Report a cura di Carlo Paleari
Fotografie di Simona Luchini
Eravamo stati piuttosto critici nel raccontare, circa un paio d’anni fa, l’ultima esibizione milanese degli Anathema. I motivi erano diversi, dall’assenza di John Douglas, che aveva costretto la band a riorganizzare il suo abituale assetto, fino alla performance svogliata e perfino un po’ scorbutica di Daniel Cavanagh, che ci era apparso di cattivo umore per gran parte del concerto. Non senza qualche dubbio, quindi, ci siamo mossi per assistere alla nuova calata italica della band di Liverpool, sperando di trovare gli Anathema nella forma migliore. Fortunatamente, questa volta, almeno da questo punto di vista, non abbiamo avuto di che lamentarci, trovandoci davanti una band energica, anche esigente verso il suo pubblico, ma generosa nel regalare emozioni. A dare un valore aggiunto alla serata, la presenza dei Nosound, formazione italiana e autrice di un’ottima performance, perfettamente integrata con le atmosfere della serata…
NOSOUND
La formazione di Giancarlo Erra sale sul palco del Live Club un po’ in ritardo rispetto agli orari comunicati e, nel breve set a propria disposizione, presenta al pubblico una buona selezione di canzoni, perfetta fotografia del proprio sound e delle proprie capacità. I Nosound, come gli Anathema, fanno parte del roster della KScope, etichetta attenta alla musica di qualità, che predilige sonorità malinconiche ed emozionali: Giancarlo e compagni non fanno eccezione, con uno stile che cerca la sintesi tra Pink Floyd, Porcupine Tree, Radiohead e Brian Eno. Come è giusto, ampio spazio viene dedicato ai brani del più recente album in studio, “Allow Yourself”, che viene rappresentato al meglio da composizioni come “Don’t You Dare”, “Shelter”, “This Night” o la splendida “Weights”. Assolutamente da segnalare, poi, l’emozionante “She”, tratta da “Afterthoughts”, posta nella parte finale del concerto. Un set riuscito e ben bilanciato, dunque, che raccoglie il consenso del pubblico, particolarmente ricettivo nei confronti delle sonorità proposte dai Nosound. Unica nota stonata, almeno dalla nostra posizione, il bilanciamento dei suoni, che non riusciva a valorizzare al meglio i vari strumenti, con la batteria a sovrastare ogni cosa, a discapito delle tastiere e delle chitarre. Avremmo pensato ad un problema legato al ruolo di opening act, con tutte le difficoltà annesse, ma, considerando che anche gli Anathema riscontreranno più di un problema su questo versante, forse c’è stato qualcosa che non ha girato per il verso giusto in zona mixer. Nonostante ciò, una bella performance, che ci lascia con il desiderio di reincontrare la band in un contesto tutto suo.
ANATHEMA
Nell’introduzione dicevamo come durante il tour del 2017 fosse assente uno dei membri storici della band, il batterista John Douglas: bene, il caso vuole che anche in questa nuova serie di concerti ci sia un grande assente, il bassista Jamie Cavanagh. Non sappiamo il motivo di questa defezione, se si tratti di un fatto improvviso o pianificato, fatto sta che la band decide di non coinvolgere un musicista esterno, suonando semplicemente senza l’apporto del basso. D’altra parte gli Anathema non sono più una formazione così lineare, dai ruoli ben definiti e, sempre più poliedrici, i musicisti giocano spesso in un doppio ruolo: alle tastiere si avvicendano tanto i due fratelli Cavanagh, quanto Daniel Cardoso, che, a sua volta, si siede spesso dietro le pelli, mentre John Douglas suona un altro set di percussioni al lato opposto del palco.
Prima dell’inizio del concerto eravamo curiosi di vedere come si sarebbe evoluta la scaletta della serata: le date italiane, infatti, sono le prime di questo tour estivo per gli Anathema e nei mesi scorsi i fratelli Cavanagh si erano imbarcati un tour acustico con la riproposizione dell’intero “Alternative 4”, accompagnati dall’ex-compagno Duncan Patterson. Chi sperava in un concerto dallo stesso taglio nostalgico, però, si è ritrovato ancora una volta a bocca asciutta, perché gli Anathema non amano guardare al passato, preferendo portare in scena un concerto quasi totalmente rivolto all’ultimo corso della band. Poco male, comunque, perché il quintetto appare in formissima, pronto a giocarsi le carte migliori del proprio catalogo recente.
Il set si apre con “San Francisco”, che vede Vincent dietro alle tastiere in posizione centrale, mentre sullo schermo alle sue spalle i fari della macchina ritratta sull’ultimo “The Optimist” puntano verso la platea, con la città buia che scorre ai suoi lati. Ed è proprio l’ultimo album il protagonista di tutta la prima parte del concerto, da “Can’t Let Go” a “Springfield”, passando per “Endless Ways” e la title-track. La band suona con energia, ma il più scatenato è Danny, che incita costantemente il pubblico, quasi senza accettare i pochi momenti in cui la platea sembra solo intenta ad ascoltare. Pur suonando musica che favorisce l’attenzione e l’introspezione, il chitarrista vuole vivere il lato più istintivo del concerto, arrivando a ringraziare pubblicamente l’avventore più scatenato!
I suoni, come abbiamo già detto, non sono perfetti, con qualche fischio di troppo, un paio di momenti in cui il microfono di Vincent rimane spento, e, addirittura, l’intera sezione iniziale di “Closer” che si ammutolisce a causa del malfunzionamento del vocoder, tanto da obbligare la band a ricominciare il pezzo da capo. Nonostante questo, il buonumore non abbandona la band, che ci regala momenti di grande intensità, come “Distant Satellites”, con il suo potentissimo finale in cui John Douglas, Daniel Cardoso e Vincent si trasformano in un infuocato trio di percussionisti; oppure la meravigliosa “A Natural Disaster”, suonata senza l’ausilio delle luci sul palco, ma con la luce di decine di smartphone accesi, moderna versione degli accendini del passato. Emozionante la performance di Lee Douglas, che vive il concerto quasi in punta di piedi, entrando e uscendo dal palco con delicatezza, pur essendo ormai da tempo uno dei tratti distintivi del sound degli Anathema. Tocca alle due parti di “Untouchable” guidarci verso il termine del concerto e, presentando i brani, Daniel ci anticipa come nel corso del 2019 dovrebbe venire registrato un nuovo album, che conterrà anche una terza parte per questa intensa composizione.
Ancora due brani prima di salutare il pubblico lombardo: prima la delicata “Ariel”, dedicata come sempre da Danny a sua figlia, e poi, naturalmente, “Fragile Dreams”, che infiamma il pubblico, con un occhio di riguardo a tutti coloro che adorano il materiale più datato degli Anathema. Lo avevamo scritto nel report di due anni fa: una serata storta può capitare a tutti e nulla ci avrebbe impedito di tornare a vedere gli Anathema alla prima occasione possibile. Promessa mantenuta. E ne è valsa la pena!
Setlist
San Francisco
Can’t Let Go
Endless Ways
The Optimist
Thin Air
Springfield
The Storm Before The Calm
Closer
A Simple Mistake
Distant Satellites
A Natural Disaster
Untouchable, Part 1
Untouchable, Part 2
Ariel
Fragile Dreams