Report e foto a cura di Alberto Fittarelli
Una premessa: il sottoscritto non aveva ancora avuto l’occasione di vedere i riuniti At The Gates all’opera, nemmeno durante i tour precedenti l’uscita del nuovo album, “At War With Reality”. E l’album stesso, per un affezionato di lunga data che ha aspettato per vent’anni il successore di “Slaughter of the Soul”, era stato di difficile digestione, bisogna ammetterlo. Quella produzione così pulita, quelle composizioni così ariose… E poi. E poi capita che gli svedesi decidano finalmente di fare un salto, dopo venticinque anni (!), da queste parti del mondo: nello specifico Dublino, Irlanda. Nonostante la sala non sia sold out (cosa, dobbiamo dire, sorprendente), si prospetta una serata davvero intensa. Sarà così, e anche di più.
BLOODSHOT DAWN
Ad aprire la serata vengono chiamati i Bloodshot Dawn, band britannica autrice di alcuni album di pregevole fattura, e impronta a metà tra il death tecnico e quello melodico scandinavo. Il concerto vedrà una decisa prevalenza del primo stile, con pezzi anche di una certa complessità, estratti soprattutto dall’ultimo album, “Demons”. Ad apparire decisamente all’altezza è la coppia di chitarristi, spesso autrice di duelli a colpi di assoli tecnici ma mai esagerati, anzi con una vena melodica accentuata. Ottima anche la capacità di coprire tre differenti stili vocali con tre cantanti (i succitati chitarristi più il bassista). A tratti, ricordano i migliori Gory Blister, probabilmente anche per l’impatto più diretto garantito dal contesto live, che rimuove orchestrazioni e aggiunte varie. Sorprende, anche nella saturatissima e certo non ricca (in soldi!) scena odierna, che siano senza contratto.
AT THE GATES
Passato il rito del cambio di palco, parte finalmente come da copione l’intro “El Altar del Dios Desconocido”, con la voce perfida di Anton Reisenegger ad accompagnare l’ingresso degli At The Gates. In un Academy ormai pieno zeppo, l’attacco di “Death and the Labyrinth” si dimostra perfettamente efficace dal vivo, per la gioia degli ospedali dublinesi. Tempo trenta secondi, infatti, e volano bicchieri, magliette e probabilmente anche dentiere nel selvaggio pit di fronte al palco. I suoni sono perfetti, l’effetto lenitivo della produzione (magari un po’ esagerato da orecchie old school, diciamocelo) svanisce subito, e venticinque anni di attesa si trasformano in energia. Il buon Tompa, col suo ormai immancabile cappellino, è coinvolto e coinvolgente, anche con un timbro vocale cambiato con gli anni, e decisamente meno abrasivo che nei ruggenti ‘90. Il terzetto iniziale, del resto, non vede un singolo break per il gruppo, che spara in sequenza anche “Slaughter of the Soul” (la canzone) e “Cold”, così, per sondare l’umore della gente. Le dentiere sono ormai esaurite. Il resto della scaletta ripercorre tutta la carriera della band, con almeno un pezzo per ogni album. “Windows” (da “The Red In The Sky Is Ours”) e “Raped by the Light of Christ” (da “With Fear…”) quasi commuovono, nel loro spaccare le ossa rimaste; “Terminal Spirit Disease” si fa cantare, o quasi, in unisono dalla folla. Ma a colpire duro sono due categorie di brani, stasera. Da una parte, classici assoluti come “World of Lies”, col suo riff da frantumarsi la cervicale in tempo zero; dall’altra, lo ammettiamo, i pezzi del nuovo album, che si presentano davvero benissimo. “Heroes and Tombs”, con il suo omaggio slayeriano, è perfetta nel definire l’atmosfera, per esempio. “The Book of Sand (The Abomination)” conclude in maniera epica la prima parte del concerto, in attesa degli inevitabili encore. Encore che arrivano con il recitato “We are blind to the world within us, waiting to be born…”, e l’Academy esplode come previsto. Tre minuti al termine dei quali ci si guarda in faccia chiedendosi cosa sia successo. Tompa e soci lo sanno bene, e infatti passano prima a un altro classico assoluto, “Kingdom Gone”, e poi alla chiusura in decrescendo con “The Night Eternal”, perfetta a suggellare una performance, e una setlist, studiate alla perfezione. O forse no, semplicemente spontanea ed energetica, come ci si può ancora aspettare da questi signori di quarant’anni che hanno contribuito a fare la storia del metal estremo.
Setlist:
El Altar del Dios Desconocido [intro]
Death and the Labyrinth
Slaughter of the Soul
Cold
At War With Reality
Terminal Spirit Disease
Raped by the Light of Christ
The Circular Ruins
Under a Serpent Sun
Windows
City of Mirrors [strumentale]
Suicide Nation
Heroes and Tombs
Nausea
World of Lies
The Burning Darkness
The Book of Sand (The Abomination)
Encore:
Blinded by Fear
Kingdom Gone
The Night Eternal