Report di Carlo Paleari
Fotografie di Riccardo Plata
Non capita spesso di poter vedere gli Angra in concerto in Italia: la band brasiliana, infatti, non è una di quelle realtà perennemente in tour ed erano passati già sei anni dall’ultima calata dei Nostri, in occasione della pubblicazione di “ØMNI”.
Oggi gli Angra hanno un nuovo full-length da promuovere, “Cycles Of Pain” e, di conseguenza, con molto piacere abbiamo colto l’occasione per partecipare all’ultima delle tre date previste nel nostro Paese. Dopo il Traffic a Roma e l’Arci Tom di Mantova, tocca allo Slaughter Club di Paderno Dugnano accogliere l’evento all’insegna del power metal.
In tutta franchezza, dispiace molto vedere una band con la storia degli Angra suonare in un locale di provincia nemmeno così pieno, con un setup ridotto all’osso e suoni non all’altezza della pulizia esecutiva della band; eppure i cinque musicisti non si sono risparmiati, ringraziando più volte i presenti, accorsi per godersi una lunga serata di musica dal vivo.
Puntuali alle 19.30 ci troviamo davanti all’ingresso dello Slaughter Club: il circolo, come è noto, permette l’ingresso solo ai tesserati e questo rende sempre un po’ macchinoso l’ingresso, tra chi ha già tutto in regola, chi deve rinnovare la tessera e chi deve magari acquistare il biglietto.
A causa di qualche ritardo organizzativo, l’apertura delle porte del club viene ritardata di circa mezz’ora, ma riusciamo comunque ad accedere alla struttura prima dell’inizio della prima band in programma. I BLACK MOTEL SIX sono una formazione romana dedita ad un groove metal che guarda a band come Pantera, Five Finger Death Punch, Sevendust e Machine Head e tocca a loro il compito di iniziare a scaldare i primi avventori.
Compito non facile, vuoi perchè comunque la loro proposta è quella meno in linea con le sonorità degli headliner, vuoi soprattutto per i suoni impastati che rendono quasi ingiudicabile il loro intero show. La voce, in particolare, risulta totalmente incomprensibile e facciamo una certa fatica a cogliere qualsivoglia spunto melodico, riuscendo giusto a constatare l’impatto e la potenza della proposta del gruppo.
Anche i musicisti sul palco sembrano un po’ a disagio all’inizio e si trovano spesso a fare segni verso il mixer per cercare di avere un bilanciamento accettabile sul palco. Un plauso alla band, comunque, che ha dato il massimo anche in queste condizioni e che si congeda dopo una mezz’ora di concerto per lasciare il palco alla seconda band.
A parere di chi scrive (e non solo, raccogliendo qualche parere sul luogo), la vera sorpresa della serata sono stati i GREAT MASTER, formazione veneziana che lo scorso anno ha dato alle stampe un concept album ispirato alla vicenda del Conte di Montecristo. La band propone un power metal barocco e sinfonico e sebbene anche loro vengano penalizzati dai suoni del locale (soprattutto per quanto riguarda le tastiere), riusciamo comunque ad apprezzare la ricchezza degli arrangiamenti e la loro lettura, classica eppure non convenzionale, di questo genere musicale.
I brani tratti da “Montecristo” sono i protagonisti della serata: il cantante, Stefano Sbrignadello, li introduce con poche efficaci parole, adatte a darci un’ambientazione o a tratteggiare brevemente l’episodio della canzone, ed anche la sua presenza, con tanto di abiti da nobile d’altri tempi, si adatta molto bene alla proposta.
In circa quaranta minuti, dunque, facciamo questo piccolo viaggio musicale e letterario: possiamo apprezzare le atmosfere epiche della title-track, testimoniamo il desiderio di vendetta del Conte in “Your Fall Will Come”, lo accompagniamo in luoghi esotici con “Man From The East”, per arrivare poi alla conclusione del set con l’ottima “Another Story”.
Il pubblico apprezza lo show e abbiamo visto diverse persone fare un salto al banchetto del merch alla fine del loro concerto. Bravi.
L’ultima band di supporto prevista per la serata sono i DRAGONHAMMER, anche loro romani e a tutti gli effetti dei veterani della scena, visto che il debutto, “The Blood Of The Dragon”, risale al 2001.
Anche loro si rendono protagonisti di una performance d’impatto, grazie ad un power metal epico e guerresco che fila dritto senza perdersi in chiacchiere e sfruttando bene il tempo a loro disposizione, facendo un excursus della loro carriera, con un occhio di riguardo al recente “Second Life”, pubblicato da My Kingdom Music nel 2022.
Brani come “Sickness Divine” o “Silver Feathers” ci mostrano una band in forma e capace di avere ancora molto da dire in un genere che, tra alti e bassi, continua ad avere una fanbase molto fedele. Anche in questo caso, una nota di merito particolare la riserviamo al frontman della band, Mattia Fagiolo, che oltre ad avere una potenza vocale notevole, si è distinto per l’energia profusa per tutta la durata del concerto, ha incitato e ringraziato il pubblico più volte, raccogliendo a sua volta il giusto apprezzamento dalla platea che, comprensbilmente, si trovava lì soprattutto per gli headliner.
