3-6/07/2024 - ASCENSION FESTIVAL 2024 @ Hlégarður - Mosfellsbær (Islanda)

Pubblicato il 19/07/2024 da

L’edizione 2024 dell’Ascension Festival si è svolta dal 3 al 6 luglio in una community hall nei sobborghi di Reykjavík.
Conosciuto da qualche anno come uno degli eventi di punta nel panorama black metal contemporaneo, il festival islandese ha affrontato quest’anno una genesi complessa, caratterizzata da prevendite al di sotto delle aspettative e un clima di generale apprensione che fino all’ultimo ha fatto temere per la sua realizzazione.
Nei mesi che hanno condotto all’evento, l’organizzazione ha comunicato apertamente le preoccupazioni riguardo alle scarse prevendite, confermando però con determinazione che il festival avrebbe avuto luogo, come poi effettivamente è successo.

Organizzare un festival in un paese come l’Islanda è notoriamente complicato: se da un lato la scena locale offre numerosissimi gruppi di qualità, dall’altro il numero di fan islandesi del genere è limitato, considerato che la popolazione del paese non arriva neanche alle quattrocentomila unità. Un evento di questa portata tende quindi a fare anche e soprattutto affidamento sulla partecipazione di stranieri per coprire i costi, una sfida tuttavia ultimamente resa ancora più ardua dall’aumento del caro vita in Europa e dalla crescente concorrenza tra festival. Ad esempio, solo poche settimane fa, il Fortress Festival in Inghilterra ha registrato il sold-out, attirando sicuramente alcuni fan che altrimenti avrebbero potuto scegliere l’Ascension.
Nonostante queste difficoltà, l’organizzazione ha fatto il possibile per offrire un evento all’altezza delle aspettative. La line-up era di prim’ordine e quasi tutte le band hanno potuto esibirsi con una qualità sonora eccellente. Questo è in gran parte dovuto a Stephen Lockhart, noto produttore e figura principale dietro il festival, che con il suo Studio Emissary è da tempo uno dei responsabili della resa sonora di molti dischi black-death metal islandesi e non. Dal punto di vista dell’acustica non c’è stato quindi niente da dire: quasi ogni performance è stata caratterizzata da suoni puliti e potenti, che hanno esaltato l’energia e l’atmosfera tipiche del genere.
Il festival si è poi rivelato ben organizzato anche dal punto di vista dell’accoglienza, con orari perfettamente rispettati e una selezione di cibi e bevande piuttosto ampia.
I prezzi, tutto sommato onesti in rapporto alla location, potrebbero ovviamente risultare un po’ cari per un avventore mediterraneo medio, ma oggettivamente non si sono rivelati sproporzionati pensando alla qualità dell’offerta e considerando il contesto islandese.
Data l’affluenza certo non fortissima, non ci sono inoltre stati problemi di code o di calca: l’atmosfera è stata piacevole e rilassata, coadiuvata da un clima piuttosto mite che ha permesso di godere del parco e del verde accanto al locale nelle pause tra un gruppo e l’altro. Le lunghe giornate estive islandesi, quasi prive di oscurità in questo periodo dell’anno, hanno ulteriormente contribuito a creare un’esperienza unica per tutti i partecipanti.

Dal punto di vista strettamente artistico e organizzativo, l’Ascension Festival 2024 è stato quindi un successo.
Le esibizioni delle band, sostenute da un’acustica spesso impeccabile e da una gestione logistica efficiente, hanno offerto ai partecipanti un contesto caldo e familiare che ha fatto da cornice a vari momenti memorabili. Vedremo ora se l’organizzazione sarà in grado di gestire le perdite economiche e di tornare con un nuovo appuntamento in futuro.
Non dovesse essere così, quella di quest’anno resta comunque un’edizione riuscita, che ha regalato ai presenti tanti concerti di livello, destinati a essere ricordati a lungo anche dalle stesse band.

