26/11/2013 - AMORPHIS + STARKILL @ Alcatraz - Milano

Pubblicato il 30/11/2013 da

A cura di Marco Gallarati
Fotografie di Francesco Castaldo

In una settimana incredibilmente densa di appuntamenti dal vivo – contando anche l’ormai perduto e infamato tour di Heaven Shall Burn, Hypocrisy e Dying Fetus – il concerto degli Amorphis al consueto Alcatraz di Milano pare davvero roba per pochissimi intimi. Schiacciato tra Avenged Sevenfold, Five Finger Death Punch, Amon Amarth, Carcass, Parkway Drive, Bring Me The Horizon, Skid Row e i Dark Tranquillity, anche loro in giro per il Nord Italia, è stato già un bel risultato, per lo storico combo finnico, ottenere un’audience attestatasi – a occhio e croce – sulle 400 unità o forse qualcosa di più. Giunti nel capoluogo meneghino nella settimana più fredda dell’anno, in promozione al loro più recente “Circle”, Tomi Joutsen, Esa Holopainen e gli altri Amorphis hanno svolto il loro compito più che egregiamente, facendosi accompagnare dai nuovissimi, e semi-sconosciuti, americani Starkill. Il colpo d’occhio a pochi minuti dall’apertura delle porte è desolante, ma per fortuna il riscaldamento è acceso e qualche amico c’è. S’attende così la salita on stage del gruppo di supporto…

Amorphis - locandina - 2013

STARKILL
La scenografia sul palco B dell’Alcatraz è già approntata per gli Amorphis; batteria e tastiere sono coperte da teli neri; solo due piccoli fondali ai lati del palco ci indicano che a suonare on stage sono i giovanissimi Starkill, formazione di Chicago, Illinois, fondatasi nel 2012 e quasi inspiegabilmente – ma il becco della Century Media, per la quale è uscito quest’anno il debutto “Fires Of Life”, deve esserci entrato per forza! – spuntati dal nulla quale unico supporting-act del tour di “Circle”. Parker Jameson, Charlie Federici, Mike Buetsch e Spencer Weidner sono i nomi dei quattro musicisti e, fin dalle prime note, si percepisce fortissimo l’afflato Children Of Bodom nelle loro composizioni. La base ridondante (e registrata) di tastiere è epica e solenne, senza scadere troppo nei barocchismi solistici del ‘maestro’ Janne Wirman, e forse ci rammenta più entità quali Kalmah, Norther e Skyfire, financo a tratti i Dimmu Borgir; ma insomma l’avete capito, il genere è questo: power-thrash metal tastieroso e possente, con voce spesso in growl, brevi momenti atmosferici e d’effetto e sparute accelerazioni in blastbeat al limite della sfera black. Quello che però – e anche con grande convinzione – ci fa sollevare il pollice alto per gli Starkill non è tanto la loro musica, bensì la prestazione fornita: grintosa, trascinante, sicura, senza nessuna indecisione nel mettere in mostra un bagaglio tecnico, soprattutto quello del frontman Parker Jameson, sopra la media, considerata la giovane età. Il suddetto personaggio, poi, canta bene, intrattiene con simpatia e garbo – altro che i duemila ‘fucking’ che, ogni mezza parola, il tanto osannato Alexi Laiho riversa ogni volta sulla folla! – e si rivela un axe-man mostruoso, con tanto di assoli impeccabili a ripetizione. Ottimo impatto, dunque, per queste sorprese inaspettate, che certamente vi consigliamo di andare a recuperare da qualche parte, ancor più se gli ultimi dischi dei COB vi hanno avvicinato alla noia. Applausi.

AMORPHIS
Finalmente la venue si va pian piano riempiendo e, nel momento in cui parte l’introduzione atmosferica che accompagna l’ingresso on stage dei sei Amorphis, ha quasi raggiunto l’affluenza riscontrata  più o meno due anni fa, quando i Nostri scesero da noi accompagnati da Leprous e Nahemah. Si sa, se durante i festival estivi e nelle occasioni estemporanee le band preferiscono impostare le setlist su delle sorte di ‘greatest hits’, nel bel mezzo di un tour promozionale di un album è chiaro come il lotto di brani tenda a vertere proprio sull’ultimo lavoro, peraltro, nel caso dei ragazzi di Helsinki, ottimo e abbondante! E’ così che prima “Shades Of Gray” e poi la folkeggiante “Narrowpath” colpiscono subito nel segno – nel segno di “Circle” – l’eterogenea audience presente, divisa tra vecchi death metaller che apprezzano anche il presente più orecchiabile del combo e fanciulle in stato semi-adorante. Si retrocede di qualche anno con “Sampo” e “Silver Bride”, mentre Joutsen scalda per bene la voce, brandendo il suo originalissimo microfono steampunk degno della gloriosa epopea MadMaxiana; i dreadlock volano più alti di lui ed è comunque uno spettacolo vedere il frontman esagitarsi per il palco, dinamico elemento di una formazione che negli altri membri è fin troppo statica sulle proprie posizioni, con l’altro Tomi (Koivusaari) sempre molto complesso da decifrare nel suono globale del gruppo e subissato dalle parti più di primo piano destinate ad Esa Holopainen. La forza degli Amorphis-con-Joutsen-alla-voce è quella di poter effettivamente riprodurre dal vivo praticamente ogni episodio della loro discografia, quindi non mancano certo i sempre apprezzati tuffi nel passato, che quest’oggi rispondono ai nomi di “Against Widows”, “My Kantele” – ce l’aspettavamo più verso fondo spettacolo, ma l’esecuzione dei Nostri è stata fenomenale, con tanto di prolungamento strumentale toccante – “Thousand Lakes”, “Into Hiding” e, quasi a sorpresa ma non troppo, addirittura “Vulgar Necrolatry”, cover degli Abhorrence risalente al debutto “The Karelian Isthmus”. I suoni, poco davanti al mixer, sono sembrati buoni per tutta la durata dello spettacolo, con le vocals piene di riverbero ed effetti ma certamente soddisfacenti. D’altronde, il punto forte del gruppo, da tanti anni a questa parte, oltre ai riff folkish-oriented, sono i ritornelli super-melodici: gli Amorphis restano una delle poche formazioni in grado di comporre dei chorus melodicamente superiori senza mai sbordare nel pacchiano o nel troppo ‘facilotto’. “The Smoke”, “You I Need” e l’ultimo singolo “Hopeless Days”, cantato da buona parte della platea, chiudono il set ufficiale prima degli encore, dopo poco più di un’ora di concerto. Ci si aspettano ovviamente dei bis…e ne arrivano ben tre! “Sky Is Mine” da “Skyforger”, l’eterno inno alla depressione “Black Winter Day” – brano che tuttora ci riserva una pelle d’oca di dieci centimetri! – e la piuttosto ovvia “House Of Sleep” pongono termine ad una performance sicuramente positiva e divertente, che il pubblico ha omaggiato con una partecipazione costante e intensa, a discapito delle poco esaltanti prospettive iniziali. Siamo convinti che gli Amorphis meritino più pubblico a seguirli, sia per la loro storia, sia soprattutto per un repertorio che conosce pochissimi punti deboli. Ormai una certezza assoluta dal vivo!

Setlist:
Intro
Shades Of Gray
Narrowpath
Sampo
Silver Bride
The Wanderer
Against Widows
My Kantele
Thousand Lakes
Into Hiding
Nightbird’s Song
Vulgar Necrolatry
The Smoke
You I Need
Hopeless Days
Encore:
Intro
Sky Is Mine
Black Winter Day
House Of Sleep

 

8 commenti
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