Introduzione a cura di Marco Gallarati
Report a cura di Marco Gallarati e Matteo Cereda
Con ancora negli occhi e nelle orecchie l’incredibile prestazione di un anno e mezzo fa circa, in quel dei Magazzini Generali di Milano, è con grandissimo piacere che torniamo a rivedere i britannici Anathema, forti della recentissima pubblicazione dell’ottimo “Weather Systems” ed ormai proiettati a pieno regime in una nuova fase della propria sfaccettatissima carriera, ora quasi solare e dall’attitudine estremamente positiva e alt-rockish. E’ un’umida serata di fine aprile, giorno pre-festivo, quindi scevro da grosse problematiche di traffico meneghino, il solito infame. Con relativa calma raggiungiamo l’Alcatraz, ovviamente settato in versione B, e pochissimo dopo ecco gli unici supporter del tour, gli inglesi di Manchester Amplifier, salire al buio sul palco per dare il la ad un concerto solo tangente la nostra musica preferita, ma certamente appagante…
AMPLIFIER
Con un quarto d’ora di anticipo abbondante sulla tabella di marcia, alle 19.45 circa salgono sul palco gli Amplifier a riscaldare la platea in attesa del piatto forte Anathema. La band anglosassone si era un po’ persa per strada negli ultimi anni e, dopo le brillanti pubblicazioni dell’omonimo debutto e del successivo “Insider”, abbiamo dovuto attendere di fatto lo scorso anno per apprezzare il terzo sigillo “The Octopus”. Nei tre quarti d’ora a disposizione, gli Amplifier dimostrano di non essere affatto arrugginiti proponendo vecchie e nuove canzoni con buona perizia tecnica e compattezza; purtroppo, a rovinare i piani ci pensa una resa sonora sbilanciata che penalizza le ritmiche groovy del drummer Matt Brobin, alzando a dismisura volumi di chitarre, basso e soprattutto voce, quest’ultima in alcuni punti del locale al limite del fastidioso. Un vero peccato, perché le contorte partiture progressive degli Amplifier, pur non avendo strutture facilmente assimilabili né linee vocali d’impatto, hanno la capacità di coinvolgere il pubblico, catapultandolo in un vortice di suoni ed immagini spiraleggianti. Le ormai classiche “Motorhead” e “Neon” fungono da traino alle composizioni più recenti, caratterizzate da una maggior presenza della componente psichedelica. Il pubblico, nonostante i problemi tecnici sopracitati, sembra apprezzare e il caloroso applauso finale pare sincero.
(Matteo Cereda)
ANATHEMA
Come già scritto nell’introduzione, ripetersi sugli altissimi livelli raggiunti durante l’ultima calata meneghina, per intenderci quella del novembre 2010 ai Magazzini Generali, per gli Anathema trattavasi certo di una bella sfida. Diversa venue – il più capiente e dispersivo Alcatraz – ed un album nuovo di zecca da supportare, quel “Weather Systems” che ha confermato la band dei fratelli Cavanagh lanciata verso nuovi lidi di consapevolezza e splendore compositivo, non più metallico purtroppo…ma di ciò dovremmo esserci – noi e voi – ormai da tempo rassegnati. Il segnale principe di tale nuovo approccio alla composizione e anche all’esecuzione dal vivo del repertorio è chiaramente il fatto che più del 50% della setlist eseguita sia derivata proprio da “Weather Systems” e “We’re Here Because We’re Here”, le due facce dell’ultima medaglia musicale coniata dagli Anathema; di contrasto, i brani più vecchi suonati sono stati l’accoppiata finale, sempre strepitosa, composta da “Shroud Of False” e “Fragile Dreams”. Quindi niente “Angelica”, niente “Sleepless”, nessuna riproposizione dal recente “Falling Deeper”, nel quale la band aveva re-interpretato in chiave soft i classiconi del periodo doom-death metal. Poco passato, tantissimo presente e speranza nel futuro: gli Anathema del 2012, anche sotto l’aspetto lirico, sono così, positivi e propositivi; lanciano una finalmente sciolta e spesso danzante Lee Douglas sul palco per quasi tutto il concerto, com’è giusto che sia, data la sua accresciuta quota vocale soprattutto nell’ultimo nato; Vincent e Daniel molto più impegnati del solito ad incitare la folla e a ‘vivere’ con energia i pezzi, forti di un parco-suoni valido e ben calibrato, con il basso del fratellino Jaime puntualissimo e ben in risalto. Durante l’esecuzione di “The Storm Before The Calm”, l’episodio più sperimentale di “Weather Systems”, la platea ha quasi cominciato a danzare al ritmo del beat elettronico della song, eventi che quasi fanno rabbrividire se si pensa alla plumbea immensità di una canzone quale “Sunset Of Age”, scritta in epoche ormai morte. L’emozionalità della serata, resa ancor più speciale dall’ottima partecipazione del pubblico e da giochi di luce di valore, è stata messa un po’ in crisi da una parte della stessa audience milanese, evidentemente non ben in grado di calarsi nell’atmosfera allegra, ma sempre altamente riflessiva e mai caciarona, di un live degli Anathema. Ancora una volta spiace dire che, esattamente come quando si applaude durante i minuti di silenzio nello sport, ha dato a tratti molto fastidio percepire un continuo vociare e chiacchierare in sottofondo magari a momenti completamente introspettivi. Ci manca un po’ di cultura dell’ascolto, è indubbio, come ormai si è perso il piacere di vedere un live senza puntare miliardi di cellulari verso il palco. Ma, andando oltre queste considerazioni soggettive e opinabili, la band ha fornito una prestazione memorabile, prodigandosi per due buone ore e lasciando in conclusione gli astanti alla mercé dell’ipnotica e coinvolgente “Closer”, prima della struggente “A Natural Disaster”, anticipata da un breve accenno di “Shine On You Crazy Diamond” dei Pink Floyd. Il finale già menzionato, con una “Fragile Dreams” da brividi, battimani e cori continui, è stato solo l’apoteosi di una serata superlativa, che ci ha permesso di ammirare per l’ennesima volta una formazione/famiglia di artisti puri. Chapeau!
(Marco Gallarati)
Setlist:
A New Machine (Part 1) – intro Pink Floyd
Untouchable Part I
Untouchable Part II
Lightning Song
Thin Air
Dreaming Light
Deep
Emotional Winter / Wings Of God
A Simple Mistake
The Storm Before The Calm
Universal
The Beginning And The End
Panic
Flying
Internal Landscapes
Closer
A Natural Disaster
Shroud Of False
Fragile Dreams