Dopo aver pubblicato l’atteso come-back album “At War With Reality”, la macchina At The Gates si rimette ufficialmente in moto anche sul fronte live. Le apparizioni ai vari festival degli ultimi tempi lasciano ora spazio ad un vero e proprio tour nei migliori locali dell’Europa centro-settentrionale. Speciale, come precedentemente annunciato, il “pacchetto” allestito dalla band, che si fa accompagnare dal colosso Triptykon e dalla rivelazione Morbus Chron, entrambi fra i gruppi preferiti di Tomas Lindberg. Per le date nel Regno Unito, vengono quindi aggiunti al bill i giovanissimi Code Orange, già da quelle parti per alcuni concerti da headliner. Il Forum di Londra ospita la prima data del tour e nonostante non si registri il cosiddetto “sold out”, il colpo d’occhio che l’imponente ex teatro offre è comunque tutt’altro che scoraggiante…
CODE ORANGE
Quello di At The Gates e Triptykon non pare essere il pubblico dei Code Orange. Sicuramente i metal-corer statunitensi si troverebbero più a loro agio come spalla di un altro progetto di Tomas Lindberg, i The Great Deceiver; il quartetto attacca una manciata di minuti dopo l’apertura delle porte e riesce comunque ad esibirsi davanti ad una folla abbastanza nutrita, tuttavia il caotico mix di Converge e Disembodied dei ragazzi non sembra coinvolgere più di tanto gli astanti, che per tutta la durata del set sembrano quasi studiare Reba Meyers e compagni. Fanno eccezione un paio di esagitati che paiono essere accorsi al Forum giusto per vedere la band di Pittsburgh: in due si prodigano nell’aprire un pit il più vasto possibile, lanciandosi in calci volanti e classiche mosse da violent dance che da tempo sono pratica comune a show di questo genere. Il resto della platea, ciò nonostante, resta praticamente impassibile, limitandosi ad applaudire fra un pezzo e l’altro. Va certo sottolineato come dei suoni un po’ confusi non agevolino il compito dei Code Orange, ma resta l’impressione che il gruppo – che comunque suona impegnandosi a fondo e con un affiatamento invidiabile – necessiti di altri contesti per rendere al meglio.
MORBUS CHRON
I Morbus Chron, con capelli lunghi e un’immagine più “tradizionale”, rassicurano immediatamente la folla circa la natura della loro proposta. I death metaller svedesi, tuttavia, non sono certo il gruppo più lineare ed easy listening sulla piazza e, infatti, il responso che i Nostri ottengono non è comunque di quelli da ricordare. Certo, la folla appare più concentrata e ben disposta nei confronti del quintetto guidato da Robert Andersson, ma le arzigogolate trame dell’ultimo “Sweven” non riescono a coinvolgere tutti. Se i Code Orange erano troppo “core”, i Morbus Chron paiono invece essere un filo troppo “prog” per questo pubblico evidentemente abituato a ritmiche, riff e strutture più semplici. In ogni caso, il gruppo non demorde e tira dritto per la propria strada, sfoderando una prestazione sentita e convincente sotto ogni aspetto. I suoni rispetto agli opener sono migliorati un pochino, mettendo i Nostri nelle condizioni di arrivare dritto al cuore con le parti acustiche e le appassionanti accelerazioni di brani come “Towards a Dark Sky”. Andrebbe invece migliorata un po’ la presenza scenica, ma è anche vero che il gruppo è alle sue prime esperienze su palchi tanto grandi; per questo aspetto sospendiamo il giudizio, mentre per tutto il resto i Morbus Chron meritano una promozione piena. Ottima realtà anche dal vivo.