MERCOLEDÌ 3 LUGLIO

La line-up del primo giorno vede alternarsi sul palco varie della scena locale, non necessariamente legate alla sfera black metal. Il compito di aprire il festival viene affidato alle SVARTÞOKA, realtà sperimentale che abbiamo già avuto modo di vedere all’opera al Norðanpaunk, altro festival del fervente circuito islandese.
Le tre sciamane nordiche offrono il loro classico mix di folk, noise, elettronica e performance art vagamente sulla scia di Diamanda Galas, alternando trame armoniche ed avvolgenti con momenti più rumoristi e urla lancinanti. Vederle all’aperto, attorno a un falò, può essere un’esperienza molto suggestiva, mentre qui, a festival appena iniziato e in un contesto indoor, un po’ di magia si perde.
A seguire, salgono sul palco gli ÓREIÐA, altra formazione che, conoscendo molto bene la scena locale, seguiamo ormai da tempo.
Con il loro stile distintivo, basato su un black metal atmosferico e minimale, dalle strutture e riff circolari, il gruppo – ora diventato un duo, con il polistrumentista Þórir Georg Jónsson a occuparsi di chitarra e drum machine e il nuovo arrivato Kolli al microfono – inizia a irretire il pubblico, facendo salire concentrazione ed energia. Vengono proposte delle tracce inedite e i presenti sembrano rimanere affascinati da un suono che sembra a volte un mix di Urfaust e Paysage d’Hiver.

Il terzo gruppo della giornata, i NEXION, portano invece una ventata di vigore con il loro approccio aggressivo e tecnicamente impeccabile. La band, più vicina al mondo black-death, con trame affilate e un riffing spesso spigoloso che appunto tradisce un background maggiormente tradizionale, mostra una notevole padronanza degli strumenti, con una sezione ritmica che ruba la scena in un set dove non viene concesso molto respiro.
Il gruppo presenta un paio di inediti, ma il grosso della scaletta è occupato dal vecchio repertorio, fra cui ricordiamo il buon “Seven Oracles”, disco uscito per la ‘nostra’ Avantgarde Music alcuni anni fa.
Successivamente, è il turno dei MÚR, i quali offrono una performance più atmosferica e riflessiva.
Giovanissimi, i ragazzi si sono già fatti notare vincendo la Wacken Metal Battle locale, per poi esibirsi al noto festival tedesco. Non si può ancora parlare di una band di consolidata esperienza, ma si vede tanto impegno da parte loro, soprattutto nella ricerca di un cosiddetto wall of sound di matrice post-metal, da cui a tratti partono spunti e riff più vicini all’immediatezza di una band come i Gojira, per un contrasto interessante rispetto ai gruppi precedenti.
I ragazzi sanno sfruttare al meglio l’acustica della venue, regalando un’esperienza sonora tutto sommato suggestiva.

Per molti gli headliner della giornata, i NAÐRA, una delle band più attese della manifestazione, non deludono le aspettative.
Fermi a livello discografico da parecchi anni, probabilmente perché buona parte della loro line-up è costantemente impegnata con i più affermati Misþyrming, i Nostri restano una live band di tutto rispetto, capace di riportarci alla prima vera esplosione della scena black metal locale, ormai una decina di anni fa.
Più tradizionale di certi colleghi, ma ugualmente intenso nell’interpretazione di un black metal spigoloso e viscerale, il quintetto sul palco diventa ancora più crudo e diretto, infiammando il pubblico con una serie di brani snocciolati senza grandi pause.
La loro energia sul palco risulta contagiosa, fomentando la platea come nessun altro gruppo sinora era riuscito a fare.

