Introduzione e report a cura di Roberto Guerra
Fotografie di Simona Luchini
Un combo molto particolare e relativamente variegato, quello messo in piedi per il tour che vede come main act un’accoppiata formata da due delle metal band più popolari del momento. Sebbene ogni formazione stasera abbia qualcosa da mettere sul piatto, sugli svedesi Arch Enemy e i polacchi Behemoth si è già abbondantemente espresso più volte tutto il panorama metal mondiale, così come su quella realtà di culto che sono sempre stati i Carcass, mentre invece sui promettenti Unto Others le somme devono ancora essere tirate nella loro interezza: questo rende l’evento all’Alcatraz di Milano un buon connubio di conferme, dubbi e scoperte. Quattro formazioni, ognuna con un nuovo full-length all’attivo, e ognuna con un bagaglio da presentare in presenza di un pubblico che, a una prima occhiata, può sembrare non molto numeroso; eppure, considerando il posizionamento sul palco A, possiamo assicurarvi che questo martedì sera ha dato una valida scusa per muoversi a un numero notevole di persone, anche se l’ora di inizio della prima esibizione di oggi costringerà molti a rinunciare ai primi vagiti della serata. Buona lettura!
UNTO OTHERS
La formazione più anomala della serata, sul versante del genere proposto, è anche quella da noi più attesa in termini di curiosità personale, in quanto si tratta di una line-up che, in pochi anni, ci ha stupito per ben due volte coi suoi particolari e godibilissimi full-length, di cui uno aveva già stuzzicato il nostro interesse quando gli Unto Others si chiamavano ancora Idle Hands. Il loro sound prende tanto dall’heavy metal più affilato quanto dal gothic rock più tetro e introspettivo, creando una peculiare miscela destinata a far parlare di sé, soprattutto dopo un concerto breve, ma comunque intenso, come quello di stasera: i quattro musicisti sanno tenere il palco benissimo, sfruttando al meglio i suoni a disposizione, riuscendo a convincere molti ascoltatori così come lasciandone straniti altri, evidentemente non preparati a un inizio così lontano dalle sonorità predominanti in questa sede. L’inizio con “Heroin” (tratta dal più recente “Strength”) stimola grandi voglie di headbanging così come “Nightfall”, consci del fatto che in concomitanza di altri estratti, come ad esempio “No Children Laughing Now”, ci sarà più spazio per l’introspezione. Ottima la prova del frontman Gabriel Franco, così come quella del chitarrista Sebastian Silva, il cui contributo ci ha trasmesso tanta goduria anche all’interno dell’altra band che lo vede coinvolto, ossia i devastanti Silver Talon. La conclusione dello show è affidata al singolo “When Will God’s Work Be Done”, che di fatto sta trainando da tempo l’attenzione nei confronti di una giovane (anagraficamente e per carriera) band che ha davvero tanto da dire, e che abbiamo tutta l’intenzione di supportare in ottica futura.
CARCASS
La formazione più seminale tra quelle presenti oggi, nonché la più attesa da una discreta schiera di appassionati presenti, è anche quella in cui si avverte di più il divario tra passato a presente: per spiegarci meglio, ci teniamo a farvi presente che i pezzi nuovi, provenienti dal recentissimo “Torn Arteries”, dal vivo soffrono molto il confronto con gli estratti più datati; se poi si sentono in successione “Buried Dreams” e “Kelly’s Meat Emporium” il divario diviene ulteriormente netto. Personalmente siamo molto più affezionati a “Surgical Steel”, che però purtroppo in questa sede viene totalmente ignorato; chiaramente è questione di gusti, ma la goduria più grande si palesa sempre su inni alla violenza come “This Mortal Coil” e “Heartwork”, senza contare la marcescente ignoranza di “Incarnated Solved Abuse” e “Corporal Jigsore Quandary”, direttamente dal periodo grind della band inglese. Jeff Walker trasuda attitudine e grezzume dalle corde vocali, mentre Bill Steer con la sua immagine anni ’70 è sempre una delle figure più memorabili del panorama death metal mondiale, e il moshpit che in determinati frangenti si palesa è indice del buon livello dello show odierno, anche se permangono i singhiozzi dati da qualche punto morto di troppo. In ogni caso, non c’è male, perciò tingiamo di nero l’ambiente e andiamo avanti!
