11/11/2018 - ARMORED SAINT + ATHROX @ Legend Club - Milano

Pubblicato il 16/11/2018 da

Report a cura di Simone Vavalà

L’unica occasione per vedere gli Armored Saint prima di questa volta fu dodici anni fa al mitico Evolution Fest, dove la band americana non fece propriamente uno show indimenticabile… al punto che, nel corso della serata odierna, John Bush pare dimenticarsene, sottolineando l’orgoglio di suonare finalmente, e per la prima volta, in Italia. Poco male per il disguido, perché quello che si annunciava come un live veramente speciale non ha certo deluso le aspettative, come vedremo nel seguito; gli Armored Saint sono indiscutibilmente una delle band più iconiche emerse nel panorama metal americano degli anni Ottanta e, a differenza di tanti colleghi altrettanto ‘attempati’, non mostrano sul palco un briciolo di stanchezza, anzi: il tour celebrativo di “Symbol Of Salvation” è poco più di un pretesto per portare anche in Europa una macchina da guerra rodata e adrenalinica, a cui non servono anniversari particolari per richiamare un pubblico entusiasta, che ha meritatamente assiepato un Legend Club ai limiti della capienza.

 

ATHROX
Ad aprire la serata troviamo i toscani Athrox, giunti da pochissimi giorni alla pubblicazione del secondo album, ma che paiono decisamente rodati sul palco. Penalizzati inizialmente da un missaggio non proprio eccellente e che lascerà per tutta l’esibizione il basso un po’ troppo sopra gli altri strumenti, i cinque membri della band non mostrano di preoccuparsene o di risentirne troppo; il cantante Ian preferisce arrischiare, magari, qualche momento di eccessivo trascinamento del pubblico, che in parte stona davanti a un’audience non vastissima, ma l’energia c’è, così come la voce: espressiva, varia, potente, esattamente come il lavoro del resto della formazione è quadrato e ruvido il giusto. Il loro mix di power-thrash segue il modello americano, sull’onda dei Maestri che suoneranno poco dopo, ma con ritmiche e linee vocali più pesanti, che sanno decisamente intrattenere il pubblico per la breve ma intensa mezz’ora di performance.

ARMORED SAINT
Sono passate da poco le 22 quando i cinque losangelini salgono sul palco, accolti da un vero e proprio boato; che aumenta solo di intensità nel momento in cui partono le note di “March Of The Saint”: non poteva esserci avvio migliore, con un inno eterno e reso perfettamente, durante il quale la band mostra subito l’ottimo stato di forma. Seguono senza quasi soluzione di continuità “Long Before I Die” e “Chemical Euphoria”, dopodiché John Bush inizia a interagire col pubblico, come farà con trasporto e simpatia per tutta la serata. Spiega, se ce ne fosse bisogno, che sono stati finora ripercorsi i primi tre album della band, mentre per il quarto – come noto e confermato dai banner presenti alle spalle della band – gli Armored Saint hanno deciso di riproporre per intero il loro più grande successo. E così si riparte subito con l’esecuzione per intero di “Symbol Of Salvation”, appunto. Quello che fu al tempo l’album della rinascita dopo la tragica scomparsa di Dave Prichard conferma il suo status di capolavoro intramontabile, sia per qualità compositiva che per l’esecuzione senza sbavature. Joey Vera, nel ruolo di secondo mattatore dopo il già citato frontman, si mostra su di giri e si conferma un bassista da annoverare negli annali dello strumento; i fratelli Sandoval, chitarra solista e batteria, non sono da meno, perfettamente coadiuvati da Jeff Duncan, che alla chitarra ritmica, oltre a sciorinare riff da urlo, si concede anche un momento di gloria allorquando giunge l’intro di chitarra acustica della avvolgente “Tainted Past”. Ma nel frattempo sono già passati, tutt’altro che indifferenti, brani travolgenti come “Dropping Like Flies” o “Burning Question”, oppure la struggente “Another Day”. L’esecuzione è al livello del disco come resa sonora, eppure calda e coinvolgente, al punto che è quasi inutile estrapolare un brano piuttosto che un altro. Spazio nei bis per “Win Hands Down”, title-track del loro ultimo e apprezzatissimo album (anche dalla band stessa, come sottolinea l’ugola d’oro, questa sera quasi strabiliante, di John Bush), “Can U Deliver” e “Mad House”. Ci sono voluti trentacinque anni per assistere a un concerto degli Armored Saint come headliner nel nostro paese; troppi, e purtroppo è un segno che coincide tristemente con un successo che ha irriso solo parzialmente a una band che ha saputo davvero segnare il Metal, al di là dei risultati di vendita. L’emozione con cui si sono offerti al pubblico per questo ‘esordio’ è stata non a caso seconda solo a quella degli astanti stessi.

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