Anche per i Dragonhammer abbiamo notato qualche difficoltà tecnica, con la band che evidentemente non riusciva a sentirsi sempre al meglio in spia, ma anche in questo caso la professionalità dei musicisti ha permesso loro di portare a casa il risultato.
A causa del ritardo citato in apertura, sono passate le 23.00 quando finalmente sul palco fanno il loro ingresso gli ANGRA, accompagnati dalle lussureggianti note di “Crossing”, il preludio per quella “Nothing To Say” che nel lontano 1997 ci aveva letteralmente folgorati.
Al centro del palco troneggia l’enorme drumkit di Bruno Valverde, che picchia con un gusto ed un entusiasmo invidiabili; al basso troviamo ovviamente Felipe Andreoli, solido ed affidabile, mentre la chitarra solista è nelle mani di Marcelo Barbosa, chitarrista di alto livello che ha ormai preso in pianta stabile il posto che fu di Kiko Loureiro prima del suo ingresso nei Megadeth. Naturalmente non può mancare Rafael Bittencourt, l’unico membro della formazione storica rimasto al timone della band, mentre alla voce viene confermato il nostro Fabio Lione, uno dei pochi cantanti in grado di non sentirsi intimorito di fronte alla grandezza di un talento mai dimenticato come quello di André Matos.
Speravamo che almeno per gli headliner i suoni sarebbero stati migliori, invece anche per loro servono diverse canzoni prima di riuscire a trovare il giusto bilanciamento, sopratutto per la voce di Fabio Lione, che inizialmente fatica ad emergere.
La scaletta degli Angra è ben bilanciata: da una parte, ovviamente, viene concesso il giusto spazio a “Cycles Of Pain”, album che ci sembra molto efficace anche in questa dimensione live, dall’altra non viene dimenticato il passato illustre della band, che viene omaggiato con una selezione di brani limitata ma efficace.
Così i fan della prima possono godersi “Angels Cry”, “Lisbon” (dedicata da Lione alla memoria di Matos) e “Rebirth”, a cui si affiancano “Tide Of Changes”, “Vida Seca” (cantata in coppia con Rafael), “Ride Into The Storm” e “Dead Man On Display”.
La performance della band è senza sbavature e Fabio Lione ci è parso convincente ed efficace sulla quasi totalità dei brani, anche più di altre volte in passato; ad esempio, la scorsa estate abbiamo avuto il piacere di vedere la band all’opera allo Sweden Rock Festival e in quell’occasione gli Angra ci erano parsi leggermente arrugginiti (si trattava della prima data live della band dopo qualche mese di stop). In questa serata, invece, tutto sembra filare liscio e sebbene la vocalità di Lione sia molto diversa sia da quella di Matos che da quella di Falaschi, Fabio ha dalla sua l’esperienza e la personalità giusta per prendere quelle melodie e farle sue. L’unica nota stonata, a dirla tutta, è stato l’uso un po’ massiccio di basi preregistrate, che hanno sostituito la totalità delle partiture di tastiera; addirittura, durante la sezione arpeggiata della strofa di “Lisbon” ci è parso che tutti i musicisti fossero fermi e Lione stesse cantando su una base prima di riprendere la performance dal vivo, pochi secondi dopo, con il rientro delle chitarre elettriche.
Capiamo che questa sia una scelta quasi obbligata, il modo più semplice per mantenere invariati gli arrangiamenti potendo andare in tour solo con la band ufficiale, senza musicisti o turnisti aggiuntivi, ma qualcosa della freschezza del live in questo modo si perde per forza. Allo stesso modo, chi ha visto dal vivo più volte gli Angra in passato, ricorderà anche il gusto che aveva la band nell’inserire sezioni più tipicamente brasiliane, in cui tutti i musicisti si divertivano a usare percussioni in piccole jam dal sapore etnico, un altro aspetto della loro musica che, probabilmente per motivi di ottimizzazione, non ha potuto trovare uno spazio.
Poco male, comunque, lo show ha funzionato ugualmente alla grande e il pubblico ha cantato ed inneggiato alla band per tutti i novanta minuti abbondanti dello spettacolo, che culminano nel finale con la doppietta formata da “Carry On” e “Nova Era”, fuse l’una nell’altra all’insegna del miglior power metal.
Speriamo solo di non dover aspettare altri sei anni per rivedere Rafael e compagni in Italia e, soprattutto, ci auguriamo di poterli apprezzare ancora di più in un contesto più grande, magari con una produzione più ricca e capace di restituirci al meglio i mille colori di questa band.
BLACK MOTEL SIX
GREAT MASTER
DRAGONHAMMER
ANGRA