Si tira invece il fiato con i VÉVAKI, progetto che regala una dimensione diversa alla giornata, con la sua proposta incentrata su una reinterpretazione di certo folk nordico, sulla scia di realtà ormai estremamente popolari come Heilung e Wardruna.
La loro esibizione è senz’altro un viaggio sonoro attraverso paesaggi musicali evocativi, con sentiti intrecci vocali, pattern percussivi molto insistenti e l’ampio uso di strumenti tradizionali che aggiungono una profondità concreta al sound. Il pubblico pare apprezzare la varietà e la qualità della performance, la quale finisce per offrire un momento di riflessione e introspezione in un programma altrimenti decisamente elettrico.
A chiudere la giornata ci pensano quindi i VAFURLOGI, nuova formazione del panorama black metal locale, guidata dal chitarrista Þórir Garðarsson, già in Sinmara e Svartidauði.
Lo scioglimento di questi ultimi è un capitolo doloroso nella storia di questo filone, quindi fa piacere avere a che fare con un nuovo progetto guidato da uno dei loro principali compositori. Il black metal teso, ma anche finemente armonico della band fornisce una degna conclusione al primo giorno di festival.
Il debut album “Í vökulli áþján” verrà pubblicato a settembre per NoEvDia e questa sera abbiamo modo di ascoltare per la prima volta buona parte del suo contenuto, assieme a una riuscita cover di “Forhekset”, classico dei Satyricon. Sembra in effetti esserci, almeno a tratti, anche una componente tradizionale nella musica del quartetto, che non si concentra solo su dissonanze e spigolosità tipiche del filone islandese. Avremo modo di ascoltare meglio tra qualche settimana, ma intanto lo show del gruppo risulta di alto livello, grazie anche a un’acustica perfetta.

GIOVEDÌ 4 LUGLIO

La seconda giornata dell’Ascension Festival 2024 vede un’ulteriore intensificazione delle emozioni con una serie di concerti che vanno ad esplorare diverse sfumature dell’estremismo sonoro.
Come era stato per il giorno precedente, l’apertura viene affidata a sonorità lontane dal metal, anche se ugualmente disturbanti. Come incipit della giornata troviamo infatti i NYIÞ, che con il loro approccio unico riescono immediatamente a catturare l’attenzione dei presenti. Con una miscela di dark ambient e ritualistic drone, il progetto crea un’atmosfera ipnotica e inquietante, quasi come se si trattasse di un intro per i suoni più tradizionalmente metal che arriveranno più tardi.
L’uso di strumenti non convenzionali e la capacità del duo di costruire paesaggi sonori profondamente torbidi ed evocativi rende la performance un’esperienza sensoriale affascinante.
A seguire, i FORSMÀN portano sul palco un’energia più facilmente decifrabile.
La giovane black metal band islandese sta chiaramente crescendo all’ombra dei veterani del circuito locale, quindi tutto o quasi sa di familiare durante la loro performance: il look dei musicisti, il tipo di riffing di chitarra e le melodie sfuggenti rimandano a certi loro connazionali un poco più attempati. In ogni caso, la prova del quartetto è solida e coinvolgente, grazie in primis a una sezione ritmica incalzante che riesce immediatamente a far breccia nel pubblico.

Gli AUÐN, uno dei gruppi più attesi della giornata, spostano l’atmosfera su registri più melodici e soavi. Il gruppo è stato poco attivo ultimamente, ma i tre album pubblicati sin qui hanno ancora il loro posto nelle playlist degli amanti del black metal più atmosferico, con brani che spesso evocano la bellezza selvaggia e desolata dei paesaggi islandesi.
Come sempre, l’attitudine del sestetto – che oggi può contare su tre chitarristi – risulta piuttosto diversa da quella di molte compagini locali: tutti nella band indossano una mise sui generis, con una giacca elegante a sostituire il classico abbigliamento metal, e la presenza scenica appare meno irruente, anche se ugualmente magnetica.
Lo show si fa dunque segnalare tanto per il tono più malinconico della musica, quanto per l’aspetto visivo un po’ fuori dai canoni.
Il quarto gruppo a salire sul palco è quindi ISKANDR, one-man band olandese che porta un’ulteriore ventata di freschezza all’interno del programma della giornata, con il proprio sound spoglio e minimale, che partendo da istanze black metal ha ultimamente ora fatto posto a registri neofolk, psichedelici e pastorali.
Il frontman Omar K. imbraccia la chitarra e si lascia accompagnare da una drum machine, imbastendo uno show piuttosto basico negli elementi, ma certamente sentito e personale, dove la cosiddetta parte del leone viene rappresentata dalla sua voce calda e spiritata.

