12/02/2019 - AMORPHIS + SOILWORK + JINJER + NAILED TO OBSCURITY @ Live Music Club - Trezzo Sull'Adda (MI)

Pubblicato il 19/02/2019 da

Introduzione e report a cura di Roberto Guerra
Fotografie di Riccardo Plata

Che violenza e melodia siano due concetti che tendono molto spesso ad arricchirsi a vicenda è ormai cosa ben nota da parecchi anni; l’evento in programma per questa occasione, in quel del Live Club di Trezzo sull’Adda, è un chiaro esempio di combinazione di artisti che hanno deciso di rendere, dei due elementi in questione, il proprio marchio di fabbrica. Oltre ai difficilmente criticabili Amorphis, qui in veste di ultimo atto, troviamo l’apprezzata formazione svedese che risponde al nome Soilwork, i recenti e già popolarissimi ucraini Jinjer e, come prima band della serata, i tedeschi Nailed To Obscurity. Inutile far presente quante carte in regola possa avere una realtà del genere per fornire uno spettacolo degno di questi primi mesi del 2019, il quale si prospetta già scoppiettante e ricco di eventi interessanti per ogni tipo di palato metallico. L’unica critica che volendo si potrebbe fare riguarda la scelta di dare il via alle danze a un orario decisamente proibitivo per molte persone, anche se si tratta di un dato tutto sommato molto soggettivo, soprattutto tenendo conto che in questo modo l’intero concerto avrà modo di terminare ben prima di mezzanotte; il che potrà sicuramente incontrare l’apprezzamento di buona parte del pubblico pagante. Scritto ciò possiamo iniziare, ma non prima di avervi augurato una piacevole lettura.

 


NAILED TO OBSCURITY

Come scrivevamo poco fa, era pressoché inevitabile che i teutonici Nailed To Obscurity fossero destinati ad esibirsi di fronte a un pubblico relativamente poco nutrito, soprattutto rispetto ai numeri previsti per la seconda parte della serata. In questi casi, l’importante è che la band non si perda in alcun modo d’animo, portando a casa il proprio show a testa alta e riuscendo a convincere un numero adeguato di possibili ascoltatori. La proposta di questi cinque ragazzi si orienta verso quel filone più oscuro e cupo del melodic death metal, con una evidente voglia di rifarsi a realtà del calibro di Insomnium, Swallow The Sun e così via; ciò potrebbe far felici alcuni dei presenti, così come lasciarne del tutto indifferenti altri a seconda dei gusti personali. A parer nostro, il breve concerto dei Nailed To Obscurity, pur non rimanendo del tutto esente da qualche sbadiglio, è risultato comunque funzionale al compito di preparare la mente e le orecchie a tutto ciò che verrà dopo, senza però dimenticarsi di trasmettere una giusta dose di ispirazione personale. Solo cinque brani, di cui quattro provenienti dall’ultimo album “Black Frost”, sono decisamente pochi per poter fornire una panoramica completa di quelle che sono le loro capacità, ma conoscendo il genere d’appartenenza possiamo dire come, nel qual caso si fosse degli estimatori, la breve prova abbia comunque toccato le corde giuste.

Setlist:

Black Frost
Feardom
The Aberrant Host
Tears Of The Eyeless
Desolate Ruin

JINJER

Questa bizzarra formazione ucraina ha ottenuto, negli ultimi tempi, una quantità di consensi a dir poco impressionante da parte di una grossa fetta di pubblico; parlare di un loro concerto rientra di diritto tra quelle azioni in cui diviene necessario mettere da parte quelli che sono i propri gusti personali e le proprie simpatie soggettive. A livello di grinta, energia e capacità d’esecuzione, infatti, lo show dei Jinjer non ha niente da invidiare a diverse altre band più navigate: il comparto sonoro sfiora un livello di violenza ben oltre la media, reso ottimamente da dei musicisti in grado di gestire in maniera adeguata anche le figure ritmiche meno intuitive, anche se può risultare un poco indigesta la mancanza quasi totale di assoli, eccezion fatta per qualche sfuriata di basso. Naturalmente, la vera protagonista non può che essere la minuta vocalist Tatiana Shmailyuk, il cui stile vocale, in grado di passare dal growl più compatto a un timbro totalmente pop/reggae, è già divenuto materia di dibattito per molti. A nostro personale avviso, la formula dei Jinjer, perfettamente in linea con le diverse sfumature vocali della cantante, può risultare a suo modo interessante, ma anche incredibilmente pacchiana e altalenante nella sua capacità di convincere: a livello attitudinale, la stessa Tatiana tende un po’ troppo a pendere dalla parte pop, e la sua voce nelle fasi in clean può risultare leggermente stucchevole, esattamente come lo stile stesso della band. Siamo naturalmente consci che trattasi di opinioni puramente soggettive, così come del fatto che non saranno certo le nostre perplessità ad impedire a una band, con un evidente futuro davanti, di continuare a dire la propria.

