Ci si riprende a fatica da questo viaggio nel tempo, eppure non è ancora finita: a chiudere arrivano “The Bee” e “House Of Sleep”, ormai dei classici della seconda parte della carriera dei finnici ed immancabili nelle loro setlist da diversi anni. Si termina con un’ovazione, ancora una volta meritata, per una band che ha cambiato pelle ma le proprie origini non le ha mai perse di vista.

Setlist:
Northwards
On The Dark Waters
Death Of A King
Silver Bride
Into Hiding
Wrong Direction
The Moon
Seven Roads Come Together
Black Winter Day
My Kantele
The Bee
House Of Sleep

NAILED TO OBSCURITY

DARK TRANQUILLITY

ELUVEITIE

AMORPHIS

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