A Cura di Carlo Paleari
C’erano grandi aspettative per il concerto dei norvegesiArcturus, sia per testare la validità dei nuovi brani tratti dalla loroultima fatica, “Sideshow Symphonies”, sia per la curiosità di vedereall’opera il biondo Simen Hestnæs, che già aveva prestato la sua ugolaper il capolavoro “La Masquerade Infernale”. Nonostante un’affluenza aldi sotto delle aspettative (forse anche a causa della locationdifficilmente raggiungibile senza mezzi propri), gli Arcturus,accompagnati dai conterranei Red Harvest, hanno ammaliato i presenticon le loro prove potenti e fuori dall’ordinario.
RED HARVEST
Sono ormai le 22.30 quando i Red Harvest salgono sul palco, introdottidagli inquietanti sample industriali che contraddistinguono il lorosound. I cinque musicisti si presentano alla folla avvolti da unapesante cortina di fumo, con giusto qualche orpello scenografico (tipol’asta del microfono, piuttosto elaborata e sormontata da una mascheraantigas) per ricordare le loro atmosfere da apocalisse post-atomica.D’altra parte non c’è immagine migliore per descrivere l’olocaustosonoro che esplode dalle casse del Thunder Road quando i Red Harvestattaccano con il loro show. Con il loro pesantissimo industrial metal,i norvegesi innalzano un muro sonoro impressionante, fatto di riffcompressi, ora più serrati, ora lenti e monolitici. La batteriamartellante di Eric Wroldsen si accanisce con una doppia cassaripetitiva che, contrariamente a quanto ci si aspetterebbe, al posto diannoiare, crea un senso di trance ipnotica e straniante, che vieneacuita ancor di più dalla massiccia presenza di loop e samplecibernetici. Il tutto viene sovrastato dalla voce di LRZ, un vero eproprio armadio a quattro ante che, animato da una furia incontenibile,aggredisce i presenti con le sue urla belluine. Il pubblico,inizialmente, non sembra molto interessato alla proposta della band,dimostrando di essere lì solo ed esclusivamente per gli headliner,eppure con il trascorrere del tempo, il groove dei Red Harvest contagiadiversi spettatori che, verso la fine dell’esibizione, si lancianoaddirittura in un breve mosh. Dopo una quarantina di minuti il gruppoconclude la propria esibizione, lasciando i presenti frastornati, masoddisfatti e carichi a sufficienza per l’esibizione degli Arcturus.
ARCTURUS
Il pianoforte inquietante de “La Masquerade Infernale” funge daintroduzione alla ciurma vichinga guidata da capitan Sverd. Immersi inuna luce verde gli Arcturus restano immobili sotto lo sguardo delpubblico, mentre i singulti elettronici del nastro registrato inizianoa calare gli ascoltatori nel loro universo bizzarro. La band ricalca illook che sfoggia nel libretto di “Sideshow Symphonies”: Knut Valle,dunque, sorride al pubblico con in testa il suo buffo cappello rosso;Tore Moren, incappucciato, nasconde il volto e aspetta l’inizio dellaperformance; Hugh Mingay è completamente avvolto in abiti neri, con unagrottesca maschera a punta, che porterà per tutto il concerto; Sverd edHellhammer, invece, sono quasi nascosti, l’uno dalla posizionearretrata, avvolta nel fumo, e l’altro dalla sua mastodontica batteria.Non appena si spengono le note di “La Masquerade Infernale”, esplodonole bizzarre melodie della splendida “Ad Absurdum”, primo estratto da“The Sham Mirrors”, che vede la comparsa dell’altissimo Simen Hestnæs afare le veci di Garm. Sfortunatamente per buona parte della suaperformance il biondo cantante sarà penalizzato da un suono pessimo cherenderà quasi impercettibile la sua bella voce. La band suona inmaniera egregia, con un chirurgico Hellhammer a dettare i tempi e i duechitarristi a disegnare trame intricate con l’ottimo Sverd. Si continuacon “Nightmare Heaven”, con il bravo Simen a muoversi, dondolarsi,accoccolarsi per poi alzarsi di scatto, cercando di sfruttare il pocospazio a sua disposizione. Durante l’intermezzo del brano fanno la loroprima comparsa due fanciulle vestite da giullari, in bianco e nero, chesi lanciano in alcune coreografie, semplici ma efficaci, muovendosi ascatti e rendendo sempre più teatrale la performance sul palco indiversi brani. È tempo di tornare indietro nel tempo e, così, dopo unabreve introduzione di synth ad opera di Sverd, veniamo catapultatinella potentissima “Alone” che, sebbene suonata in maniera magistrale,vede il frontman un po’ in difficoltà nelle parti vocali di Garm,soprattutto quando si tratta di ‘recitare’ i passaggi più teatrali. Lascaletta vede la band spaziare per tutta la loro discografia, senzadimenticare nemmeno il controverso “Disguised Masters”, da cui vienetratta l’ottima “Deception Genesis”, ipnotica nel suo incedereirregolare ed etereo. Uno dei momenti più alti dello show è statasicuramente l’esecuzione della folle “The Chaos Path”, in cui SimenHestnæs dà veramente il meglio di sé, in una interpretazione schizzatae impazzita che manda in visibilio tutto il pubblico. Il cantante, daquesto punto in poi, regala una performance davvero ottima, anchegrazie al repertorio più adatto alla sua caratteristica voce. La band,infatti, inizia a sciorinare una serie di brani tratti da “SideshowSymphonies”, che comprendono l’ottima “Daemon Painter”, mutevole eprogressiva; “Nocturnal Revisited” che, però, non convince appieno eavrebbe potuto cedere il posto ad altri momenti del nuovo album come“Evacuation Code Deciphered”, e la malinconica “Hufsa”, che dal vivoviene proposta in una versione più energica e potente, introdotta da unpregevole assolo al pianoforte di Sverd. Con questo brano la bandsaluta il pubblico, dopo meno di un’ora di concerto, e lascia il palco,preparandosi ai bis che, prontamente, arrivano con una grandiosa“Master Of Disguise”, seguita a ruota da “Shipwrecked FrontierPioneer”, uno dei punti più alti del nuovo album. Il finale, invece,viene affidato a “Raudt Og Svart”, una gradevole sorpresa per ilsottoscritto, che non si aspettava alcun estratto dall’immortale“Aspera Hiems Symfonia”. La band, soddisfatta della risposta delpubblico, non si lascia pregare e passa diversi minuti a stringere lemani e salutare i ragazzi delle prime file, ringraziando più volte perla bella accoglienza. Un ottimo show, dunque. Breve ma intenso. GliArcturus riescono anche nella difficile impresa di tradurre leintricate composizioni dei loro album, così ricchi di sfumature, insede live, mantenendo un invidiabile equilibrio tra l’eleganza chetraspare in ogni loro nota e l’energia tipica degli eventi dal vivo.Genio e sregolatezza.