TRIPTYKON
Gira voce che nel pomeriggio i Triptykon abbiano avuto da lamentarsi sull’organizzazione della data, arrivando quasi ad annullare la loro partecipazione all’intero tour. Dopo circa un quarto d’ora dalla conclusione del set dei Morbus Chron, li ritroviamo però regolarmente sul palco; poco ciarlieri come al solito, ma senza dubbio concentrati sui loro strumenti. Visto il ruolo di supporter, il gruppo opta per un set di facile presa, evitando di presentare troppi brani nuovi. L’attacco è affidato alla grandiosa “Goetia”, dal debutto “Eparistera Daimones”, mentre la sola “Altar of Deceit” viene chiamata a rappresentare l’ultima fatica “Melana Chasmata”. Tom G. Fischer si compiace del fatto che una buona fetta dell’audience conosca bene il repertorio della sua creatura: in effetti, sembra di trovarsi al cospetto degli headliner, tanto la risposta è calorosa. Le prime file sbattono le chiome senza sosta e vi è pure un accenno di pogo durante il mega-classico “Circle of the Tyrants”, che, assieme a “The Usurper”, viene scelto per ricordare a tutti il capitolo Celtic Frost. Con V. Santura saldamente al comando di chitarra solista e backing vocals e una sezione ritmica impeccabile, nelle mani di Norman Lonhard e Vanja Šlajh, Fischer offre al suo seguito uno show breve ma di quelli che si ricordano. I Nostri risultano magari poco simpatici, ma quando si tratta di suonare non hanno nulla da imparare da nessuno. Con “The Prolonging”, forse la composizione più celebre del repertorio Triptykon ad oggi, il quartetto lascia tutti a bocca aperta: impatto e classe a braccetto per un brano già ora epocale per molti.
Setlist:
Goetia
Altar of Deceit
Circle of the Tyrants
The Usurper
The Prolonging
AT THE GATES
A parte il classico telone con il logo e un paio di vessilli aggiuntivi richiamanti la copertina dell’ultimo album, gli At The Gates decidono di sottolineare il loro ruolo di headliner della serata solo tramite la lunghezza della loro esibizione. Ben una ventina di brani vengono proposti dai cinque svedesi, che partono con “Death and the Labyrinth”, l’opener di “At War With Reality”. È subito chiaro come il tipico caos da prima data del tour non abbia influito sulla preparazione del concerto dei Nostri, i quali godono sin dal principio di suoni ben calibrati e piuttosto potenti. È la prima volta da quasi vent’anni che il gruppo si imbarca in un vero e proprio tour nel Vecchio Continente e l’entusiasmo di Lindberg è tangibile e contagioso, tanto che pure Jonas Björler, persona tutto sommato da sempre chiusa e taciturna, appare mobilissimo e molto coinvolto sul palco. Partono soprattutto da quest’ultimo gli incintamenti per battere le mani e muoversi nel pit e il pubblico risponde prontamente, trasformando il Forum in una grande e rumorosissima baraonda. La scaletta ricalca abbastanza fedelmente quelle degli ultimi anni, con in più l’ovvia aggiunta di pezzi estratti dalla nuova fatica in studio; sembra che il gruppo abbia pensato attentamente alla successione delle canzoni, visto che i nuovi episodi vengono sempre puntualmente alternati a due o tre classici. L’uniformità nella risposta da parte dell’audience tuttavia rivela come “At War…” sia stato accolto bene dai fan: la reazione appare infatti più eccitata del solito solo all’altezza di hit famosissime come “Slaughter Of The Soul” o “Blinded By Fear”, mentre non si notano particolari differenze nelle risposte ad una “Terminal Spirit Disease” o ad una “Heroes and Tombs”. Insomma, lo show degli At The Gates viene apprezzato nel suo insieme, senza particolari distinzioni, segno che la band ancora oggi può vantare una discografia che non concede molto campo a disaccordi tra i fan. Dopo circa un’ora e un quarto di concerto, si può affermare che il quintetto di Gothenburg abbia affrontato l’impegno nel migliore dei modi: tra una setlist equilibrata, un’esecuzione questa volta senza sbavature (compreso Adrian Erlandsson, che ogni tanto è solito concedere qualche “papera”) e un riscontro entusiastico da parte dei presenti, il ruolo di headliner è stato del tutto legittimato. La strada per promuovere “At War…” e per confermarsi leader del panorama melodic death metal mondiale appare in discesa.
Setlist:
Death and the Labyrinth
Slaughter of the Soul
Cold
At War With Reality
Terminal Spirit Disease
Raped by the Light of Christ
The Circular Ruins
Under a Serpent Sun
City of Mirrors
Suicide Nation
Windows
Heroes and Tombs
Nausea
World of Lies
The Burning Darkness
The Book of Sand (The Abomination)
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Blinded by Fear
Kingdom Gone
The Night Eternal