09/10/2019 - AS I LAY DYING + CHELSEA GRIN + UNEARTH + FIT FOR A KING @ Magazzini Generali - Milano

Pubblicato il 15/10/2019 da

Report a cura di Maurizio “morrizz” Borghi
Fotografie di Riccardo Plata

Gli As I Lay Dying erano assenti dai palchi milanesi dal 2012, un’eternità di questi tempi. La data di quasi un anno fa al Locomotive di Bologna fu un grande successo, così come i due tour europei post-reunion, costellati da sold out e grandissime accoglienze praticamente ovunque. Il pacchetto messo insieme per questa seconda calata, attesissima dopo il rilascio dell’ottimo “Shaped By Fire”, è decisamente interessante, soprattutto per la partecipazione di una sicurezza in ambito live come quella degli Unearth.


FIT FOR A KING

La formazione metalcore texana non ha certo una legione di fan dalle nostre parti, anche perchè in tutta probabilità è salita nelle classifiche di gradimento a stelle e strisce più per l’appartenenza al filone ‘cristiano’ che per effettivi meriti artistici. Il breve minutaggio a disposizione viene dedicato ad estratti dell’ultimo “Dark Skies”, con qualche ripescaggio da “Deathgrip” – che sono anche gli album scritti dalla formazione attuale. Niente di particolarmente memorabile musicalmente, ma al contempo una prova che permette ai presenti di divertirsi e alla serata di avere un rodaggio soddisfacente. Ma ci aspettavamo più fame da un gruppo in questa posizione, anche considerando chi verrà dopo…

UNEARTH
Suonare prima degli Unearth e non dare il 110% significa portarsi a casa una sonora lezione. I veterani del Boston metalcore sono maestri del genere e lo dimostrano con un set a prova di proiettile, che unisce professionalità ad umiltà e passione. Trevor Phipps, Buz McGrath e Ken Susi sono un trio delle meraviglie, letteralmente degli intoccabili per chiunque sia presente ai Magazzini Generali a celebrare il metalcore americano. Va da sè che il set, comprensibilmente sbilanciato verso l’ultimo disco “Extintion(s)”, risulta compattissimo ed esaltante, andando incontro ai favori di un pubblico affezionato che esulta davanti ai virtuosismi classici della coppia d’asce e scatena il pit nei numerosi breakdown d’impatto. Spettacolare la resa delle recenti “Dust”, “Survivalist” e soprattutto “Incinerate”, che non sfigurano affatto rispetto a “This Lying World”, “Endless” e la conclusiva “The Great Dividers”, estratti da “The Oncoming Storm”. Dopo questo show siamo sempre più convinti che gli Unearth, per qualche motivo, non hanno raccolto quanto seminato.

CHELSEA GRIN
I Chelsea Grin sono una di quelle formazioni che, nel corso degli anni, ha cambiato tutti i componenti fondatori. Solo il bassista David Flinn resiste dal debutto discografico. Sono inoltre l’unica band deathcore in scaletta e suonano quel deathcore anni 2000 in anni in cui il genere si è pesantemente evoluto. Non stupisce, date le premesse, che gran parte dei presenti abbia deciso di non dar loro nemmeno una chance, uscendo dal locale per una boccata d’aria o restando nelle retrovie, zona bar. Nella decina di pezzi a disposizione, quasi tutti da “Eternal Nightmare”, il quintetto non sembra dannarsi l’anima per conquistare chi assiste a braccia conserte; anzi, nella prima metà del set, di fronte a un uso decisamente eccessivo di basi registrate, l’emorragia sembra insanabile. Nella seconda metà invece cominciamo a notare i primi consensi ‘rumorosi’ da parte dei superstiti, di fronte alle cartucce migliori del gruppo, quali “9:30 am”, “Outliers”, “Recreant” ed “Hostage”. Da rivedere in altro contesto.

 

AS I LAY DYING
Il cambio palco è sembrato interminabile nell’attesa degli headliner: assieme ai ritardatari, tutti i presenti hanno affollato i Magazzini Generali rivolti verso il backdrop sovradimensionato che ritrae la copertina di “Shaped By Fire”, col simbolo della band che riempie gli spazi accanto al kit di Jordan Mancino. Sacrificati ovviamente i pyros che abbiamo ammirato su Instagram nei bagni di folla in Germania, ci sono comunque le luci giallo/arancioni che richiamano il calore del fuoco, tema principale dell’ultima fatica discografica degli AILD. Fuoco che arde, che forgia, che distrugge e permette una rinascita. Non sono in molti ad aver condannato definitivamente Tim Lambesis: è bastato qualche anno di distanza dai terribili fatti che l’hanno reso protagonista per rendere il ritorno sui palchi un evento a cui presenziare, dove rendere tributo ad una band che si credeva perduta. Ad accoglierla con un grandissimo boato c’è chi ha vissuto l’ascesa di questa formazione fondamentale del movimento metalcore insieme a una fetta di pubblico più giovane che dal gruppo è stato formato musicalmente. “Burn To Emerge” viene riprodotta per far salire l’hype, che esplode con l’entrata dei componenti del gruppo, che esegue subito “Blinded”, “Through Struggle” e “Within Destruction” mandando in estasi i propri sostenitori. Il muro sonoro è decisamente imponente, come la presenza fisica di Lambesis e di Nick Hipa, ormai pronto a gareggiare coi bicipiti del frontman. Il pubblico reagisce fisicamente, movimentando la sala fin quasi al mixer e cantando a squarciagola, riproponendo vocalmente sia i cori che le melodie dei riff più melodici. Arrivati a “Redefined”, che ha visto la partecipazione di Ryan Kirby dei Fit For A King, abbiamo la dimostrazione del valore delle tracce del recente “Shaped By Fire”: con estratti che non hanno nulla da invidiare ai capitoli più significativi della propria discografia, l’ultimo album è un risultato incredibile in un periodo assolutamente critico nella storia del collettivo. Cercando di tralasciare le emozioni e di analizzare le persone sul palco, troviamo dei musicisti di valore, col sottovalutato Mancino su tutti, in grado di incarnare ogni sera la tangibile progressione che hanno avuto negli anni. Umanamente, a dire il vero, gli scambi fisici o di sguardi sono quasi del tutto azzerati: ognuno suona il suo, alla grandissima, cercando saltuariamente energia dal carichissimo pubblico. Lambesis non è mai stato un grande oratore e dimostra di non aver intenzione di dedicarsi a chissà quale discorso: nelle poche parole spese andrà più volte a ringraziare tutti per questa seconda possibilità che gli è stata concessa, consapevole che non era assolutamente scontata. Nota dolente, come spesso accade, la resa sonora dei Magazzini Generali, che purtroppo vanno a rendere i pezzi più veloci un impasto sonoro quasi indecifrabile. “My Own Grave” e “94 Hours” terminano la scaletta principale, andando in qualche modo a chiudere idealmente il cerchio tra il passato glorioso e il presente dell’incredibile comeback. “Nothing Left” e “Confined” danno modo di sparare le ultime cartucce a tutti, sigillando un concerto che supera le aspettative e segnando il ritorno definitivo dei ragazzi di San Diego. Per chi gliel’ha concessa, questa seconda occasione se la stanno meritando.

 

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