La seconda generazione del metalcore dà bella mostra di sè in questo novembre ricchissimo di avvenimenti per il pubblico milanese. E’ arrivato il turno degli August Burns Red, che si apprestano a terminare un corposo tour europeo (una trentina di date) accompagnati dai The Devil Wears Prada e dai giovani virgulti Veil Of Maya. Essendo sabato sera, ci aspettiamo il pienone al Tunnel Club, concretizzatosi in un early show (inizio alle 18:50) annunciato come sold out. Sfortunatamente chi scrive, assieme a moltissimi altri partecipanti, ha atteso a lungo all’ingresso del locale, perdendo così l’intera esibizione dei Veil Of Maya: colpa dell’eccessiva precisione nei controlli all’ingresso…
THE DEVIL WEARS PRADA
Non siamo mai stati reali estimatori dei TDWP, soprattutto se si parla degli esordi. Qualcosa però si è mosso con “Dead Throne”: il nuovo corso del gruppo ha abbandonato i pruriti adolescenziali per un metalcore teso e più adulto. Anche le tastiere, fornite da un turnista nemmeno presentato, fanno esclusivamente da tappeto. Bella sorpresa trovarsi davanti a un Mike Hranica trasandato e completamente fuori controllo, che fa la parte del leone consumandosi fisicamente in una performance davvero devastante. I suoi compagni non sono da meno e la resa è molto diversa dalla fighetteria da studio: il Tunnel si ribalta sin dall’inizio e pure le vocals di Jeremy DePoyster, punto debole della formazione per chiunque odi i contrasti eccessivi growl/clean, appaiono più digeribili, quasi sotterrate dalla furia dei compagni. Ora ci è comprensibile il recente successo a stelle e strisce del Rockstar Energy Mayhem e anche perchè il recente “Dead & Alive” sia basato perloppiù su pezzi recenti. Complimenti per la svolta!
Setlist:
Born To Lose
Escape
Outnumbered
Assistant To The Regional Manager
Dead Throne
Constance
Danger: Wildman
Dez Moines
Mammoth
AUGUST BURNS RED
Anno dopo anno, gli ABR hanno cementato la propria base di fan anche nel Bel Paese, arrivando ad essere una realtà davvero amata tra le frange metalcore. Li abbiamo visti più di una volta e in diverse circostanze, ma di sicuro il concerto di stasera è stato il migliore a cui chi scrive ha assistito. Dopo un cambio palco abbastanza snervante, il pubblico è pronto ad accogliere la formazione scandendo a gran voce le iniziali A, B ed R; e sin dall’opener “Internal Cannon”, lo scambio di energie tra palco e presenti è tangibile. Se fino a metà sala il mosh regna sovrano in tutti i rialzi, siano il bancone del bar, il piano del merch sul lato sinistro e il deposito strumenti sul lato destro, c’è gente arrampicata che vuole ottenere il contatto oculare e si dimena per dimostrare la propria esultanza. Una situazione lontano dall’essere violenta o pericolosa, ma che ha trasmesso una carica energetica e un entusiasmo superiori alla media. Il gruppo crea intermezzi inaspettati invitando a fare il segno del cuore con le mani, esibendosi in un segmento acustico spagnoleggiante e, in chiusura, in un assolo di batteria articolato con un set di percussioni. La scaletta non comprende anticipazioni dall’imminente album natalizio (per fortuna, ci verrebbe da dire), ma risulta bilanciata e sapiente, anche per la lunghezza: all’uscita sono tutti stanchi e sudati, col sorriso sulle labbra. Ok, dopo stasera è palese che il Cristianesimo è una religione, non un genere musicale.
Setlist:
Intro
Internal Cannon
Composure
The Eleventh Hour
Cutting The Ties
Marianas Trench
Divisions
Barbarian
Carpe Diem
Meddler
Ocean Of Apathy
Salt & Light
Back Burner
Leveler
Drum Solo
Encore:
Empire
White Washed