Con i DROWNED abbiamo invece modo di saggiare un’esplosiva combinazione di death metal tradizionale, reso particolare dalla tendenza del gruppo tedesco a strutturare i propri brani in maniera non esattamente lineare.
Non è certo la prima volta che abbiamo modo di assistere a un concerto del terzetto di Berlino, ma è sempre un piacere, visto che le loro performance sono spesso uno dei momenti più intensi degli eventi che li ospitano. In un cartellone dove molte band danno molta importanza alla componente scenica, gli autori del recente “Procul His” si pongono in netta contrapposizione, imbastendo uno show semplice e fisico, che ha nei riff di chitarra e in una sezione ritmica sobria e puntuale dei classicissimi punti di forza.
Restando su posizioni simili a livello di immagine, gli AFSKY portano avanti questa parentesi dedicata alla sobrietà, anche se tramite uno stile musicale molto diverso rispetto a quello dei Drowned.
La particolarità dei danesi è che sembrano tutto fuorché una band black metal dai toni malinconici e depressivi: la musica e l’artwork dei loro dischi in questo senso parlano chiaro, ma dal vivo il gruppo denota invece estrema spontaneità, presentandosi in jeans e t-shirt, come una qualsiasi band classic o death metal.
In ogni caso, le loro composizioni, intrise di tristezza e disperazione, non faticano a creare un’atmosfera di profonda introspezione, nonostante qua e là emerga un vigore che non sempre è rintracciabile in studio.
Il quartetto evidentemente tiene parecchio alla dimensione live e affronta l’impegno con entusiasmo, anche se ciò può poi portare a qualche contrasto con il registro emotivo del repertorio. Si tratta comunque di una grande prova, tra le migliori dell’intero festival.

A chiudere la serata, arrivano quindi i paladini di casa MISÞYRMING, una delle band più acclamate della scena black metal islandese.
Con il loro sound sempre più votato all’esperienza live e una maturata capacità di connettere con il pubblico, i ragazzi, reduci da tantissime date negli ultimi tempi, impiegano pochissimo per imporsi all’attenzione degli astanti e per mettere in mostra una ormai affermata maestria nel mantenere un equilibrio tra caos e precisione, con brani – estratti soprattutto dall’ultimo “Með hamri” – che passano da sezioni rapide e furiose, anche vagamente thrash nell’attitudine, a momenti più groovy e atmosferici, mantenendo sempre un’energia palpabile.
L’esibizione lascia i numerosi presenti con una sensazione di completa soddisfazione e un’euforia che sembra perdurare anche ben dopo la fine del set.

VENERDÌ 5 LUGLIO

Ad aprire le danze di venerdì ci pensano i MANNVEIRA, altra band della ‘incestuosa’ scena black metal locale. In questa formazione troviamo membri di Naðra e Forsmàn, tra gli altri, qui nuovamente impegnati a mettere in mostra la loro capacità di creare atmosfere cupe e oppressive.
Con un sound che fonde black metal tradizionale e i soliti elementi prettamente islandesi, oltre a qualche vago spunto doom, il quintetto offerto una performance intensa, anche se forse sembra mancare un vero tocco distintivo.
Successivamente, i NYRST portano sul palco un’ondata di freddo gelido con il loro black metal più sinuoso e atmosferico. Il gruppo è famoso per il suo look penetrante, con photo session che hanno attirato l’attenzione di molti appassionati e ascoltatori casuali nel corso degli anni.
Anche dal vivo la band dimostra di tenere molto alla presenza scenica, ma il suo concerto viene in parte frenato da una resa sonora insolitamente fiacca, con una chitarra ritmica che spesso sembra sparire dal mix.
Per chi conosce bene il repertorio, l’uso sapiente delle melodie e delle dinamiche riesce comunque a rendere la loro esibizione un viaggio attraverso scenari sonori evocativi., con brani estratti sia dal debut “Orsök” che dall’ultimo “”Völd”.
I VÁSTIGR insistono su questa dimensione fredda con il loro black metal melodico dalle venature avantgarde. La band, nota per le sue composizioni complesse e ricche di cambi di registro, regala una performance inaspettatamente energica e coinvolgente.
Non si parla di un gruppo con alle spalle chissà quale esperienza dal vivo, eppure i lunghi brani del repertorio vengono interpretati con una certa sicurezza. Soprattutto le parti vocali del leader Thomas Anzinger risultano qui particolarmente cariche di passione, conferendo ulteriore intensità a dei pezzi che, partendo da toni freddi e distaccati, sanno spesso come snocciolare dei cambi di passo poco prevedibili, oltre a degli intrecci chitarristici molto suggestivi.
La loro capacità di combinare melodia e ferocia ha fatto sì che la loro esibizione si dimostri subito una delle più apprezzate del giorno.

