07/03/2017 - ANTIMATTER + SPLEEN @ Blueshouse Club - Milano

Pubblicato il 10/03/2017 da

Report a cura di Carlo Paleari

In questo momento storico, dove fioriscono tour commemorativi come funghi in un bosco dopo una pioggia, anche gli Antimatter di Mick Moss decidono di celebrare il proprio passato: An Epitaph Tour 2017, infatti, ignora il presente della band, andando a concentrarsi sui primi quattro album, ovvero i tre in cui militava Duncan Patterson, con l’aggiunta di “Leaving Eden”, il primo lavoro con Moss a capitanare la nave. Un’occasione ghiotta, quindi, che viene celebrata al Blues House, un piccolo ma accogliente locale milanese. Al nostro ingresso, però, ci ritroviamo di fronte una sala semideserta, con una ventina di avventori, che diventeranno meno di un centinaio al momento dello show della band inglese. Ad aprire la serata, troviamo invece gli Spleen, formazione meneghina che, pur essendo molto diversa rispetto a quanto proposto dagli Antimatter, riesce ad incastrarsi bene nell’atmosfera della serata, convincendo anche chi, come il sottoscritto, temeva di trovarsi di fronte ad una band appiccicata fuori contesto solo per allungare la serata.

 


SPLEEN

Nati alla fine del 2013, gli Spleen trovano in Omar Pedrini un mentore per la loro carriera e, sebbene discograficamente siano ancora agli inizi, si presentano sul palco del Blues House con una manciata di canzoni di buona fattura. Il mondo in cui si muovono questi ragazzi è un rock cantato in italiano, con una predilezione per il grunge e, soprattutto, per i Pearl Jam. Il risultato è tutt’altro che spiacevole, con la band a intrecciare melodie avvolgenti e malinconiche, su cui si poggia l’ottima voce di Alfredo Veltri. Il cantante è senza dubbio uno dei punti di forza della band: dotato di una timbrica à la Eddie Vedder e di una invidiabile agilità, aggiunge spessore alle canzoni, che risultano al di sopra della media del rock di casa nostra. Manca ancora un po’ di padronanza e sicurezza sul palco, ma quella arriverà con l’esperienza; per il momento, comunque, il giudizio è positivo e la band può congedarsi sapendo di aver guadagnato l’attenzione dei pochi astanti, senza risultare fuori luogo in una serata di questo genere.

ANTIMATTER
In un contesto così piccolo e raccolto non stupisce vedere gli Antimatter salire sul palco, sistemarsi personalmente la strumentazione e dare il via con grande semplicità alla serata. Mick Moss è perfettamente in grado di guidare la sua creatura, bilanciando le due anime della sua musica: da una parte la calda delicatezza dei suoni acustici, accompagnati talvolta da degli archi; dall’altra, come per questa occasione, la malinconica e languida vitalità dei suoni elettrici. Oltre a Moss (voce e chitarra), sul palco troviamo il fedele Ste Hughes al basso, Dave Hall alla chitarra solista e Liam Edwards alla batteria. L’apertura è affidata ad “Everything You Know Is Wrong” e, pur con qualche problema nei suoni, che coprono troppo la voce di Moss, ci rendiamo conto di avere a che fare con una serata dalla forte intensità emotiva. La band manipola con grande sapienza le sensazioni, tra squarci elettrici di disperazione e carezze guidate dalla voce di Mick e dall’elegante lavoro di Dave Hall con l’e-bow. La qualità delle canzoni degli Antimatter è sempre stata altissima ma, tra i primi quattro lavori che popolano la scaletta di questa sera, ci sono gli episodi più strazianti della loro carriera. Tra le tracce più coinvolgenti non possiamo non citare la meravigliosa “The Last Laugh”, diversi estratti di quel gioiello che risponde al nome di “Leaving Eden” e che festeggia quest’anno il suo decimo anniversario, per non parlare della commovente parentesi acustica di “Conspire” e “The Weight Of The World”. L’unico episodio, a parere di chi scrive, non riuscitissimo è stata la riproposizione di “Savior”, la title track del primo album, che ha sofferto un po’ la mancanza della voce femminile, più adatta all’atmosfera del brano. Convince, invece, la scelta della cover dei Dead Can Dance, “Black Sun”, unico estratto che esula dai primi quattro album degli Antimatter. Il concerto si chiude, infine, con il pezzo che dà il nome al tour, “Epitaph”, dedicata da Moss a due grandi artisti recentemente scomparsi, Piotr Grudziński dei Riverside e Aleah Stanbridge dei Trees of Eternity. Dopo circa un’ora e mezza di show, dunque, i quattro musicisti ringraziano, si congedano e, con grande semplicità, il buon Mick allestisce personalmente il banchetto del merchandising, scambiando quattro chiacchiere, firmando autografi, scattando foto con i presenti e concludendo con un’ulteriore nota positiva questa intima e suggestiva serata.

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