Report a cura di Roberto Guerra
Fotografie di Michele Aldeghi
Gli svedesi Avatar sono una delle formazioni più controverse e contemporaneamente più innovative in circolazione al momento, con una formula divenuta negli anni tanto particolare quanto riconoscibile alle orecchie di molti ascoltatori con la mente sufficientemente aperta, seppur il nuovo album “Avatar Country”, come scritto anche in fase di recensione, sia stato composto seguendo uno schema che potesse renderlo leggermente più appetibile. Per la prima volta, inoltre, abbiamo modo di accoglierli in Italia in una location dalle dimensioni notevoli come l’Alcatraz di Milano, anche se l’affluenza rimarrà per tutta la sera drasticamente inferiore rispetto a quanto il parterre del locale sarebbe in grado di tenere. Di supporto troviamo il particolare spettacolo circense degli Helzapoppin e il bluesman Old Kerry McKee. Buona lettura!
OLD KERRY MCKEE
Come scrivevamo, si tratta di una one man band di genere tipicamente folk/country/blues rappresentata dall’omonimo chitarrista, nonché contemporaneamente vocalist e percussionista. La domanda che viene da porsi dopo poche canzoni riguarda principalmente l’attinenza tra questa particolare proposta e quella degli headliner della serata che, per quanto abbiano un pezzo simil-country in scaletta, decisamente si trovano su un piano musicale del tutto diverso. Poco da dire sul buon Old Kerry, che in fin dei conti col suo breve show rappresenta nient’altro che un rilassante riscaldamento in attesa di ciò che verrà dopo.
HELLZAPOPPIN
In questo caso non parliamo propriamente di un concerto, ma di una sorta di spettacolo circense dal sapore abbastanza macabro e composto anche da persone con evidenti disabilità fisiche, sulle quali hanno trovato un ammirevole modo di ironizzare rendendole anche una propria peculiarità. Si va da camminate sui vetri con le mani, piercing estremo e simili, fino al classico inserimento nel corpo di spade e persino trapani elettrici, il tutto accompagnato da una colonna sonora a base di brani rock e metal di fama. Tutto ciò è perfettamente identificabile come freakshow, tant’è che alcuni presenti appaiono decisamente impressionati da quanto si è avuto modo di visionare in questi tre quarti d’ora; noi personalmente non possiamo che fare un applauso a persone che riescono a far sorridere i presenti in un modo così particolare e senza nemmeno prendersi troppo sul serio. Concluso questo divertente intermezzo, è tempo di prepararsi all’ingresso del re in sala!
AVATAR
Dopo una sorta di dj set con numerosi brani noti che trattano, tra le varie cose, della presenza di un re, appare in cima al palco il chitarrista fondatore Jonas Jarlsby, vestito prontamente con corona e mantello, seduto su un trono con in braccio la propria chitarra, mentre sotto di lui prendono posto tutti i suoi compagni strumentisti in attesa dell’inizio della prima traccia, “Glory To Our King”, e dell’ingresso on stage del carismatico frontman Johannes Eckerstrom, il quale successivamente non perde occasione per spiccicare un po’ di italiano col pubblico presente. In seguito, anche il buon Jonas abbandona il trono per raggiungere gli altri nella parte bassa del palco, scatenando il suo headbanging e le sue doti soliste su una moltitudine di brani provenienti dall’ultimo album e ovviamente anche dai predecessori, sempre resi in maniera ottimale grazie alla versatile voce del sopracitato Johannes, che non vuole proprio saperne di sbagliare un colpo, sia che si tratti di fasi in voce pulita che quelle con timbro alterato. Lo show non manca certo di varietà e trovano spazio persino momenti quasi di matrice ska o country come “Puppet Show” e “The King Welcomes You To Avatar Country”, anche se sono decisamente più degni di menzione i due violentissimi minuti di “War Song”, unico inaspettato estratto dal primo album “Thoughts Of No Tomorrow”, che a suo tempo rappresentò una discreta uscita di genere melodic death con pochi fronzoli, a differenza di ciò che la band di Goteborg ha proposto in seguito. Una buona parola anche per i suoni, praticamente sempre ben definiti ed equalizzati. Dopo essere passati da un outfit nero a uno bianco ed averci affogato di bolle di sapone, i nostri cinque fanciulli si avviano verso la fine del concerto, che avverrà con la nota “Hail The Apocalypse”, dopo la quale i presenti si lasciano andare a un fragoroso applauso per un concerto che potremmo definire sorprendente, indipendentemente dai gusti, e ci auguriamo che altri ascoltatori possano in futuro considerare di dare una chance agli Avatar, che non si può certo dire non siano in grado di intrattenere ed esaltare il pubblico col loro spettacolo ricco di effetti scenici e di talento musicale.
Setlist:
Glory To Our King
Legend Of The King
Let It Burn
Paint Me Red
King’s Harvest
Bloody Angel
For The Swarm
The King Wants You
Puppet Show
Tower
The Eagle Has Landed
War Song
Raven Wine
Reload
Smells Like A Freakshow
A Statue Of The King
The King Welcomes You To Avatar Country
Hail The Apocalypse