BEHEMOTH
I Behemoth e quel geniaccio di Adam ‘Nergal’ Darski sono una vera e propria garanzia quando si parla di spettacoli dal vivo, e in questo specifico caso notiamo un’interazione col pubblico più partecipata e sentita da parte del noto poker polacco. Là dove un tempo c’era una band che praticamente non parlava, lasciando persino il palco alla fine senza alcuna avvisaglia, ora c’è un combo di musicisti partecipi e pronti a ricambiare tutte le attenzioni dei presenti: in particolar modo il buon Nergal indossa per davvero gli abiti del filantropo nel momento in cui spiccica sorridente qualche battuta con gli astanti, per poi elogiare questi ultimi come il miglior pubblico tra tutti quelli trovati finora nel tour corrente. Sarà vero? Non lo sappiamo, però è innegabile che l’accoglienza data ai Behemoth dai partecipanti nostrani sia qualcosa da non sottovalutare: un moshpit dalle dimensioni ragguardevoli accompagna l’esecuzione di brani come la iniziale “Ora Pro Nobis Lucifer” o la recentissima “The Deathless Sun”, cui segue il passo indietro nel tempo rappresentato da “Ov Fire And The Void”. Da qui in avanti è un susseguirsi di pezzi tra i più amati da parte di questi quattro sacerdoti del maligno: da “Conquer All” alla attualissima “Off To War!”, passando per “Daimonos” e “Bartzabel”. Una scaletta quasi perfetta quindi, anche se è ovvio che sia stato dato molto spazio al nuovo arrivato “Opvs Contra Natvram”, ma nel finale con un pezzo cult come “Chant For Eschaton 2000” la carneficina è assicurata. Proprio nel finale si concretizzano le nostre impressioni su questa sorta di nuova serenità di approccio da parte di Nergal e soci, i quali mettono prontamente via gli strumenti per poi salutare ed esultare in compagnia del proprio pubblico, di fatto come una band ‘normale’. Qualcuno storce il naso, vedendo questo tratto come un ulteriore segno di ammorbidimento, ma a nostro modo di vedere è il maturo passo in avanti di una realtà musicale che ormai non ha più nulla da dimostrare a nessuno, tanto meno la propria attitudine o il proprio estro diabolico.
Setlist:
Ora Pro Nobis Lucifer
The Deathless Sun
Ov Fire And The Void
Thy Becoming Eternal
Conquer All
Daimonos
Bartzabel
Off To War!
No Sympathy For Fools
Blow Your Trumpets Gabriel
Versvs Christvs
Chant For Eschaton 2000
ARCH ENEMY
Ed eccoci in concomitanza del concerto di una delle band più criticate dai puristi, soprattutto per via della loro deriva catchy rispetto a quel malatissimo e ferale melodic death degli inizi. Siamo i primi a ritenere artisticamente più alti i loro primi lavori, ma personalmente crediamo che gli Arch Enemy attuali rappresentino un ottimo compromesso tra derive compositive commerciali e cattiveria metallica purissima. In particolar modo l’ultimo album “Deceivers” rappresenta un’ottima maturazione della loro incarnazione più recente, nata al momento dell’ingresso in formazione di Alissa White-Gluz, qui presente e ruggente come una tigre inferocita (dal pelo blu, ovviamente) sin dall’inizio sui terremotanti vagiti di “Deceiver, Deceiver”, cui seguono due pezzi che non necessitano di presentazioni, trattandosi di “War Eternal” e “Ravenous”. Gli show degli Arch Enemy sono molto quadrati: iniziano e finiscono con degli stilemi ben precisi e potenzialmente letali se ben sfruttati, anche se si notano delle simpatiche parentesi, come il momento in cui la frontwoman dedica il pezzo “The Watcher” (uno dei migliori della loro ultima opera, a parere di chi scrive) ad un bambino posizionato sulle spalle di quello che supponiamo essere il padre. Tuttavia, prendendo come contraltare quanto fatto dagli Amon Amarth appena una settimana prima, riteniamo che gli Arch Enemy ultimamente stiano sfoggiando molto più carattere e molta più voglia di mettere a ferro e fuoco le location, oltre a doti compositive decisamente più ispirate; ma, essendo Michael Ammott la mente, non ce ne stupiamo. Allo stesso modo, difficile aspettarsi un’esecuzione povera con in formazione un mostro come Jeff Loomis alla chitarra, che insieme ai suoi colleghi viene ulteriormente favorito da ottimi suoni. Avremmo eliminato dalla scaletta, come sempre, quella “The Eagle Flies Alone” di cui continuiamo a non spiegarci il successo, per sostituirla magari con qualcosa di più accattivante, ma data la durata non eccessiva del concerto va bene anche così. In buona sostanza, un ottimo show da parte di una formazione composta da assoluti professionisti, che alle critiche continuano a rispondere a testa alta.
Setlist:
Deceiver, Deceiver
War Eternal
Ravenous
In The Eye Of The Storm
House Of Mirrors
My Apocalypse
The Watcher
The Eagle Flies Alone
Handshake With Hell
Sunset Over The Empire
As The Pages Burn
Snow Bound
Nemesis
Fields Of Desolation