A cura di William Crippa
Molte sono le donne nel metal che nel corso degli anni si sono imposte all’attenzione del grande pubblico; Sharon Den Adel o Tarja giusto per citarne un paio, ma parte del loro successo (perchè ovviamente il talento le avrebbe messe in luce comunque, prima o poi) queste dive lo devono ad un album che vent’anni fa ha destato l’attenzione dei fan e ha creato un’intera scena dietro a sé. Questo album si chiama “Mandylion” e presenta una cantante al debutto che mai è stata uguagliata negli anni, pur non avendo mai riscosso il giusto ritorno a livello di vendite e pubblico ai concerti. Questa cantante si chiama Anneke Van Giersbergen, tornata a Milano per una serata in acustico in compagnia di Arjen Lucassen, mr. Ayreon, compagno nella nuova avventura The Gentle Storm, per presentare appunto questo nuovo progetto. Al nostro arrivo al locale, la coda di fan che attendono di entrare è davvero corposa e questo fa ben sperare per il successo della serata. Serata che vede Anneke influenzata e Lucassen che non si esibisce dal vivo da ben otto anni; come andrà il concerto al Lo-Fi?
ANNEKE VAN GIERSBERGEN
Le 22 sono passate da poco più di dieci minuti quando Anneke si presenta sul palco armata della sua chitarra acustica. La cantante è accolta da un caloroso applauso da parte di tutti i presenti e si mostra davvero colpita dal grande numero di fan intervenuti, dando il via all’esibizione con “Beautiful One”, dal debutto di Agua De Annique, suo primo progetto post-The Gathering. L’audience è completamente rapita dalla voce della rossa olandese e si limita ad un timido applauso a fine brano, ed è la stessa singer a manifestare sorridente il proprio stupore, definendo davvero molto educato il pubblico milanese, visto che in occasione del concerto di Roma di cinque giorni prima la reazione era stata molto più rumorosa e caotica; cosa, questa, che dà il via ad un autentico boato da parte della venue. Si continua con “4 Years”, brano dei Lorrainville al quale Anneke ha prestato la propria voce in occasione del debut album della band olandese, datato 2011, e con “Wicked Games” di Chris Isaak, in una versione davvero molto delicata. La cantante scherza molto con il pubblico, il quale si lascia volentieri andare all’interazione, ed é carino e divertente l’aneddoto riguardante “O Sole Mio” e le reazioni dei vicini di casa quando la mattina Anneke la intona facendosi la doccia; é breve il passaggio ad introdurre una “Circles” da gelare il sangue. Nuovamente il pubblico è talmente rapito che ci impiega qualche secondo dopo la fine del brano prima di esplodere in un lungo applauso. È il turno di “I’m On Fire” di Bruce Springsteen, che in questa versione perde molto, ed è la stessa Anneke a rialzare l’hype con la frase ‘Fuck Bruce Springsteen, we want a The Gathering song!’ tra gli applausi dei presenti, lanciando “Locked Away”, brano secondario della band, scelta davvero curiosa. Una intensa “Wish You Were Here” dei Pink Floyd, prima che “Drowing Man” degli U2 metta fine alla prima parte di concerto ed introduca Arjen Lucassen. Il compositore olandese è accolto in maniera trionfale sul palco del Lo-Fi: Arjen prende la parola e si scusa in anticipo se stasera commetterà qualche errore esecutivo, ma non è abituato ad esibirsi dal vivo, visto che manca dai palchi dal tour con gli Stream Of Passion di ben otto anni fa. Si parte con “Endless Sea”, opener di “The Diary”, debut album dei “The Gentle Storm” che uscirà a fine marzo, in una versione che invero non rende molto onore alla complessità del brano, sia paragonata alla versione acustica che alla versione metal. Lucassen chiede al pubblico se conosce un progetto chiamato Ayreon, parola che fa letteralmente esplodere il locale in un boato di approvazione, progetto dal quale vengono eseguite “Day Six: Childhood” da “The Human Equation” e “Isis And Osiris” da “Into The Electric Castle”, completamente stravolte nell’adattamento acustico ma ugualmente apprezzate moltissimo. È “The Moment” il secondo brano presentato da “The Diary”, apprezzato, ma non pienamente, dai presenti, in quanto per ora assolutamente inedito, al quale seguono poi “Comatose” da “01011001” e “Valley Of The Queens” da “Into The Electric Castle”, in origine cantate proprio da Anneke. “Mad World” dei Tears For Fears nella versione più famosa di Gary Jules è apprezzatissima dai fan, prima che “Waking Dreams” funga da introduzione al terzo ed ultimo brano da “The Diary”, “New Horizons”; “The Garden Of Emotions” e “Come Back To Me”, che vira nel finale su “Mrs Robinson” di Simon & Garfunkel portano alla pausa. L’encore si apre con “Strange Machines”, da “Mandylion” dei The Gathering, cantata da tutto il pubblico; “A Day In The Life” dei The Beatles è gradevole, prima della domanda di Lucassen ‘Siete pronti per un ultimo viaggio nell’Electric Castle?’ annunciando “The Castle Hall”. Il duo scende dallo stage ma ritorna prontamente per “My House On Mars”, che chiude definitivamente il set. Tempo di conclusioni e riflessioni: tra la venue e il palco si è creato un gradevolissimo clima di simpatia e giocosità, cosa che ha ben contribuito al positivo andamento del concerto. Curiosa e non troppo apprezzata da molti (qualche borbottio c’è stato tra il pubblico) la scelta di proporre tutte queste cover durante la serata (cinque su otto brani per la sola prima parte), visto che il biglietto è stato da concerto vero e proprio e che la sola Anneke ha ben nove album a curriculum tra i quali scegliere, e curioso è stato anche il riproporre nuovamente “Locked Away”, brano decisamente di secondo piano all’interno della discografia dei The Gathering, quasi un filler, misconosciuto a molti. Al solito si sono evidenziati i limiti invalicabili di Anneke come chitarrista, che è riuscita a svirgolare persino l’introduzione a due note di “Beautiful One”, ma a questo ormai ci siamo abituati; come al solito anche la voce della bella olandese, che come sempre ha colpito nel segno, dimostrandosi più forte dell’età (ormai Anneke ha 42 anni) e dell’influenza. E la gente questa sera, infatti, è venuta qui principalmente per le corde vocali di Anneke Van Giersbergen e non per altro, quindi bene così. È stato oltremodo gradevole vedere Lucassen scherzare e giocare con il pubblico, a fronte di una timidezza a dir poco leggendaria; resta da capire la riproposizione in versione acustica ad una sola chitarra di molti brani famosi per la loro complessità strutturale. Ed ora non resta che attendere l’uscita di “The Diary” per gioire nuovamente della voce dell’olandesina.