I BARSHASKETH, dal canto loro, aprono invece una parentesi più ‘dritta’ e ferale, con il loro black-death metal dai puntuali rimandi agli anni Novanta.
La formazione di origine neozelandese, da qualche tempo trapiantata in Scozia, ha certamente a cuore il repertorio dei Dissection, da cui sembra mutuare molto della sua furia incessante, incanalata in brani rapidi e aggressivi che riescono presto a scatenare una reazione entusiasta da parte del pubblico.
In questo contesto non c’è molto da decifrare: i riff si fanno affilati e la sezione ritmica bada al sodo, nonostante una preparazione tecnica eccellente. Qualche momento pare rimandare anche a Mgla o vecchi Watain, ma nel complesso emerge su tutto la grande foga di una band che appare realmente smaniosa di suonare dal vivo e lasciare un impatto sui presenti, come era stato per i Misþyrming la sera prima.
È il momento di tirare il fiato e il compito viene affidato alle sempre più lanciate KÆLAN MIKLA, fresche reduci di un tour europeo di spalla a Chelsea Wolfe.
Il trio di Reykjavík introduce più di una nota di contrasto all’interno della giornata, grazie alla sua darkwave eterea e malinconica, spesso venata di tentazioni synthwave.
Le ragazze sembrano subito stregare una buona fetta del pubblico con la loro presenza scenica magnetica, a cui ovviamente si aggiunge il valore di un repertorio ormai sempre più rifinito, con la componente post-punk che dal vivo emerge fortemente dal lavoro del basso, rendendo l’atmosfera particolarmente viziosa.
Sempre attento nell’esecuzione, il terzetto regala una manciata di hit orecchiabili e porta tutti i presenti a battere il piedino prima dell’arrivo degli ORANSSI PAZUZU. I finlandesi portano quindi il festival su un altro livello con il loro black metal sperimentale, che mescola agilmente elementi metallici, krautrock e psichedelia.
Si può parlare a tutti gli effetti di un’esperienza sonora unica e coinvolgente, visto che le lunghe composizioni della band, spesso caratterizzate da ritmi ripetitivi e atmosfere surreali, riescono immediatamente a trasportare il pubblico in una panoramica su paesaggi sonori alieni. Forse anche per l’impeccabile acustica all’interno della sala, lo show del gruppo risulta anche più vigoroso del solito, con un mix che accentua l’impatto della chitarra ritmica e ne amplifica di molto il groove.
Su tutto comunque si staglia come sempre il lavoro dei synth e degli effetti, da sempre responsabili di linee stranianti e meditabonde che in questo contesto non lasciano indifferente la platea.

Si resta su registri sperimentali con l’arrivo degli EMPTINESS, qui per mantenere il pubblico in un territorio ulteriormente ambiguo e introspettivo. La formazione belga si dimostra affabile o comunque poco incline a fare la misteriosa, ma la musica e tutta l’esibizione restano pur sempre caratterizzate da un suono denso e opprimente.
Gli esordi black-death metal sono decisamente lontani e anche dal vivo il gruppo ha ormai abbracciato totalmente la sua nuova anima ibrida, con strutture sonore complesse che inglobano influenze post-punk e industrial. La platea sembra mediamente preparata e accoglie il set con curiosità e attenzione, nonostante a volte le trame possano apparire un po’ disorientanti, con basso e tastiere in primo piano a creare un mood freddo e vagamente meccanico. L’uso di effetti sonori e campionamenti aggiunge ulteriori strati di complessità alla musica, rendendo l’esperienza ancora più immersiva.
A chiudere la serata ci pensano quindi i BRIGHTER DEATH NOW, un’icona della scena industriale e dark ambient. La loro performance è un’esperienza sonora disturbante e provocatoria, con rumori abrasivi, ritmi martellanti e trame apocalittiche a fare da base per le allucinate declamazioni di Roger Karmanik.
In un contesto come questo, la proposta del progetto svedese impiega ben poco per creare un’atmosfera di inquietudine e tensione, con tracce che sfidano le convenzioni musicali di molti e spingono gli ascoltatori fuori dalla loro zona di comfort.
La capacità dei Brighter Death Now di manipolare il suono per creare sensazioni viscerali e disturbanti è ovviamente al centro della performance, rendendola una conclusione a suo modo memorabile per la giornata, anche se, a ben vedere, molti dei presenti sembrano alzare bandiera bianca dopo qualche minuto di questo caos controllato.