Setlist:

Words Of Wisdom
Ape
I Speak Astronomy
Dreadful Moments
Teacher, Teacher
Who’s Gonna Be The One
Pisces
Perennial
Sit Stay Roll Over

 

SOILWORK

Un’altra formazione tra le più discusse degli ultimi anni è senza dubbio quella degli svedesi Soilwork, i quali, tuttavia, continuano ad incarnare una importante entità all’interno del panorama melodic death metal più moderno e cantabile. Sulle note dell’intro “Verkligheten” fanno il loro ingresso on stage questi cinque ragazzoni, capitanati dal poliedrico vocalist Bjorn ‘Speed’ Strid, che inizia ad animare i presenti sin dai primi rintocchi della iniziale “Arrival”, facendo intendere di non avere nessuna intenzione di lasciarsi intimidire dal suo secondo posto in termini di importanza all’interno della line-up odierna. Siamo infatti alla stregua di uno show da headliner, con una scenografia completa e un comparto sonoro grintoso e compatto, perfettamente in linea con una scaletta in equilibrio tra momenti più riflessivi ed orecchiabili ed altri in cui rompersi il collo a forza di headbanging sembra l’unica cosa giusta da fare. Il buon Bjorn tiene sempre ottimamente il palco, mentre i suoi musicisti macinano riff, assoli e sfuriate con tutta la naturalezza del caso; in particolar modo il chitarrista Sylvain Coudret mostra una rilassatezza pressoché totale sulla sua sei corde, anche nelle fasi di shredding più puro. La risposta del pubblico, ora decisamente più numeroso di quanto ci saremmo aspettati, appare decisamente coinvolta, tant’è che non tarda a formarsi anche una modesta area di pogo nei pressi delle prime file, chiamata a gran voce dallo stesso vocalist. Sebbene la lunga setlist, che trova la sua conclusione con l’accoppiata “Stabbing The Drama” e “Stalfagel”, possa risultare un po’ prolissa e, in alcune fasi, anche parecchio ‘zuccherina’, bisogna ammettere che i Soilwork non han fatto sconti a nessuno, tanto da farci dimenticare per alcuni minuti di avere ancora un’altra esibizione intera davanti a noi, prima di tornare a casa a meditare su quanto visionato.

Setlist:

Arrival
The Crestfallen
Nerve
Full Moon Shoals
Death in General
Like the Average Stalker
The Akuma Afterglow
Drowning With Silence
The Phantom
The Nurturing Glance
Bastard Chain
The Ride Majestic
The Living Infinite II
Witan
Stabbing the Drama
Stålfågel

 

AMORPHIS

Negli attimi precedenti l’ingresso on stage degli Amorphis, il gelido vento della Finlandia ha già iniziato a soffiare all’interno del Live Club, trovando il suo apice nel momento in cui finalmente le sei figure avvolte dall’ombra si posizionano sul palco, in attesa delle prime note della recente “The Bee”, seguita a ruota da “The Golden Elk” e “Sky Is Mine”. Il carismatico Tomi Joutsen dietro al microfono mette tutti d’accordo sin da subito, così come l’intera band alle sue spalle, destreggiandosi in una scaletta che, al contrario, sta facendo forse storcere in parte il naso ad alcuni dei presenti. I primi dieci estratti selezionati, infatti, provengono unicamente dal nuovissimo “Queen Of Time”, dal predecessore “Under The Red Cloud” e dall’apprezzato “Skyforger”, col conseguente risultato di insinuare nei presenti il dubbio di non poter ascoltare nulla di più classico e/o datato. Dopo la parentesi “Hopeless Days”, finalmente le aspettative di molti vengono accontentate con l’esecuzione della leggendaria “Black Winter Day”, sulla quale esplode letteralmente tutto il numeroso pubblico presente in sala. L’encore fa di nuovo un balzo in avanti, componendosi di solo due estratti, ovvero la comunque recente “Death Of A King” e l’immancabile “House Of Sleep”, dopo la quale decisamente non mancano gli applausi, anche se alcuni ancora lamentano la mancanza di qualche altro richiamo al primo periodo della band. Probabilmente gli attuali Amorphis non sono esattamente quelli che molti ricordano e/o amano, ma saremmo dei folli a non riconoscere comunque l’incredibile bellezza di ogni loro composizione contenuta negli ultimi album, i cui estratti in sede live non possono assolutamente lasciar scontento chi si definisce un amante della bella musica in generale. La scelta, tuttavia, non può che stare a tutti gli appassionati che hanno comunque avuto modo di crescere musicalmente anche grazie agli innumerevoli album di una delle formazioni finniche più amate in assoluto.

Setlist:

The Bee
The Golden Elk
Sky Is Mine
Sacrifice
Message in the Amber
Silver Bride
Bad Blood
Wrong Direction
Daughter of Hate
Heart of the Giant
Hopeless Days
Black Winter Day
Death of a King
House of Sleep

 

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