SABATO 6 LUGLIO

A dare il via all’ultima giornata del festival ci pensano i temibili PTHUMULHU, trio che abbiamo conosciuto al Norðanpaunk dello scorso anno.
Il gruppo – chitarra, voce, batteria – parte da basi sludge-doom per poi comprimere ulteriormente il suono, fino a creare un wall of sound decisamente pesante e opprimente.
Se il fulcro della musica sembrano sulle prime dei riff lenti e minimali, con il passare dei minuti si fa largo anche un certo feeling death-black metal nichilista, soprattutto quando il growling rompe l’aura di mistero e inquietudine per portare tutto su registri più viscerali.
Poco dopo, spetta agli ALTARI cambiare del tutto registro e riportare in auge il tipico black metal locale. La band, tuttavia, non è strettamente imparentata con i grandi nomi del panorama, almeno a livello stilistico.
Certo, le basi sono simili, ma il quartetto sembra attingere anche da del metal più classico, con qualche deriva che sembra ricordare certo avantgarde/prog quasi alla Blue Öyster Cult. Le composizioni, ritmate e spesso caratterizzate da melodie avvolgenti, coinvolgono il pubblico fin dal primo brano.
La presenza scenica è ancora un filo acerba, ma il gruppo si fa segnalare per la sua abilità nel creare una connessione emotiva, con momenti di pura aggressività che si alternano a passaggi più melodici e vagamente rockeggianti insoliti per questo contesto.
I MORTUUS hanno invece aggiunto un tocco di oscurità e intensità con il loro black metal più ortodosso, talmente denso nelle atmosfere da evocare temi misantropici. Il gruppo svedese è forse meno noto rispetto a realtà connazionali come Funeral Mist, Ofermod o Ondskapt, ma parliamo di musica sulla stessa linea, con un carattere forse più solenne nei midtempo.
Con un’attenzione meticolosa ai dettagli sonori e una presentazione visiva austera ma efficace, la band riesce a creare un’esperienza immersiva per il pubblico. I riff ipnotici e ripetitivi, combinati con una sezione ritmica sobria e puntuale, arrivano ad evocare un senso di inevitabilità e disperazione che pare profondamente tra gli spettatori.

Gli INFERNO, dal canto loro, puntano invece molto di più sulla presenza scenica, con le ormai classiche tuniche a nascondere le fisionomie dei musicisti, in particolare quella dello spiritato frontman Adramelech.
Attivi da metà anni Novanta e protagonisti di un’evoluzione musicale costante, i cechi in questa occasione non si guardano indietro, concentrandosi quasi esclusivamente sul loro repertorio più recente, con brani che esplorano temi esoterici e filosofici su un black metal denso e progressivo, ricco di variazioni dinamiche e strutture complesse.
Il tutto prende presto una piega particolarmente claustrofobica, con le chitarre impegnate in un fitto gioco di dissonanze: per qualcuno l’approccio è forse un filo troppo fumoso, ma le prime file restano attentamente concentrate su ciò che avviene sul palco, irretite dalle sinuose movenze del frontman.
L’ennesimo cambio di atmosfera della giornata ci viene quindi offerto dai KOLLAPS, i quali portano una ventata di caos all’interno della venue con il loro sfrontato industrial noise.
L’esibizione del progetto italo-australiano è un’esperienza sonora abrasiva e disturbante, con l’uso di rumori industriali, ritmi martellanti e vocalità alienanti a cura del frontman Wade Black, peraltro già visto ieri sera in qualità di improvvisato bassista per i Brighter Death Now.
Il gruppo sembra avere qualche problema tecnico sul palco, ma, dal punto di vista del pubblico, ciò sembra soltanto aumentare il livello di tensione e disagio della performance, con molti presenti che sanno l’idea di subire non poco l’attacco sensoriale del trio.
I THY DARKENED SHADE riportano invece il focus sul black metal con una prova potente e carismatica.
La band di origine greca dal vivo si affida a un paio di membri dei Barshasketh per completare la line-up, ma l’attenzione è comunque tutta sul chitarrista/cantante Semjaza, la vera mente del progetto.
Tra le proposte più personali della scena black metal contemporanea, dove un grande rispetto per la tradizione viene unito con una maestria strumentale e a una pulizia nell’esecuzione non poi così distanti da registri classic/progressive metal, la musica dei Thy Darkened Shade spicca agilmente nel cartellone dell’evento, mostrando l’abilità del gruppo nel creare trame affilate e al contempo gustosamente melodiche, con una carica eroica tipicamente ellenica che per fortuna non si traduce mai in arie troppo tronfie. Dopo tanta oscurità, una parentesi più dinamica che riesce subito a coinvolgere la platea.

Arriva ora il momento dei veri headliner della manifestazione, e con i DEAD CONGREGATION si va sempre sul sicuro.
La death metal band greca non ha più bisogno di presentazioni: siamo al cospetto di uno dei massimi esponenti del genere in questo millennio, un nome impeccabile sia in studio che dal vivo.
Certo, gli anni passano e ormai iniziamo a faticare a ricordarci esattamente quando sia uscito l’ultimo lavoro del quartetto, ma sul fronte live i Nostri continuano a essere una presenza ricorrente e gradita, sempre in grado di trasmettere una sensazione di potenza totale. Questa sera non fa eccezione, con il gruppo affiatatissimo – nonostante un nuovo chitarrista solista – che si lancia in un set a dir poco serrato, con musicisti e pubblico uniti nel fervore. Particolarmente da brividi l’ultima parte del concerto, con “Only Ashes Remain”, “Promulgation of the Fall”, “Serpentskin” e “Teeth into Red” suonate di fila per una resa assolutamente devastante.

A chiudere la serata e l’intero festival ci pensano quindi i REBIRTH OF NEFAST, il gruppo guidato da Stephen Lockhart, l’organizzatore dell’evento.
Il loro unico album, “Tabernaculum”, è una delle uscite della Norma Evangelium Diaboli più chiacchierate degli ultimi anni; dalla sua pubblicazione, il progetto non ha fatto granché, ma continua a esserci grande interesse attorno a questa realtà, la cui musica fonde elementi black e death-doom con grande carattere e ispirazione.
Dal vivo, il gruppo non si sottrae al trend delle tuniche, ma, a livello musicale, lo stile della band è certamente riconoscibile, con un riffing di chitarra molto duttile e dinamico, capace di incorporare soluzioni ruvidissime e inaspettate pennellate di melodia.
Ogni nota sembra ponderata e carica di significato, creando una tensione palpabile nell’aria. L’uso sapiente dei vari registri e delle dinamiche permette continuamente ai Rebirth Of Nefast di costruire e smantellare muri sonori, portando il pubblico in una sorta di viaggio catartico che ben si presta a fare da capitolo conclusivo di una giornata che ha offerto una serie di esibizioni che hanno esplorato molte sfaccettature del metal estremo, con band e progetti capaci di portare sul palco vari tipi di energia e di emozioni,.
Un programma estremamente curato, il quale, nonostante le difficoltà economiche di partenza, ha consolidato il festival come un appuntamento imperdibile per gli appassionati del mondo underground.

0 commenti
I commenti esprimono il punto di vista e le opinioni del proprio autore e non quelle dei membri dello staff di Metalitalia.com e dei moderatori eccetto i commenti inseriti dagli stessi. L'utente concorda di non inviare messaggi abusivi, osceni, diffamatori, di odio, minatori, sessuali o che possano in altro modo violare qualunque legge applicabile. Inserendo messaggi di questo tipo l'utente verrà immediatamente e permanentemente escluso. L'utente concorda che i moderatori di Metalitalia.com hanno il diritto di rimuovere, modificare, o chiudere argomenti qualora si ritenga necessario. La Redazione di Metalitalia.com invita ad un uso costruttivo dei commenti.